Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23763 del 22/11/2016
Cassazione civile sez. VI, 22/11/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 22/11/2016), n.23763
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21100/2013 proposto da:
B.F., B.M., in proprio e nella qualità di
procuratore di B.E.A., F.C., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA TOMMASO SAININI 2/A, presso lo studio
dell’avvocato LUIGI PEDRETTI, rappresentati e difesi dagli avvocati
GIUSEPPE SIMEONE, ALESSANDRO CIACCIA giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti –
contro
B.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GERMANICO 109, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA SEBASTIO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ATTILIO SEBASTIO
giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il provvedimento della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata
il 06/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
10/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA SCALDAFERRI.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
1. E’ stata depositata in Cancelleria la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che B.F., B.M. (anche in qualità di procuratore di B.E.A.) e F.C. hanno proposto ricorso per cassazione dell’ordinanza, depositata il 6 agosto 2013, con la quale la Corte d’appello di Lecce, in accoglimento del reclamo proposto ex art. 669 terdecies c.p.c., da B.G.A., ha autorizzato quest’ultimo a procedere a sequestro giudiziario di complessive quote sociali pari a Euro 240.400,00 della Campania s.r.l. in danno di B.F. e M., designando il reclamante quale custode di tali quote;
che B.G.A. resiste con controricorso, rilevando l’inammissibilità, o in subordine l’infondatezza, del ricorso;
considerato che, premesse le ragioni di ammissibilità del ricorso a norma dell’art. 111 Cost., comma 7, i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare quelle regolanti la competenza funzionale del Registro delle imprese, la individuazione delle sentenze di mero accertamento, la nomina del custode di quote sociali, la tutela dei proprietari avverso atti arbitrari ed abnormi di privazione del loro diritto;
ritenuto preliminarmente che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte di cassazione, posto che la richiamata norma costituzionale, nel definire “sentenza” il provvedimento avverso il quale è sempre ammesso il ricorso in Cassazione, va interpretata nel senso sostanziale di prevedere l’esperibilità del ricorso avverso ogni provvedimento giurisdizionale anche se emesso in forma di decreto o di ordinanza- che abbia però i caratteri della decisorietà e della definitività, che cioè pronunci irrevocabilmente e senza possibilità di impugnazioni su diritti soggettivi, i provvedimenti resi in sede di reclamo cautelare ex art. 669 terdecies c.p.c., sono – al pari dei provvedimenti cautelati oggetto di reclamo – privi di detti caratteri, in quanto destinati a perdere efficacia e vigore a seguito della decisione di merito ed inidonei a produrre effetti di diritto sostanziale e processuale con autorità di giudicato (cfr. ex multis: Cass. S.U. n. 824/95; S.U. n. 3380/98; Sez. 2 n. 2942/99; Sez. 1 n. 1518/12; Id. n. 7429/12; Id. n. 28673/13); che dunque, alla stregua di tale orientamento che non appare meritevole di modifiche, il provvedimento qui impugnato costituisce misura cautelare e provvisoria che, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non statuisce su di essi a definizione di una controversia, nè ha attitudine ad acquistare autorità di giudicato sostanziale: la inimpugnabilità con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., pare derivarne di necessità;
ritiene pertanto questo consigliere relatore che, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380 bis, per ivi essere dichiarato inammissibile”.
2. All’esito della odierna adunanza camerale, il Collegio, esaminate le difese delle parti, condivide le considerazioni esposte nella relazione, sì che si impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore del resistente delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 5.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) oltre spese generali e accessori di legge.
Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre
2016