Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23755 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 28/10/2020), n.23755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9780-2019 R.G. proposto da:

F.LLI P. & FIGLI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Ruta e

Margherita Zezza ed elettivamente domiciliata in Roma, Viale Bruno

Buozzi 32, presso lo studio dell’avvocato Michele Lioi;

– ricorrente –

contro

Q.A., rappresentata e difesa dall’avvocato Costantino

Greco ed elettivamente domiciliata in Roma, Viale Eritrea, n. 91,

presso lo studio dell’avvocato Nadia Grillo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 319/2018 della Corte d’appello di Campobasso,

depositata il 13/09/2018;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17 settembre 2020 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

 

Fatto

RITENUTO

Il Tribunale di Larino, sezione distaccata di Termoli, su richiesta di Q.A. ha ingiunto alla F.lli P. & Figli s.p.a. il pagamento della somma di Euro 35.000,00, oltre accessori, richiesta a titolo di restituzione del tantundem sborsato dalla creditrice alla venditrice, a garanzia dell’acquisto dell’opificio industriale di cui all’atto pubblico di compravendita del 13 maggio 2005.

Avverso il provvedimento monitorio l’ingiunta ha proposto opposizione, sostenendo che la somma in questione non dovesse costituire oggetto di restituzione in ragione di successivi accordi intercorsi fra le parti.

Il Tribunale ha rigettato l’opposizione con decisione gravata da appello dalla F.lli P. & Figli s.p.a.

La Corte d’appello di Campobasso ha respinto l’impugnazione, con condanna dell’appellante alle spese processuali.

Avverso tale sentenza la F.lli P. & Figli s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo. Q.A. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

La Q. ha depositato memorie difensive.

Anche la F.lli P. & Figli s.p.a. ha presentato una memoria difensiva, ma quest’ultima è inammissibile in quanto depositata tardivamente, in data 11 settembre 2020, a mezzo PEC.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Il ricorso è inammissibile.

A prescindere dall’intestazione del motivo, non direttamente riconducibile ad alcuno dei casi previsti dall’art. 360 c.p.c. (“intrinseca incongruità e contraddittorietà degli argomenti addotti dalla corte d’appello a sostegno della decisione”), nella sostanza si è inteso dedurre un vizio di motivazione. Ma tale vizio non è più compreso fra i motivi di ricorso per cassazione, a seguito della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134.

Anche qualora si volesse riqualificare il motivo come volto a dedurre un errore nell’interpretazione degli accordi successivamente intercorsi fra le parti, il ricorso risulterebbe comunque inammissibile in quanto non indica le norme di legge e, in particolare, i canoni ermeneutici che risulterebbero violati e non riporta, in modo sufficientemente esaustivo, neppure il tenore degli accordi che, secondo la prospettazione della società ricorrente, avrebbero reso non ripetibile la somma risultante dalla rogito notarile.

Infatti, l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed “è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31/03/2006, n. 7597; Cass. 01/04/2011, n. 7557; Cass. 14/02/2012, n. 2109; Cass. 29/07/2016, n. 15763). pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715)” (così Sez. 3, Sentenza n. 14268 del 08/06/2017, in motivazione).

Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, a carico della parte impugnante e soccombente, di un ulteriore importo pari al contributo unificato già dovuto per l’impugnazione proposta.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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