Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23755 del 14/11/2011

Cassazione civile sez. III, 14/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 14/11/2011), n.23755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20386-2009 proposto da:

A.V.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO 75, presso lo studio dell’avvocato

BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ENRICO VIZZARDELLI giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.C. (OMISSIS), ZURICH INSURANCE COMPANY SA

(OMISSIS), MILANO ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

nonchè da:

ZURICH INSURANCE COMPANY SA (già ZURIGO SA COMPAGNIA DI

ASSICURAZIONI) (OMISSIS) in persona del suo procuratore dott.

T.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIORGIO

VASARI 5, presso lo studio dell’avvocato RUDEL RAOUL, rappresentato e

difeso dall’avvocato VALERIO ALESSANDRO CARLANDREA giusta delega in

atti;

– ricorrente incidentale –

contro

A.V.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO 75, presso lo studio dell’avvocato

BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

VIZZARDELLI ENRICO giusta delega in atti;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

C.C. (OMISSIS), MILANO ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

nonchè da:

C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE BELLE ARTI 7, presso lo studio dell’avvocato

AMBROSIO GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ORLANDI CLAUDIO giusta delega in atti;

– ricorrente incidentale –

contro

A.V.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO 75, presso lo studio dell’avvocato

BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

VIZZARDELLI ENRICO;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

ZURICH INSURANCE COMPANY SA (OMISSIS), MILANO ASSICURAZIONI

S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1897/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/06/2009, R.G.N. 3940/07 e 3621/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato ANDREA BARENGHI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE AMBROSIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine il rigetto del ricorso principale e degli incidentali.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1.1. A.V.G. impugna, sulla base di tre motivi, illustrati con memoria, la sentenza della Corte di Appello di Palermo, depositata il 30 giugno 2009, la quale, per quanto qui rileva, in accoglimento parziale dell’appello della Compagnia assicuratrice Zurich e di C.C. ha accertato che il sinistro in lite doveva addebitarsi nella misura del 70% all’ A. e de 30% al C., avendo il primo tamponato con la propria motocicletta la parte posteriore destra dell’auto del C., ma avendo anche il medesimo provato che il tamponamento era stato preceduto da una manovra di frenata posta in essere dal secondo mentre i due veicoli viaggiavano l’uno dietro l’altro nella stessa direzione di marcia nella stessa corsia, manovra improvvisa ed inaspettata idonea a disorientare il motociclista.

1.2. La compagnia assicuratrice sopra descritta e il C. resistono ciascuno con controricorso e chiedono dichiararsi inammissibile e, comunque, rigettarsi il ricorso; propongono contestualmente ricorsi incidentali, rispettivamente basato su un unico e su tre motivi; ad essi l’ A. ha, a sua volta, resistito con distinti controricorsi. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

2. Nel proprio ricorso, l’ A. deduce i seguenti motivi:

2.1. Errore di diritto: erronea interpretazione dell’art. 2054 c.c., comma 2 con omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

2.2. Errata valutazione della prova con violazione e falsa applicazione d norme di diritto.

2.3. Errata valutazione della responsabilità e delle conseguenze giuridiche, in una tardiva riduzione del concorso di colpa.

Violazione dell’ari. 360, nn. 3 e 5.

3. Con il controricorso, la Compagnia assicuratrice ha proposto anche ricorso incidentale, deducendo violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 149, comma 1 e omessa e contraddittoria motivazione e chiede alla Corte “se, in prossimità di un’uscita autostradale, e di segnaletica indicante uno svincolo, la frenata di un veicolo che non comporti l’arresto del mezzo – come accertato dalla sentenza impugnata, si debba ritenere condotta normale prevedibile e consentita nella circolazione autostradale, e di conseguenza non idonea a determinare il superamento della presunzione di fatto di esclusiva responsabilità posta dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 149 a carico del veicolo tamponante.

3.1. Il C. ha proposto ricorso incidentale per i seguenti motivi:

3.1.1. Violazione dell’art. 149 C.d.S., comma 1 e omessa e contraddittoria motivazione e chiede alla Corte se “se la frenata di un veicolo che non comporta l’arresto effettuata in autostrada alla prossimità di uno svincolo autostradale debba considerarsi normale e prevedibile e quindi inidonea a determinare la presunzione di fatto di esclusiva responsabilità di cui all’art. 149 C.d.S. a carico del veicolo tamponante.

3.1.2. Omessa decisione in ordine ad una domanda. Violazione dell’art 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5) e chiede alla Corte “se qualora una parte proponga una domanda il Giudicante debba pronunciarsi a norma dell’art. 112 c.p.c.”.

3.1.3 Omessa motivazione in ordine alla compensazione delle spese legali.

Violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 e chiede alla Corte se la compensazione delle spese legali debba essere motivata ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2 e quindi se la mancata motivazione comporti una violazione di legge.

4. I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

4.1 I motivi del ricorso principale e di quello incidentale si rivelano tutti inammissibili per mancanza dei quesiti di diritto e dei momenti di sintesi nei tre motivi e per inidoneità dei quesiti formulati alla fine dei motivi dei ricorsi incidentali, nei quali non si da conto neppure sinteticamente della fattispecie come accertata dal giudicante, nè delle regole applicate dal medesimo nella sentenza impugnata, con conseguente inadeguata conferenza dei quesiti alle questioni rispettivamente controverse.

4.1.1. Occorre premettere, quanto all’applicabilità nel tempo della disciplina in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione, che – diversamente da quanto sostiene il ricorrente – la L. n. 69 del 2009, art. 47 con il quale è stato abrogato l’art. 366- bis c.p.c, si applica, per effetto della disposizione transitoria contenuta nell’art. 58, comma 5, della medesima Legge, solo con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della Legge (4 luglio 2009), dovendosi ritenere manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale di tale disposizione per contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore disciplinare nel tempo l’applicabilità delle disposizioni processuali e non appare irragionevole il mantenimento della pregressa disciplina per i ricorsi per cassazione promossi avverso provvedimenti pubblicati prima dell’entrata in vigore della novella (Cass. n. 26364/09; v:

anche Cass. n. 7119/10).

4.2. In ordine all’inidoneità dei quesiti, si osserva che quesiti non possono consistere in una domanda che si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte ‘in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni illustrate nel motivo e porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere al quesito con l’enunciazione di una regula iuris (principio di diritto) che sia suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. A titolo indicativo, si può delineare uno schema secondo il quale sinteticamente si domanda alla corte se, in una fattispecie quale quella contestualmente e sommariamente descritta nel quesito (fatto), si applichi la regola di diritto auspicata dal ricorrente in luogo di quella diversa adottata nella sentenza impugnata (Cass. S.U., ord. n 2658/08). E ciò quand’anche le ragioni dell’errore e della soluzione che si assume corretta siano invece – come prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 4, – adeguatamente indicate nell’illustrazione del motivo, non potendo la norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. interpretarsi nel senso che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, poichè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (Cass. 20 giugno 2008 n. 16941). Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede, pertanto, che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass., 17/7/2008 n. 19769;

26/3/2007, n. 7258). Occorre, insomma che la Corte, leggendo il solo quesito, possa comprendere l’errore di diritto che si assume compiuto dal giudice nel caso concreto e quale, secondo il ricorrente, sarebbe stata la regola da applicare.

4.3. Invece, i motivi formulati a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3 nel ricorsi incidentali sono inammissibili, dato che, anzichè essere conclusi con idonei quesiti, si concludono tutti con richieste di controllo della valutazione operata dalla Corte territoriale sugli elementi di fatto relativi all’apporto causale della condotta del C., negando che tale apporto sia stato congruamente valutato, così rendendo palese che l’effettivo scopo delle censure non è quello di prospettare errores in iudicando, nè di indicare le ragioni del vizio motivazionale, ma di proporre un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze di causa, congruamente apprezzate dal giudice di appello, senza indicazione degli esatti termini della fattispecie, nè di quale sia il divergente principio applicato dal giudice di appello. Deve ribadirsi che, nel caso di violazioni denunciate – come nella specie – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), il motivo deve concludersi con la separata e specifica formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità; non può, pertanto, ritenersi sufficiente che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dall’esposizione del motivo di ricorso nè che esso possa consistere o ricavarsi dalla formulazione del principio di diritto che il ricorrente ritiene corretto applicarsi alla specie, perchè anche una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., secondo cui è, invece, necessario che una parte specifica del ricorso sia destinata ad individuare in modo specifico e senza incertezze interpretative la questione di diritto che la Corte è chiamata a risolvere nell’esplicazione della funzione nomofilattica che la modifica di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 ha inteso valorizzare (Cass., Sez. 2, 20 giugno 2008 n. 16941).

4.4. Quanto ai motivi con cui si deducono vizi di motivazione, a completamento della relativa esposizione, essi devono indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione:

a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (Cass. 17/7/2008 n. 19769, in motivazione). Orbene, nel caso, con riferimento a parti del primo e del terzo motivo del ricorso principale ed al terzo di quello incidentale del C., le parti non hanno formulato i richiesti momenti di sintesi. Difetta, pertanto, la “chiara indicazione” del “fatto controverso” e delle “ragioni” che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione, indicati dall’art. 366 bis c.p.c., che come da questa Corte precisato richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002). Assolutamente generico, infine,, il quesito che accompagna il secondo motivo del ricorso del C., che non specifica la domanda che si assume pretermessa. L’individuazione dei denunziati vizi risulta perciò impropriamente rimessa all’attività esegetica del motivo da parte di questa Corte, oltre che consistere in un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie, apprezzate con congrua motivazione nella sentenza impugnata.

5. I motivi si rivelano pertanto privi dei requisiti richiesti a pena di inammissibilità dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata sotto il vigore del medesimo (30 giugno 2009).

6. Pertanto, i ricorsi vanno dichiarati entrambi inammissibili.

Tenuto conto della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio vanno interamente compensate tra le parti costituite.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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