Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23746 del 02/09/2021

Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, (ud. 11/09/2020, dep. 02/09/2021), n.23746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3947/2018 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Quinto Aurelio

Simmaco n. 7, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Neri, che lo

rappresenta e difende, per procura speciale estesa in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso gli uffici

dell’Avvocatura generale dello Stato, che per legge lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del Giudice di Pace di Roma, depositato il 20

luglio 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11 settembre 2020 dal relatore Dott. Marco Vannucci.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 20 luglio 2017 il Giudice di Pace di Roma convalidò il decreto emesso dal Questore di Roma il 17 luglio 2017 con cui si ordinò a R.A. (di nazionalità bangladina) di consegnare il proprio passaporto o altro documento equipollente e di presentarsi presso l’Ufficio Stranieri della Questura di Roma nei giorni in tale atto amministrativo indicati.

2. Per la cassazione di tale sentenza R. propose ricorso contenente un motivo di impugnazione.

3. Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

4. Con ordinanza interlocutoria n. 26948 del 22 ottobre 2019 il giudizio è stato rinviato a nuovo ruolo, in attesa della decisione della Corte costituzionale relativa alla conformità agli artt. 13 e 24 Cost. del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 1-bis, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida della misura dell’obbligo di presentazione presso un ufficio della forza pubblica si svolga in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore di fiducia o, in caso di mancata nomina, di un difensore di ufficio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo, il ricorrente denunzia la nullità del decreto emesso dal Giudice di Pace per violazione del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost..

In particolare il ricorrente sostiene che “all’udienza, il Giudice di Pace – Dott.ssa R.R.E., provvedeva a convalidare l’ordinanza del Questore senza la prevista ed inscindibile audizione del Sig. R.A. in totale spregio al principio costituzionale relativo all’inviolabilità del diritto alla difesa e che il ricorrente solo successivamente all’udienza di convalida, attraverso un controllo effettuato dallo scrivente avvocato, prendeva atto del provvedimento di convalida”.

Secondo il ricorrente, il Giudice di Pace, in violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14 (di seguito denominato “tu. immigrazione”), ha provveduto alla celebrazione dell’udienza di convalida dell’ordinanza del Questore, “incurante dell’assenza del cittadino straniero e della sua conseguente impossibilità ad esercitare il proprio legittimo diritto alla difesa, così come costituzionalmente garantito.

(..) Ben poteva il Giudicante, rilevata l’assenza del cittadino straniero interessato, accertarsi preliminarmente della regolarità della notifica del decreto di udienza e ciò ai fini dell’instaurazione del giusto contraddittorio e della necessaria audizione del ricorrente”.

Il decreto di convalida è dunque per il ricorrente nullo in quanto emesso dal Giudice di Pace inaudita altera parte, stante la mancata notifica del decreto di fissazione di udienza di convalida al ricorrente e al relativo difensore.

2. Il motivo è infondato, non trovando applicazione al caso di specie l’art. 14, comma 4, del t.u. immigrazione.

Sulla questione di diritto coinvolta dal motivo si è pronunciata la Corte costituzionale con sentenza n. 280 del 2019.

Con due ordinanze del 7 settembre 2018 la Corte di cassazione, sezione prima civile, sollevò, in riferimento all’art. 13 Cost. e art. 24 Cost., comma 2, questioni di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 1-bis (di seguito indicato come “t.u. immigrazione”), introdotto dal D.L. n. 89 del 2011, art. 3, comma 1, lett. d), n. 2), convertito, con modificazioni, nella L. n. 129 del 2011, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida dell’obbligo di presentazione, in giorni e orari prestabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente “si svolga in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato, eventualmente nominato d’ufficio”.

In entrambi i giudizi, i ricorrenti avevano censurato l’emissione del decreto di convalida senza il previo svolgimento di un udienza con la partecipazione necessaria di un difensore dell’interessato, affermando che una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione, imporrebbe di ritenere necessaria, nell’ambito del procedimento di convalida delle misure alternative al trattamento in un centro di permanenza per i rimpatri, la celebrazione di una udienza con la partecipazione necessaria del difensore; dunque, i ricorrenti sollevavano questioni di legittimità costituzionale, ravvisando la contrarietà al disposto dell’art. 13 Cost. e art. 24 Cost., comma 2.

La Corte costituzionale, dopo aver ricostruito sinteticamente il quadro normativo, conviene circa l’impossibilità di ritenere, in via interpretativa, che la convalida delle misure alternative al trattenimento dello straniero debba avvenire in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato.

Infatti, il censurato art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione, prevede la facoltà per l’interessato di “presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie o deduzioni al giudice della convalida”, delineando così un procedimento diverso e alternativo rispetto alla celebrazione dell’udienza di convalida alla presenza del difensore, che è invece prevista per le misure, più incidenti sulla libertà personale, del trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri e dell’accompagnamento alla frontiera rispettivamente dall’art. 14, comma 4, e art. 13, comma 5-bis, t.u. immigrazione, i quali prevedono espressamente che “l’udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito”.

Pertanto, risulta inequivocabile la volontà del legislatore di prevedere due distinte forme di convalida: l’una con svolgimento dell’udienza (in relazione al trattenimento e all’accompagnamento coattivo alla frontiera); l’altra, invece, con contraddittorio solo cartolare (in relazione alle misure della consegna del passaporto, dell’obbligo di dimora e dell’obbligo di firma).

La Corte costituzionale sottolinea che a nulla rileva, al fine di trarre conclusioni diverse, la sinora isolata pronuncia della Corte di cassazione n. 2997 del 2018, secondo cui la convalida delle misure di cui all’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione dovrebbe svolgersi in udienza, atteso che tale affermazione non è specificamente motivata, né supportata dal dato testuale della disposizione in parola.

In conclusione, la Corte costituzionale afferma che “la più limitata incidenza sulla libertà personale della misura qui all’esame induce a ritenere – sulla scorta della citata sentenza n. 144 del 1997 – non incompatibile con l’artt. 13 Cost. e art. 24 Cost., comma 2, il procedimento disegnato dalla disposizione censurata, che prevede un contraddittorio meramente eventuale e cartolare. Ciò anche in ragione del delimitato oggetto del giudizio di convalida, ove il giudice di pace è chiamato a verificare unicamente la sussistenza dei presupposti di adozione della misura e l’esistenza di un provvedimento di espulsione dotato di efficacia esecutiva, con il solo limite già rammentato dell’eventuale “manifesta illegittimità” di quest’ultimo e dell’eventuale sussistenza di ragioni ostative all’espulsione”.

La censura del ricorrente è dunque infondata, poiché la convalida delle misure disposte dal Questore con provvedimento adottato senza la partecipazione all’udienza del ricorrente e del suo difensore, non integra una violazione del diritto di difesa dello straniero, non sussistendo per lui alcun diritto all’udienza e a un contraddittorio diverso da quello cartolare previsto espressamente dalla legge.

Il ricorrente deve essere condannato a rimborsare al Ministero dell’Interno le spese processuali da queste anticipate nel giudizio di cassazione nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese da queste anticipate, liquidate in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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