Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23746 del 14/11/2011

Cassazione civile sez. III, 14/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 14/11/2011), n.23746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 793/2007 proposto da:

GAVO DI ANSELMI AGOSTINO & C S.A.S. IN LIQ. in persona

del

liquidatore legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 97, presso lo studio

dell’avvocato GIANNINI LUCIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato

LEONE Aurelio giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

SANPAOLO BANCA NAPOLI S.P.A. in persona dell’avv. R.R.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CARSO 71, presso lo studio

dell’avvocato ARISTA Giovanni, che la rappresenta e difende giusto

mandato in atti;

BANCA ROMA S.P.A. GRUPPO BANCARIO CAPITALIA in persona dell’avv.

R.A. e Dott. L.G.C., elettivamente

domiciliatA in ROMA, P.ZZA AUGUSTO IMPERATORE 3-4, presso lo studio

dell’avvocato PIRANI FRANCESCO, che la rappresenta e difende giusto

mandato in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3672/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/09/2006 R.G.N. 10214/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato GIOVANNI ARIETA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Gavo s.a.s. propose appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma con la quale era stata rigettata la sua domanda proposta nei confronti della Banca di Roma S.p.A. e del Banco di Napoli S.p.A. per ottenerne la condanna al risarcimento del danno subito a seguito delle dichiarazioni negative rese dall’uno e dall’altro istituto di credito, quali terzi pignorati in una procedura esecutiva per espropriazione presso terzi esperita presso la Pretura di Caserta dalla Gavo s.a.s. nei confronti dei debitori Q.S. e F.R.. Avverso la stessa sentenza del Tribunale di Roma propose appello incidentale Sanpaolo Banco di Napoli S.p.A., contestando il capo di sentenza relativo alla compensazione delle spese del giudizio di primo grado.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza pubblicata il 5 settembre 2006, ha rigettato l’appello principale ed accolto l’appello incidentale; ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado nei confronti di entrambe le appellate, nonchè al pagamento delle spese del primo grado di giudizio nei confronti dell’appellante incidentale.

Avverso quest’ultima sentenza la Gavo di Anselmi Agostino & C. s.a.s.

in liquidazione propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria. Si difendono le intimate con distinti controricorsi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata.

Il ricorso per cassazione in esame è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato della L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (5 settembre 2006).

1.- I motivi del ricorso con i quali si denunciano vizi di violazione di legge sono inammissibili per difettosa formulazione dei quesiti di diritto.

Con riferimento al primo motivo (con cui si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 548 c.p.c., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3), il quesito è formulato in termini tali (“Dica la Suprema Corte di Cassazione che l’art. 548 c.p.c., qualora il terzo compaia e renda la dichiarazione, trova applicazione solo nell’ipotesi in cui sulla dichiarazione sorgano effettivamente contestazioni e dica che la mancata proposizione dell’istanza di accertamento dell’obbligo del terzo non fa venir meno gli effetti del pignoramento, almeno per quel che riguarda la responsabilità del terzo verso il creditore”) da rendere pressochè incomprensibile la questione di diritto sottoposta all’esame della Corte, poichè, per un verso, fa riferimento alla norma dell’art. 548 cod. proc. civ., in termini talmente generici da risultare tautologici e, per altro verso, sembra alludere ad una sorta di ultrattività degli “effetti del pignoramento”, che, appunto, non verrebbero meno per la mancata proposizione dell’istanza di accertamento dell’obbligo del terzo;

delle ragioni di tale ultrattività nulla è detto in quesito e le conseguenze della medesima, con riferimento al caso di specie, restano, come detto, poco chiare, essendo compendiate nell’ermetico riferimento alla “responsabilità del terzo verso il creditore”.

Conclusivamente, il quesito di diritto è espresso in termini tali da non consentire a questa Corte l’individuazione dell’errore di diritto denunciato dalla ricorrente con riferimento alla fattispecie concreta e da non consentire l’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e delle questioni che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico-giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 26020 del 30 ottobre 2008).

2.- Col terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

A differenza del quesito relativo al primo motivo, questo pone in termini chiari una questione di diritto e richiede alla Corte di esprimere il relativo principio (circa i poteri del giudice del merito in tema di compensazione delle spese processuali ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., nel testo originariamente vigente, applicabile al processo de quo perchè introdotto con citazione del 1997: “Dica la Suprema Corte di Cassazione che i giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, a mente dell’originaria formulazione dell’art. 92 c.p.c., vigente all’epoca della decisione impugnata, non necessitano di specifica enunciazione e pertanto possono dare luogo alla compensazione delle spese anche nei confronti della parte totalmente vittoriosa senza che il giudice abbia al riguardo alcun obbligo di specifica motivazione”). Tuttavia, non è dato comprendere dal quesito quale sia l’errore in cui sarebbe incorso il giudice d’appello; ma soprattutto non è dato comprendere come -una volta fornita al quesito l’auspicata ed inevitabile risposta affermativa – questa possa giovare alla ricorrente, posto che si tratta di sindacare i poteri del giudice d’appello rispetto ad una decisione di compensazione delle spese processuali adottata in primo grado. Il riferimento alla motivazione contenuto nel quesito è del tutto incongruente, poichè il sindacato del giudice d’appello non è limitato alla sussistenza della motivazione, ma riguarda quella dei giusti motivi di compensazione delle spese, essendo anche il giudice di secondo grado investito della relativa valutazione, a seguito dell’apposito motivo di impugnazione.

E’ stato ripetutamente affermato da questa Corte che il quesito di diritto è conforme alla ratio del citato art. 366 bis cod. proc. civ., soltanto se sia conferente rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio, essendo invece inammissibile quando ne prescinda del tutto, limitandosi all’enunciazione astratta della questione che si reputa rilevante (cfr., da ultimo, Cass. n. 80/11, nonchè Cass. S.U. n. 7433/09); in applicazione di tale ultimo principio, nonchè di quello sopra richiamato con riferimento al precedente di questa Corte a Sezioni Unite n. 26010/08, non può che concludersi nel senso dell’inammissibilità anche del terzo motivo di ricorso.

3.- Quanto al vizio di motivazione, denunciato, con riferimento alla norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, col secondo motivo di ricorso, non si rinviene, nè nel corpo dell’illustrazione del motivo (da pag. 12 a pag. 20 del ricorso) nè nella parte iniziale e/o nella parte finale di essa o di ciascuno dei due paragrafi di cui è composta (2 a e 2 b), il momento di sintesi che questa Corte ha ripetutamente ritenuto indispensabile per una corretta formulazione del quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nel testo come sopra vigente (cfr., tra le altre, Cass. n. 4556/09).

Va perciò reputata inammissibile anche la censura mossa per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

4- Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida complessivamente in Euro 4.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese) per Banca di Roma S.p.A. ed in Euro 5.600,00 (di cui Euro 200,00 per spese) per Sanpaolo Banco di Napoli S.p.A., oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge per entrambi.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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