Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23747 del 14/11/2011

Cassazione civile sez. III, 14/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 14/11/2011), n.23747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1318/2007 proposto da:

M.M., considerato domiciliato in ROMA, “ex lege”, presso

CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

DELLA ROCCA Sergio E BOTTAI LUIGI AMERIGO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

AUTOTRASP PIZZONE DI BONIFACIO PIZZONE DITTA SAS;

– intimato –

e contro

GENERALI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, considerato domiciliato “ex lege” in ROMA, VIA MERCALLI 15,

presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROCCHETTI GABRIELE e MARCONE NICOLA giusta delega in

atti;

– resistente –

avverso la sentenza n. 42/2006 del TRIBUNALE SEDE DISTACCATA DI SAN

VALENTINO IN ABRUZZO, depositata il 29/06/2006; R.G.N. 139/2002.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

12/10/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato DELLA ROCCA SERGIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.M. propose appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di San Valentino (Pescara) con la quale era stata rigettata la sua domanda di condanna per risarcimento danni proposta nei confronti della Ditta Autotrasporti Pizzone di Bonifacio Pizzone s.a.s. e della Società Generali Assicurazioni S.p.A., per un incidente stradale provocato, a detta dell’attore, dal conducente di un autocarro di proprietà della ditta Pizzone.

Il Tribunale di Pescara – Sezione Distaccata di San Valentino, con sentenza pubblicata il 29 giugno 2006, ha rigettato l’appello, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore della Società Generali Assicurazioni S.p.A..

Avverso quest’ultima sentenza M.M. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Non si difendono gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata. Il ricorso per cassazione in esame è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (29 giugno 2006).

1.- I motivi del ricorso con i quali si denunciano vizi di violazione di legge sono inammissibili per difettosa formulazione dei quesiti di diritto.

1.1.- Con riferimento al primo motivo (con cui si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2733 c.c., dell’art. 2735 c.c., del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 143, dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), il quesito richiede alla Corte di esprimere due principi di diritto (circa la valenza di confessione da attribuirsi a delle dichiarazioni “stragiudiziali e giudiziali” rese da una parte e circa la mancanza di prova contraria da parte della società assicuratrice convenuta) senza che sia dato comprendere dal quesito quale sia la reciproca posizione delle parti e quali siano gli atti in cui sono contenute e la portata delle dichiarazioni de quibus: elementi tutti, che si comprendono soltanto leggendo la parte illustrativa del motivo; ma soprattutto non è dato comprendere dal quesito quale è l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di merito. Ancor più generico è il quesito di diritto riferito alla denunciata violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. (“se sia inoltre stata omessa in violazione dell’art. 116 c.p.c. e della costante affermazione giurisprudenziale la valutazione dei rilievi critici mossi da parte ricorrente alla CTU espletata”).

Tutti e tre i profili del primo quesito, espressi alle pagine 13-14, sono formulati in termini tali da non consentire a questa Corte l’individuazione dell’errore di diritto denunciato dal ricorrente con riferimento alla fattispecie concreta nè gli stessi appaiono idonei all’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e delle questioni che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico-giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 26020 del 30 ottobre 2008).

1.2.- Col secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2054 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; il quesito è formulato alla pag. 16 (“dica l’Ecc.ma Corte se sia o meno conforme al disposto dell’art. 112 c.p.c., l’omessa o insufficiente pronuncia in ordine alla censura dell’appellante di applicazione, in via subordinata, della responsabilità ex art. 2054 c.c., comma 2; nonchè se sia o meno conforme alla disciplina prevista dall’art. 2054 c.c., comma 2, ed all’interpretazione ermeneutica dello stesso, negare la sua applicazione”) .

Il quesito appena testualmente riportato è, per un verso – specificamente con riferimento alla norma dell’art. 112 c.p.c. – contraddittorio, poichè la prima parte sembrerebbe fare riferimento ad un’omessa pronuncia e la seconda invece ad una pronuncia di rigetto; per altro verso specificamente con riferimento alla norma dell’art. 2054 cod. civ., comma 2 – non indica quale sarebbe stato l’errore del giudice che non ha applicato la regola del concorso di colpa, e, correlativamente, quali invece fossero le ragioni, riferibili al caso di specie, per le quali avrebbe dovuto trovare applicazione.

E’ stato ripetutamente affermato da questa Corte che il quesito di diritto è conforme alla ratio del citato art. 366 bis cod. proc. civ., soltanto se sia conferente rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio, essendo invece inammissibile quando ne prescinda del tutto, limitandosi all’enunciazione astratta della questione che si reputa rilevante (cfr., da ultimo, Cass. n. 80/11, nonchè Cass. S.U. n. 7433/09); in applicazione di tale ultimo principio, nonchè di quello sopra richiamato con riferimento al precedente di questa Corte a Sezioni Unite n. 26010/08, non può che concludersi nel senso dell’inammissibilità anche del secondo motivo di ricorso.

2.- Quanto al vizio di motivazione, denunciato col riferimento alla norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, nell’intitolazione di tutti e due i motivi, non è rinvenibile, in alcuno di essi, il momento di sintesi che questa Corte ha ripetutamente ritenuto indispensabile per una corretta formulazione del quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nel testo come sopra vigente (cfr., tra le altre, Cass. n. 4556/09); nè i fatti controversi sui quali vi sarebbe stato un difetto di motivazione sono desumibili dai plurimi quesiti esposti alle pagg. 13-14 e 16 (dei quali si è detto sopra), poichè questi sono espressamente riferiti soltanto ai denunciati vizi di violazione di legge, per come è reso palese dal richiamo fatto, in ciascuno dei due, alle norme di legge che il ricorrente assume violate.

Vanno perciò reputate inammissibili anche le censure mosse per omessa od insufficiente motivazione.

3.- Essendo mancata la difesa degli intimati, non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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