Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23758 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, (ud. 19/05/2021, dep. 02/09/2021), n.23758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22415/2020 proposto da:

F.A.A., elettivamente domiciliato in Roma Via Della

Giuliana 32 presso lo studio dell’avvocato Gregorace Antonio che lo

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6976/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/05/2021 da FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Roma, pubblicata il 14 novembre 2019, con cui è stato respinto il gravame proposto da F.A.A. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale capitolino. La nominata Corte ha escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su cinque motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione al mancato riconoscimento della protezione internazionale. Lamenta l’istante che “nessuna motivazione relativa alla protezione internazionale è stata fatta dai giudici di primo grado”.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non indica quali siano le norme di legge di cui assume la violazione o falsa applicazione ed è inoltre confuso nella sua articolazione, facendo riferimento, come si è appena accennato, a un vizio motivazionale relativo alla “protezione internazionale” genericamente intesa (senza far questione delle specifiche domande, relative allo status di rifugiato, alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria, che il richiedente asilo avrebbe proposto) e un difetto motivazionale del giudice di primo grado. Ebbene, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quelle impugnate (Cass. 18 febbraio 2011, n. 4036; Cass. 3 agosto 2007, n. 17125).

2. – Col secondo mezzo, richiamando il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 35 bis, comma 9, si lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla mancata concessione della protezione sussidiaria. Vi si deduce che per potersi affermare adempiuto l’onere di cooperazione istruttoria da parte del giudice è necessario che il giudice specifichi sulla scorta di quali fonti abbia provveduto a svolgere l’accertamento richiesto.

Il terzo mezzo oppone l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione delle condizioni del paese di origine del ricorrente.

Tali motivi possono essere esaminati unitamente al quarto, con cui è denunciata la mancata concessione della protezione sussidiaria e la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. La censura si basa sull'”attuale sussistenza di una grave condizione di pericolo per la sicurezza individuale all’interno della regione di provenienza del ricorrente”.

I tre motivi sono inammissibili.

La Corte di merito ha negato, sulla scorta di precise fonti informative, menzionate nel corpo del provvedimento, che il Ghana si trovi in una “situazione di sicurezza caratterizzata da particolari criticità”, osservando, anzi, come negli ultimi anni il paese sia stato caratterizzato da “un assetto politico-istituzionale stabile”. Ciò detto, l’istante, con i motivi in esame, finisce per contestare il giudizio espresso dal Tribunale: ma è noto che la violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, costituisce oggetto di un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32064). Per completezza, va osservato che il terzo mezzo contiene un generico riferimento a dichiarazioni ed allegazioni, laddove l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053e 8054, secondo cui, in conseguenza, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie).

3. – Il quinto motivo censura la sentenza per l’errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Assume il ricorrente che non sarebbe stato preso in considerazione il dato della propria integrazione sociale.

Il motivo è inammissibile. Dato preliminarmente atto dell’irritualità della produzione documentale attuata con la memoria, la censura si mostra non aderente all’impugnata pronuncia, la quale ha escluso che l’apprendimento della lingua italiana e lo svolgimento di lavori part time non consentano di ritenere integrati gli estremi di un’adeguata integrazione nel territorio nazionale: tanto più che – ha spiegato la Corte di merito – l’attività all’epoca svolta non sarebbe stata sufficiente a garantire mezzi adeguati di sostentamento.

4. – Il ricorso va in conclusione dichiarato inammissibile.

5. – Non è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1 Sezione Civile, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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