Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23760 del 14/11/2011

Cassazione civile sez. III, 14/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 14/11/2011), n.23760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23060-2009 proposto da:

M.F. (OMISSIS), P.F.

(OMISSIS), P.L. (OMISSIS), P.

P. (OMISSIS), in proprio e quali eredi di P.

A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 6,

presso lo studio dell’avvocato LETTIERI PIERO PAOLO, rappresentati e

difesi dall’avvocato MANCINI IGINO giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

AURORA S.P.A., C.G., MA.MA., ALLIANZ

S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 758/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/09/2008, R.G.N. 5664/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La domanda di risarcimento dei danni in esito a un sinistro stradale, nel quale era deceduto P.A., svolta dalla moglie e dai figli ( M.F., P.L., P. e F.), nei confronti di C.G. e della Meie Assicurazioni Spa (poi Aurora Spa), nonchè di Ma.Ma. e Ras Assicurazioni Spa (poi, Allianz Spa), veniva accolta dal giudice di primo grado nei confronti del C. e della Meie.

2. La Corte di appello di Roma, ai fini che ancora interessano nel presente giudizio: confermava la quantificazione del danno morale nei confronti degli attori (pari a circa Euro 71 mila per ciascun figlio e 119 mila per la moglie); riconosceva il danno patrimoniale futuro nei confronti della moglie (pari a circa Euro 48 mila) e lo negava nei confronti dei figli; confermava la decisione di primo grado nel negare il danno biologico ture proprio per la moglie e i figli;

rigettava, per genericità e manifesta indeterminatezza, il motivo di appello con cui si lamentava la inadeguata liquidazione delle spese legali effettuata in primo grado. Dichiarava inammissibile, per tardività, l’appello incidentale proposto dalla Aurora Spa volto ad ottenere il riconoscimento della responsabilità del Ma.

nella causazione del sinistro (sentenza del 9 settembre 2008).

3. Avverso la suddetta sentenza, M.F., L., P. e P.F. propongono ricorso per cassazione con quattro motivi, corredati da quesiti.

L’Aurora Spa e l’Allianz Spa, ritualmente intimate non hanno svolto difese.

Neanche il Ma. e il C. si sono difesi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va rilevata la nullità della notifica a Ma. e a C.. Infatti, la notifica del ricorso per cassazione è stata effettuata nel domicilio da questi eletto per il primo grado di giudizio, nonostante gli stessi siano restati contumaci in appello.

Tuttavia, la Corte ritiene che non debba disporsi la rinnovazione della notificazione (Sez. Un. 29 aprile 2008. n. 108171, in presenza di evidenti ragioni di inammissibilità e di manifesta infondatezza del ricorso (di cui ai punti successivi). Infatti, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone di definire con immediatezza il procedimento, evitando lo svolgimento di attività inutili, tutte le volte che non siano giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (da ultimo, in riferimento alla mancanza di interesse in concreto cass. n. 298 del 2011).

2. Con il primo motivo i ricorrenti si lamentano della quantificazione del danno morale, deducendo falsa applicazione dell’art. 2059 cod. civ. e contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui la decisione riconosce la necessità della personalizzazione del danno morale iure proprio per morte del congiunto, rispetto alle tabelle in uso negli uffici giudiziari, e poi (confermando la valutazione del primo giudice) ritiene legittima la diminuzione degli importi in ragione della numerosità del nucleo familiare, della non convivenza dei figli (oramai adulti con un nucleo autonomo), nonostante il riconoscimento di unità e armonia nella famiglia.

2.1. Il motivo, con il quale è sostanzialmente dedotto solo il vizio di motivazione, è inammissibile sotto due profili. Da un lato, per mancanza di specificità della censura, nella parte in cui fa riferimento alle tabelle applicate, lamentandone la eccessiva riduzione, senza minimamente indicare i valori base. Dall’altro, perchè, più che una contraddizione, prospetta una diversa valutazione – favorevole ai ricorrenti – dei criteri di personalizzazione, correttamente individuati dai giudici di merito nella convivenza o meno, nell’età adulta dei figli, con autonomo nucleo familiare, nel numero dei componenti della famiglia base del defunto. Infatti la eventuale mancanza di armonia nel nucleo familiare avrebbe potuto valere come elemento di ulteriore ribasso dell’importo rispetto alle tabelle.

3. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2043 cod. civ. e artt. 2 e 32 Cost., per avere la sentenza considerato il danno biologico già ricompreso nella liquidazione del danno morale, nonchè la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e insufficienza di motivazione per non aver tenuto conto della documentazione medica di parte, in assenza di ctu, idonea a documentare il danno biologico ture proprio.

3.1. Il motivo è manifestamente infondato.

La Corte di merito (che ha confermato sul punto la decisione del primo giudice) ha riconosciuto l’astratta risarcibilità del danno biologico iure proprio in capo agli eredi, in aggiunta al danno morale come sofferenza psichica, e ha ritenuto non provata, nel caso concreto, l’alterazione psico-fisica conseguente all’evento morte del congiunto, solo in presenza della quale al danno morale in senso proprio può aggiungersi il risarcimento del danno biologico. A tal fine ha valutato le risultanze delle allegazioni delle parti, ritenendo che i sintomi (ansia, insonnia, vertigini, diminuzione del tono dell’umore) sui quali i consulenti di parte fondano il danno biologico, da un lato si basano solo su dati soggettivi riferiti dai ricorrenti, non supportati da riscontri oggettivi di tipo neuro- psichiatrico; dall’altro non integrano una vera e propria malattia psichica autonomamente risarcibile rispetto alla sofferenza per la morte del congiunto.

4. Il secondo motivo concerne il mancato riconoscimento del danno patrimoniale futuro in capo ai figli sulla base della circostanza della mancanza di convivenza di questi con la vittima (artt. 2043, 2056, 143 e 433 cod. civ. e art. 29 Cost. e insufficienza di motivazione).

4.1. La Corte di merito ha negato tale danno ai figli (riconoscendolo, invece, alla moglie convivente) ritenendo che: non era stata fornita prova in merito ad una stabile contribuzione economica del genitore in loro favore; se in astratto può farsi ricorso a presunzioni e al notorio, nella specie, l’età adulta, la non convivenza e la costituzione di autonomi nuclei familiari non consentivano ragionevoli presunzioni di aiuti economici, tanto più in mancanza di dimostrazione delle relative condizioni finanziarie.

4.2. Il motivo è inammissibile.

Da un lato non censura l’intera motivazione della Corte di merito sul punto. Infatti, la Corte ha ritenuto di non poter presumere per il futuro un contributo economico della vittima rispetto ai figli, oltre che per la mancanza di convivenza, anche in ragione dell’età dei figli e della presenza di autonomi nuclei familiari. Inoltre, la Corte ha messo in evidenza che mancava del tutto la prova in ordine alle reciproche condizioni finanziarie (dei figli e del defunto).

Su quest’ultimo profilo, i ricorrenti si limitano a riferire lo stato economico della vittima prima dell’incidente, ma non danno alcuna indicazione utile rispetto all’ingresso nel processo di merito di tali dati; ciò in violazione della necessaria autosufficienza del ricorso, come specificata dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., applicabile ratione temporis (Sez. Un. 25 marzo 2010, n. 7161); nè, peraltro, deducono l’omesso esame di tali documenti da parte del giudice del merito.

5. Con il quarto motivo si censura la sentenza nella parte in cui ha rigettato, per genericità, il motivo di appello con cui si lamentava la inadeguata liquidazione delle spese legali effettuata in primo grado (art. 342 cod. proc. civ. e insufficienza di motivazione).

5.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza e violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, applicabile ratione temporis.

Infatti, non è riportato il motivo di appello, nè vi è alcuna indicazione in ordine agli atti processuali rilevanti e alla documentazione relativa alle spese; così che la Corte non è posta nelle condizioni di valutare se il giudice di merito ha violato o meno l’art. 342 cod. proc. civ..

6. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi. Non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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