Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23734 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. I, 24/09/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 24/09/2019), n.23734

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28914/2018 proposto da:

D.C., elettivamente domiciliato in Roma, viale G. Mazzini

n. 123, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1059/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 14/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2019 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Con ordinanza del 13 aprile 2017, il Tribunale di Firenze ha respinto il ricorso presentato da D.C., di provenienza maliana, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Firenze di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) come pure della protezione umanitaria.

La successiva impugnazione avanti alla Corte di Appello di Firenze è stata pure rigettata, con sentenza depositata il 14 maggio 2018.

La Corte di Appello, rilevato che il ricorrente non aveva chiesto nel primo grado del giudizio la protezione di rifugio, con riferimento alla protezione sussidiaria ha affermato che – secondo l’allegazione del richiedente – l’espatrio era avvenuto per ragioni meramente private, sì che non entrava proprio in gioco il tema del “rischio di subire un grave danno”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14; con riguardo alla protezione umanitaria, ha affermato che “nel caso di specie non risulta neppure sufficientemente integrato il primo indispensabile requisito per il riconoscimento della protezione umanitaria, ossia l’integrazione sociale e lavorativa dello straniero in Italia”.

2.- Avverso questo provvedimento ricorre D.C., articolando due motivi di cassazione.

Il Ministero non ha svolto attività difensive nel presente grado del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.- Il ricorrente censura la decisione della Corte fiorentina: (i) “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di origine: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14”; (ii) col secondo motivo, “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il Tribunale ha errato a non applicare la protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi, anche in relazione alle previsioni di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1 alla L. 14 luglio 2017, n. 110 che ha introdotto il reato di tortura e ai principi generali di cui all’art. 10 Cost. e all’art. 3 CEDU”.

4.- Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Esso assume che “del tutto irrilevante è, ai fini del riconoscimento dello status di protezione sussidiaria, che il rischio del grave danno sia sorto soltanto in un momento successivo alla partenza del richiedente dal paese di origine e deve anche ritenersi svincolato dal motivo che lo origina, avendo il legislatore italiano declinato il concetto di rifugiato sur place anche in favore del beneficiario di protezione sussidiaria”.

Peraltro, il ricorrente non indica in quali atti e con quali modi abbia esposto la sopravvenuta sussistenza del danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 nei gradi di merito del giudizio.

5.- Il secondo motivo è inammissibile.

Il motivo non indica la presenza di situazioni di vulnerabilità specifiche alla persona del richiedente, come prescritto dalla legge, limitandosi a richiamare – in termini del tutto generici – “le gravissime condizioni socio-politico-economico-sociali attualmente esistenti in Mali”.

6.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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