Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23735 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. I, 24/09/2019, (ud. 09/09/2019, dep. 24/09/2019), n.23735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26427/2018 proposto da:

O.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Emilio Faà Di

Bruno, 15 presso lo studio dell’avvocato Di Tullio Marta che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 07/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/09/2019 dal Dott. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Roma, con il decreto n. 10826 del 2018 (pubblicato il 7 agosto 2018) ha respinto il ricorso proposto dal sig. O.S., cittadino della Nigeria, avverso il provvedimento negativo del Ministero dell’Interno – Commissione territoriale di Roma, che a sua volta non aveva accolto le richieste di protezione internazionale e di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, avanzate dal menzionato cittadino di un Paese terzo. Il Tribunale, inquadrata la domanda nell’ambito del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis (come introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con modificazioni nella L. n. 46 del 2017), entrato in vigore il 18 agosto 2017, ha disatteso sia la domanda di rifugio politico e sia quella di protezione sussidiaria, affermando la mancata di credibilità della narrazione svolta dal richiedente asilo (l’essere stato, il richiedente odierno, un aderente del partito (OMISSIS), e accusato dalla polizia per la partecipazione ad una manifestazione politica per la liberazione del leader del partito – (OMISSIS) – nel corso della quale, anche per lo scontro tra la gente del Biafra e gli Hansa, erano rimaste uccise alcune persone) atteso che il narrante, sollecitato con specifiche domande, non aveva saputo dar conto degli ideali politici perseguiti, delle ragioni dell’arresto del leader (OMISSIS), delle vere motivazioni della manifestazione (che non aveva affatto visto contrapposto le due etnie); ed atteso che egli aveva ammesso di non essere conosciuto dalla polizia come appartenente alI'(OMISSIS) e che non v’era alcun mandato di arresto nei suoi confronti. Quanto alla protezione sussidiaria, pur emergendo dai reports aggiornati (ed esplicitamente indicati) gravi situazioni di criticità insistenti nella zona nigeriana di provenienza del richiedente (gli stati dell’Edo, del Delta e dell’Anambra), il Tribunale ha, comunque, escluso la protezione atteso che il cittadino di Paese terzo nulla aveva allegato riguardo ai potenziali pericoli corsi nell’area interessata, in rapporto ai diversi profili considerati dalla legge (le previsioni di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c)). In particolare, i fatti riferiti non evocavano alcun profilo di rischio di persecuzione diretta e personale.

Neppure era stata allegata e documentata una specifica ragione di vulnerabilità cui sarebbe esposto in caso di rimpatrio nè risultava un suo percorso di inserimento e stabilizzazione sociale in Italia. Il richiedente asilo ha proposto ricorso per cassazione con sette motivi, alcuni dei quali (il quarto e il quinto) incomprensibili, astrattamente formulati, privi di riferimento alla specifica vicenda concreta e neppure autosufficienti: perciò del tutto inammissibili. Con i restanti cinque si lamenta: a) l’omessa acquisizione precisa ed aggiornata delle fonti informative necessarie alla vantazione e decisione della domanda (violazione D.Lgs. n. 25 del 2008 art. 8); b) la non corretta ricostruzione del fatto, avendo il Tribunale escluso che il ricorrente correrebbe un grave rischio in caso di rientro nel Paese di origine (violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 17); c) l’erronea esclusione della protezione sussidiaria per il rischio che il richiedente correrebbe al rientro, essendo ricercato dalla polizia per gli scontri, a cui aveva partecipato, e nel corso dei quali erano morte alcune persone (violazione D.Lgs n. 25 del 2008, art. 2, lett. f)); d) il mancato bilanciamento, ai sensi dell’art. 3 Cost., tra la tutela dell’interesse alla sicurezza nazionale e la tutela dei diritti; e) l’omesso esame delle dichiarazioni e del ricorrente e della loro attendibilità erroneamente esclusa dal Tribunale. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

La ratio decidendi della decisione contenuta nel provvedimento del giudice di merito è stata quella di escludere del tutto la credibilità della narrazione svolta dal richiedente asilo, dell’escludere la riferibilità del rischio personale, pur in un contesto di aedarate violazioni dei diritti umani, in ragione della mancata loro allegazione da parte del cittadino nigeriano e la mancata allegazione di una specifica ragione di una sua vulnerabilità e la mancata dimostrazione del suo inserimento nel contesto di arrivo.

Tali plurime rationes, tuttavia, laddove solo contrastate in fatto (secondo e terzo motivo, sub lett. b e c, con i quali si contrappone alla ricostruzione de quadro socio-politico di provenienza quello scaturente da una diversa loro “lettura”, non ammissibile in questa sede, perchè, afferente all’esame del fatto-merito di pertinenza del solo giudice a quo), non sono correttamente impugnate con i motivi nel ricorso, e risultano perciò inammissibili.

Del pari non è ammissibile il settimo motivo (sub lett. e) in quanto contrappone alla valutazione di inattendibilità della narrazione, come si è visto motivato, un diverso apprezzamento di quelle dichiarazioni. Il primo motivo (lett. a) è, invece, infondato poichè – contrariamente a quanto postulato nella censura – non è stato affatto omessa l’acquisizione precisa ed aggiornata delle fonti informative necessàrie alla valutazione e decisione della domanda, che risultano anzi esposte alle pp. 4-5 della motivazione.

Infine, il sesto motivo (riportato sub lett. d), risulta non conducente (e perciò inammissibile) atteso che nella materia in esame non v’è alcuno spazio per la tecnica del bilanciamento, dovendosi limitare il ricorrente a censurare una violazione di legge o di omessa o apparente motivazione.

Al sostanziale rigetto dei ricorso non segue la decisione sulle spese di questa fase del processo, non avendo il Ministero intimato svolto difese; segue invece il raddoppio del contributo unificato poichè il richiedente non è stato ammesso al PASS.

PQM

La Corte:

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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