Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23763 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, (ud. 01/06/2021, dep. 02/09/2021), n.23763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12817/2020 proposto da:

M.A.Z., rappresentato e difeso dall’Avv. Daniela Gasparin

del Foro di Milano;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia

in Roma, via dei Portoghesi 12;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3186/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 07/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/06/2021 dal Cons. Dott. Luigi CAVALLARO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 7.11.2019, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di M.A.Z. volta al riconoscimento dello status di rifugiato e comunque dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria o, in via gradata, del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

che avverso tale pronuncia M.A.Z. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), nonché omesso esame di fatti decisivi e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2, 3, 6 e 13 CEDU, art. 47 CDFUE e art. 46, direttiva UE n. 32/2013, per avere la Corte di merito confermato la valutazione di non credibilità delle sue dichiarazioni senza attivare i propri poteri di cooperazione istruttoria;

che, con il secondo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 2, di omesso esame di fatti decisivi e ancora di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, 7,14,16 e 17, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,10 e 32, nonché di nullità della sentenza per insussistenza o comunque apparenza della motivazione ex artt. 112,132 e 156 c.p.c. e art. 111 Cost., per avere la Corte di merito ritenuto che, ai fini del riconoscimento della c.d. protezione umanitaria, non fosse stato rappresentato alcun problema di salute e non sussistessero le condizioni di vulnerabilità o di impossibilità di tornare e permanere nel suo paese d’origine (Bangla Desh);

che, con riguardo al primo motivo, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate contraddizioni, lacune e incongruenze, non è necessario procedere al controllo della credibilità estrinseca, che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito, atteso che tale controllo non assolverebbe che alla funzione meramente teorica di accreditare la possibilità astratta di eventi non provati e riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente (così, tra le più recenti, Cass. nn. 16925 e 24575 del 2020, nonché Cass. n. 6738 del 2021);

che, nel caso di specie, avendo i giudici di merito ampiamente motivato le ragioni di inattendibilità intrinseca del racconto dell’odierno ricorrente, alludendo in particolare alla sua estrema genericità su più elementi essenziali, e non essendo stato detto giudizio specificamente censurato, affatto superflua deve ritenersi l’acquisizione di informazioni sul paese di origine del ricorrente, mancando in radice una (credibile) storia individuale rispetto alla quale valutare la coerenza esterna, la plausibilità ed il livello di rischio;

che, con riguardo al secondo motivo, questa Corte ha da tempo chiarito che, ai fini della verifica dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, non è sufficiente la mera allegazione della situazione di grave difficoltà economica e sociale in cui il richiedente verrebbe a trovarsi ove fosse rimpatriato nel paese di provenienza in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico, non essendo ipotizzabile un obbligo dello Stato italiano di garantire parametri di benessere economico e sociale a cittadini stranieri (cfr. in tal senso Cass. nn. 3681 del 2019 e 18783 del 2020);

che, nella specie, una volta esclusa la sussistenza di peculiari ragioni di vulnerabilità dell’odierno ricorrente, affatto correttamente i giudici di merito hanno escluso la rilevanza dell’attività lavorativa documentata in Italia;

che le censure svolte in ricorso circa l’insufficiente valutazione del livello di integrazione raggiunto sono inammissibili per difetto di specificità, essendo formulate mediante rinvio generico a documenti asseritamente acquisiti nella fase di merito ma non trascritti in ricorso, nemmeno nella parte necessaria a dare alle censure un non opinabile fondamento fattuale;

che parimenti inammissibile è la censura di omessa considerazione delle precarie condizioni di salute, atteso che nulla al riguardo dice la sentenza impugnata (“nella fattispecie in decisione il richiedente non ha rappresentato alcun problema di salute”, si legge anzi a pag. 6) né si precisa quando e come tali circostanze concernenti lo stato di salute sarebbero state introdotte nel giudizio di merito;

che il ricorso, pertanto, va rigettato, nulla statuendosi sulle spese di lite per non avere il Ministero svolto apprezzabile attività difensiva al di là del deposito dell’atto di costituzione redatto al fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 1 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

 

 

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