Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23750 del 10/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/10/2017, (ud. 07/09/2017, dep.10/10/2017),  n. 23750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21585-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALESSIO ARIOTTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 47/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata l’11/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/09/2017 dal Consigliere Dott. ARIENZO ROSA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il Tribunale di Torino accolse le domande proposte da G.A. – docente di scuola secondaria di 2^ grado alle dipendenze del MIUR in virtù di una serie di consecutivi contratti a termine -riconoscendo, in virtù del principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, ai sensi della clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.3.1999, il diritto del predetto alla progressione retributiva legata all’anzianità di servizio maturata;

che la Corte di Appello di Torino, respingeva il gravame proposto dal MIUR, ritenendo il devolutum limitato alla contestazione dell’applicazione al caso considerato della clausola 4 dell’accordo Quadro recepito dalla Direttiva Comunitaria 1999/70/CE e, in accoglimento dell’appello incidentale del G., condannava il MIUR a corrispondere al predetto la complessiva somma di Euro 10.793,59, oltre interessi, in virtù del mancato erroneo riconoscimento del superiore livello retributivo per effetto del cd. blocco della progressione stipendiale operato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 23, conv. dalla L. n. 122 del 2010, che era intervenuto successivamente alla maturazione del diritto rivendicato;

che la Corte territoriale, per quel che rileva nella presente sede, ha posto a fondamento della pronuncia il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo di cui sopra, recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs n. 368 del 2001, art. 6, richiamandosi ai principi espressi dalla CGUE ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato precisando altresì l’incidenza dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a t.d. trasfuso nella indicata Direttiva;

che di tale sentenza il MIUR chiede la cassazione sulla base di unico motivo, al quale ha opposto difese il G., con controricorso; che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che viene denunziata violazione e falsa applicazione: del D.Lgs. settembre 2001 n. 368, della L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 53, del CCNL 24 luglio 2003, art. 142 e CCNL Comparto Scuola del 29 novembre 2007, art. 146, del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 3999, art. 3, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, come convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2, della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, nonchè della Direttiva 99/70/CE e della L. n. 122 del 2010, art. 9, comma 23, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendosi che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicchè agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001 e che il principio di non discriminazione è correlato all’abuso del contratto a termine, che nella specie deve essere escluso in quanto il ricorso alla stipula di contratti a termine del personale docente trova giustificazione in ragioni oggettive e non è maliziosamente finalizzato a consentire al datore di lavoro un risparmio di spesa;

che si sostiene che il lavoratore assunto a tempo determinato nel settore scolastico non è comparabile al docente di ruolo, perchè ogni singolo rapporto è distinto ed autonomo rispetto al precedente;

3. che il ricorso è infondato;

4. che, innanzitutto, il ricorso di primo grado ha prospettato la questione degli scatti biennali ex L. n. 312 del 1980 (aumenti periodici del 2,50% sullo stipendio iniziale di qualifica)solo in estremo subordine e che la domanda accolta dal giudice del gravame è stata, come si desume da quanto affermato dalla Corte di appello sull’ambito del devolutum (pag. 6 della sentenza di appello) unicamente quella tesa all’accertamento dell’avvenuta violazione del principio di non discriminazione economica sancito dalla clausola 4 dell’Accordo quadro ed al riconoscimento di un trattamento paritario, sotto il profilo retributivo (progressione stipendiale correlata al mero decorso del tempo), tra docenti a tempo determinato e docenti a tempo indeterminato;

che la Corte di appello, rispetto all’ambito del devolutum, quale individuato anche sulla base delle domande formulate nel ricorso introduttivo, ha adottato una motivazione pienamente pertinente rispetto alle doglianze formulate nell’atto di gravame – come riportate a pag. 4 della sentenza di appello – e che il MIUR non ha dedotto l’omesso esame di questioni ulteriori rispetto alle quali fosse stato soccombente in primo grado, sicchè inconferente deve ritenersi il richiamo alla violazione della L. n. 312 del 1980, art. 53;

5. che, con riguardo alla questione della progressione economica in considerazione dell’anzianità di servizio, la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del compatto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indetetininato”; che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

6. che il motivo di ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

7. che pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5;

8. che la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

9. che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2017

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