Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2374 del 02/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 02/02/2010, (ud. 18/11/2009, dep. 02/02/2010), n.2374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE BELLE

ARTI 8, presso lo studio dell’avvocato PELLICANO’ ANTONINO, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati TRIOLO

VINCENZO, FABIANI GIUSEPPE, giusta procura in calce al ricorso

notificato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 598/2005 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 15/11/05, depositata il 24/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. TOFFOLI Saverio;

udito l’Avvocato Pellicano’ Antonino, difensore della ricorrente che

si riporta ai motivi aderendo alla requisitoria del P.G.;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. PATRONE Ignazio che conferma

le conclusioni scritte.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI

L’attuale ricorrente per Cassazione aveva appellato la sentenza di primo grado, avente ad oggetto l’adeguamento dell’indennita’ di disoccupazione agricola, solo relativamente al mancato riconoscimento degli interessi anatocistici e alla liquidazione delle spese del giudizio, per cui, salva la compensazione per un terzo, erano state riconosciute L. 149.500 per onorari e L. 205.000 per diritti di procuratore e spese. La Corte d’appello, mentre ha riformato la sentenza di primo grado per il mancato riconoscimento dei richiesti interessi anatocistici, ha ritenuto inammissibile la censura relativa alla parziale compensazione delle spese, in quanto proposta solo con note illustrative e, quanto alle altre doglianze, ha in sostanza rilevato che mancavano specifici motivi di appello. Infatti la parte aveva solo lamentato il mancato rispetto dei minimi di tariffa e la mancata distinzione tra diritti ed esborsi. Ha, poi, ritenuto giustificata la compensazione delle spese del giudizio di secondo grado, tenuto conto dell’accoglimento solo parziale dell’appello, dei motivi della decisione e della peculiarita’ delle questioni trattate.

L’assicurata propone ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi.

L’Inps si e’ limitato a depositare procura difensiva. La ricorrente ha depositato memoria.

Il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c. e carenza assoluta di motivazione, si basa in sostanza sulla tesi che il giudice di appello, pur in difetto di specifiche censure, evidenzianti quale sarebbe stata una legittima ed equa liquidazione sulla base delle tariffe, di cui era stata genericamente lamentata la violazione, dovesse procedere d’ufficio ad una nuova liquidazione delle spese del giudizio di primo grado.

Questo motivo e’ qualificabile come manifestamente infondato. La questione posta e’ stata gia’ risolta con numerose e recenti decisioni, adottate da questa Corte in analoghe controversie, nelle quali e’ stato affermato e ribadito il principio secondo cui “la parte che censuri la sentenza di primo grado con riguardo alla liquidazione delle spese di giudizio, lamentando la violazione dei minimi previsti dalla tariffa professionale, ha l’onere di fornire al giudice d’appello gli elementi essenziali per la rideterminazione del compenso dovuto al professionista, indicando, in maniera specifica, gli importi e le singole voci riportate nella nota spese prodotta in primo grado; ne’ tali indicazioni possono essere desunte da note o memorie illustrative successive, la cui funzione non e’ quella di formulare censure ma solo quella di chiarire le censure tempestivamente formulate” (cfr., ex plurimis, Cass. n. 20088 e n. 23085 del 2008; n. 250, n. 15516, n. 15517, n. 15519, n. 15520 del 2009, nonche’ altre conformi). Riguardo alla mancata distinzione tra diritti ed esborsi, essa non esonerava dalla indicazione specifica delle causali reclamate, trattandosi in ambedue i casi di voci di importo preciso e predeterminabile.

Ne’ puo’ attribuirsi rilievo – come ipotizzato nella requisitoria scritta del P.G. – al fatto che il giudice di appello, avendo accolto parzialmente l’impugnazione, gia’ per questo motivo avrebbe dovuto procedere autonomamente a una nuova regolazione delle spese del giudizio di primo grado. E’ preclusiva infatti al riguardo la mancata formulazione di un motivo di ricorso per Cassazione diretto a far valere tale ragione di illegittimita’ della sentenza impugnata.

Il secondo motivo e’ inammissibile in quanto teso a sviluppare le ragioni relative alla fondatezza nel merito dell’appello.

Il terzo motivo denuncia omessa decisione, con violazione dell’art. 112 c.p.c., e erronea motivazione circa un punto decisivo, con riferimento alla ritenuta inammissibilita’ delle doglianze relative alla parziale compensazione delle spese del primo grado. Il motivo e’ manifestamente infondato, in quanto non si contesta la rilevata mancanza della tempestiva indicazione di specifici motivi al riguardo, ma si richiama solo il fatto che era stata chiesta con l’appello la riforma dell’intero capo relativo alla regolamentazione delle spese. La sentenza impugnata e’ quindi evidentemente rispettosa dei principi enunciati da questa Corte relativamente alla necessita’ che la parte c.d. volitiva dell’appello (richiesta di riforma di taluni capi della sentenza di primo grado) sia sorretta, gia’ in sede di formulazione dell’atto di impugnazione, da specifici motivi di doglianza, correlati alle specificita’ della singola vicenda processuale.

Il quarto motivo denuncia illegittimita’ per carenza assoluta di motivazione e motivazione apparente. Si sostiene l’inadeguatezza, ai fini della totale compensazione delle spese del giudizio di appello, dell’impiego della formula vuota dei “giusti motivi”, del riferimento al parziale accoglimento dell’appello e, infine, del richiamo alle altre formule vuote impiegate. Il motivo e’ palesemente infondato, in quanto l’accoglimento solo parziale dell’appello costituisce di per se’ un motivo adeguato a giustificare la compensazione delle spese.

D’altra parte il riferimento alla peculiarita’ delle questioni trattate e’ agevolmente interpretabile anche come una considerazione circa il carattere meramente accessorio e secondario del capo di domanda relativo agli interessi anatocistici reclamati con l’appello.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Non deve disporsi per le spese del giudizio, ex art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11 convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, non applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 18 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2010

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