Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23740 del 14/11/2011

Cassazione civile sez. III, 14/11/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 14/11/2011), n.23740

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22306-2009 proposto da:

N.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avv. FURNARI GIOSUE’ giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

S.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA A. CANTORE 5, presso lo studio dell’avvocato SPIGHETTI EDOARDO,

rappresentato e difeso dall’avvocato VASSALLO GIUSEPPE giusto mandato

in atti;

– controricorrente –

e contro

A.G. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 516/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 16/04/2009 R.G.N. 160/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato GIOSUE’ FURNARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso con l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 18.3.2003 S.R., premesso di essere creditrice nei confronti di A.G. di somme per il mantenimento suo e della figlia, esponeva che l’ A., dopo la sentenza di cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio, aveva contratto nuovo matrimonio con N.A., alla quale in data 23.10.98 aveva trasferito la proprietà di un appartamento in forza di una compravendita, volta a dissimulare una donazione. Ciò premesso, adiva il Tribunale di Catania per far dichiarare la simulazione del contratto ovvero, in subordine, per farne dichiarare l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c.. In esito al giudizio il Tribunale adito dichiarava inefficace la compravendita nei confronti della S. condannando l’ A. e la N. alla rifusione delle spese.

Avverso tale decisione proponeva appello la N. ed in esito al giudizio, in cui si costituiva la sola S., la Corte di Appello di Catania con sentenza depositata in data 16 aprile 2009 rigettava l’impugnazione condannando l’appellante al pagamento delle spese.

Avverso la detta sentenza la N. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi ed illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la S.. Il Collegio ha infine disposto la motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza, deducendo il vizio dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata perchè la Corte di Appello non avrebbe motivato adeguatamente “sul punto della consapevolezza del pregiudizio per violazione dell’art. 2727 c.c. e dell’art. 2729 c.c. per cui manca la prova della consapevolezza del terzo del pregiudizio per la dichiarazione d’inefficacia dell’atto pubblico ai sensi dell’art. 2901 c.c. e sussiste la violazione dell’art. 360, nn. 1 e 3”.

La seconda doglianza, per violazione dell’art. 2901 c.c., con riferimento agli artt. 2727 e 2729 c.c., e per omessa, carente e contraddittoria motivazione sulla sussistenza del consilium fraudis, si fonda sulla considerazione che la Corte avrebbe ritenuto la consapevolezza del terzo sulla sola base del rapporto di coniugio sussistente tra venditore e compratrice. Con l’ultima doglianza per violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., la ricorrente lamenta infine che la Corte avrebbe errato nel condannarla alla refusione delle spese del doppio grado perchè se avesse posto mente a tutte le considerazioni svolte dalla stessa avrebbe dovuto pervenire ad una decisione diversa.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ed invero, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, i motivi del ricorso per cassazione, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità – giusta la previsione dell’art. 375 c.p.c., n. 5 – dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (Sez. Un. n. 23732/07).

Qualora invece il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come insegna questa Corte, la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, oltre a richiedere sia l’indicazione del fatto controverso, riguardo al quale si assuma l’omissione, la contraddittorietà o l’insufficienza della motivazione sia l’indicazione delle ragioni per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la decisione (Cass. ord. n. 16002/2007, n. 4309/2008 e n. 4311/2008). Ciò premesso, posto che nel caso di specie la prima doglianza per vizio motivazionale non risulta accompagnata dal necessario momento di sintesi e che gli altri due motivi per violazione di legge non sono accompagnati dai prescritti quesiti di diritto, posto che la norma di cui all’art. 366 bis citato non può essere interpretata nel senso che il quesito ed il momento di sintesi possano desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso, poichè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione, il ricorso in esame, privo dei requisiti richiesti, deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.. Consegue la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore della contro ricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese processuali che liquida in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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