Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2375 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/01/2019, (ud. 08/11/2018, dep. 29/01/2019), n.2375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22398/2017 R.G. proposto da:

RCD s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

D’Onghia Giuseppe, rappresentata e difesa, per procura speciale a

margine del ricorso, dagli avv.ti prof. Angelo Giuseppe OROFINO e

Felice FORMICA, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via

Cosseria, n. 2, presso lo studio del dott. Alfredo PLACIDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 547/28/2017 della Commissione tributaria

regionale della PUGLIA, Sezione staccata di TARANTO, depositata il

23/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del giorno 8/11/2018 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione del diniego di rimborso del credito IVA che la RCD s.r.l. aveva maturato nel primo trimestre dell’anno d’imposta 2008 in dipendenza dell’acquisto di beni strumentali, opposto dall’amministrazione finanziaria sulla ritenuta sussistenza dei presupposti di non operatività della predetta società ai sensi della L. n. 724 del 1994, la CTR con la sentenza impugnata, pronunciando in sede di rinvio operato da questa Corte con ordinanza n. 7535/2015, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo che la società contribuente non aveva fornito prova della sussistenza sub specie di particolari situazioni oggettive che avevano impedito l’avvio dell’attività produttiva e, quindi, il conseguimento dei redditi minimi, ritenendo all’uopo insufficiente “il mero e tautologico richiamo all’oggetto sociale”;

– avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo, cui replica l’intimata con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il motivo di ricorso la società ricorrente deduce la “violazione delle diposizioni di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per omessa valutazione degli elementi di prova (documenti) ritualmente prodotti da parte ricorrente, utili a dimostrare la sussistenza di condizioni oggettive che impedivano la realizzazione di un reddito e, quindi, la non configurabilità di una cd. società di comodo: conseguente violazione e/o falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, art. 30.”

1.1. Sostiene che la CTR non solo era incorsa in un’errata valutazione dei documenti indicati nella motivazione della sentenza impugnata, ma aveva omesso di valutare tutta una serie di altri documenti, quali le autorizzazioni rilasciate dal Comune di Alberobello, dalla ASL competente, dalla Provincia di Bari e dalla Regione Puglia, nonchè l’attestazione di liquidazione dell’ultima tranche di finanziamento pubblico alla medesima erogato, che stavano a dimostrare la sussistenza di condizioni oggettive impeditive dell’esercizio dell’attività d’impresa, come tali idonei ad escludere la configurabilità di una società di comodo.

2. Deve preliminarmente rigettarsi l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del motivo per commistione delle censure (vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè violazione di legge ai sensi del n. 3 della medesima disposizione), e ciò alla stregua di Cass., Sez. U., n. 9100 del 2015, posto che il motivo risulta formulato in maniera che, pur nella connessione logica delle censure, comunque permette di cogliere con chiarezza le critiche mosse alla sentenza impugnata.

3. Nel merito, il vizio di motivazione dedotto dalla ricorrente è fondato e va accolto.

3.1. Al riguardo, ricordato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54,convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciatile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (Cass., Sez. U, n. 8053 del 2014), osserva il Collegio che dal contenuto motivazionale della statuizione di merito risulta la totale pretermissione da parte dei giudici di appello di un consistente e decisivo compendio documentale prodotto dalla società contribuente, costituito nella specie, dalle varie autorizzazioni amministrative rilasciate alla medesima dagli enti territoriali e dall’ASL, idonei ad attestare che prima del rilascio di tali autorizzazioni era oggettivamente impossibile alla società lo svolgimento dell’attività di impresa, non avendo, peraltro, la CTR neppure esplicitato in sentenza le ragioni per le quali il completamento dell’opera (struttura alberghiera denominata (OMISSIS)) nel termine di quarantotto mesi previsto dal decreto del Ministero delle attività produttive del 21/07/2005, appaltate dalla RCD srl con contratto del 10/03/2006 e resa operativa immediatamente dopo l’ottenimento di quelle autorizzazioni, non consenta di superare la presunzione di inoperatività posta dalla L. n. 724 del 1994, art. 30, fatta salva, ovviamente, l’ingiustificata inerzia della società (ad esempio, nell’attivarsi per il rispetto dei tempi contrattuali di realizzazione dell’opera o per richiedere le autorizzazioni necessarie per il sollecito inizio dell’attività), riconducibile all’esclusiva volontà della stessa e, come tale, inidonea a superare detta presunzione.

4. Precisato che la realizzazione dell’immobile da destinarsi all’attività imprenditoriale/commerciale contemplata nell’oggetto sociale integra un’oggettiva situazione esimente L. n. 724 del 1994, ex art. 30, comma 4-bis (arg. da Cass. n. 11809 del 2017, p. 3; v. anche Circ. n. 5/E del 2007), è evidente che solo l’esame di tutta la documentazione di cui si è detto sopra – ovvero, quella pretermessa dai giudici di appello e quella, invece, esplicitamente indicata in sentenza – avrebbe consentito alla CTR di ponderarne la valenza probatoria e verificare la pregnanza della loro concatenazione temporale al fine di accertare ovvero di escludere la sussistenza di un impedimento meramente soggettivo all’operatività della società contribuente.

5. Da guanto detto consegue che il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR per più compiuta valutazione e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Puglia, Sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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