Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23733 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. I, 24/09/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 24/09/2019), n.23733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25766/2018 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Cavour n.

139, presso l’avvocato Luigi Migliaccio, che lo rappresenta e difesa

giusta procura speciale;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 637/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 08/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2019 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Con ordinanza notificata il 16 gennaio 2017, il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso presentato da S.N., cittadino nigeriano (regione (OMISSIS)), avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Caserta di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure di quello della protezione umanitaria.

La successiva impugnazione avanti alla Corte di Appello di Napoli è stata pure rigettata, con sentenza depositata l’8 febbraio 2018.

2.- La Corte di Appello ha ritenuto, in particolare, che il racconto del richiedente sia “molto approssimativo” e “scarsamente circostanziato”; che la vicenda fatta oggetto del racconto si conteneva nella prospettiva di “mera lite personale”, senza raggiungere la “configurazione di un conflitto politico legittimante la protezione internazionale”; che, secondo il rapporto Amnesty International 2015/2016 e il più recente rapporto UNHCR, la regione dell'(OMISSIS) non risulta caratterizzata da situazioni di violenza indiscriminata o di conflitti armati; che non risultano enunciate situazioni di vulnerabilità specifiche alla persona del richiedente e che, di conseguenza, mancano i presupposti richiesti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

3.- Avverso questa pronuncia ricorre S.N., articolando cinque motivi di cassazione.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensive nel presente grado di giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente censura la decisione della Corte di Appello di Napoli: (i) col primo motivo, per violazione di legge, avendo la Corte di Appello rigettato la domanda del richiedente “sulla sola scorta del criterio della credibilità soggettiva” e avendo “escluso la protezione internazionale senza tuttavia procedere ad alcun accertamento istruttorio che doveva essere compiuto”; (ii) col secondo motivo, per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, avendo la Corte di Appello omesso di considerare il profilo di rischio di danno grave in relazione all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b); (iii) col terzo motivo, per violazione di legge, avendo la Corte di Appello escluso la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 14, lett. b) sulla “sola scorta del criterio della credibilità soggettiva del S.”; (iv) col quarto motivo, per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, non avendo la Corte di Appello preso in considerazione il fatto delle “violenze e torture già subite in carcere in Libia”; (v) col quinto motivo, per violazione di legge, non avendo ravvisato la Corte di Appello la sussistenza, nel caso concreto, dei seri motivi di carattere umanitario di cui all’art. 5, comma 6 t.u.i.

5.- Il primo motivo è inammissibile.

Esso non si confronta – va notato anzitutto – con una delle (autonome) rationes decidendi svolte dalla sentenza impugnata, per cui le ragioni dell’espatrio del richiedente sono derivate da una lite di carattere solo privata, oggettivamente non idonea a integrare i presupposti specificamente stabiliti dalla legge per il riconoscimento della protezione internazionale.

D’altro canto – va notato altresì -, il ricorrente non evidenza ragioni atte a mettere in dubbio ragionevolezza e plausibilità della valutazione di non credibilità, per genericità e approssimatività, del racconto svolto dal richiedente (per la natura di apprezzamento di fatto della valutazione di credibilità v. Cass., 30 ottobre 2018, n. 27503).

6.- Il secondo e il terzo motivo, entrambi relativi alla protezione sussidiaria e suscettibili di esame unitario, non meritano di essere accolti ex art. 360 bis c.p.c.

L’orientamento della giurisprudenza di questa Corte ritiene che “la riferibilità soggettiva e individuale del rischio di subire persecuzioni o danni gravi rappresenta un elemento costitutivo del rifugio politico e della protezione sussidiaria dell’art. 14, ex lett. a) e b) escluso il quale dal punto di vista dell’attendibilità soggettiva, non può riconoscersi il relativo status” (Cass., 17 giugno 2018, n. 16925; Cass., 24 maggio 2019, n. 14283).

7.- Il quarto e il quinto motivo, entrambi inerenti alla protezione umanitaria e suscettibili di esame unitario, sono inammissibili.

Il ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia dato tratto alle “violenze e torture già subite in carcere in Libia” che egli ha lamentato.

Si deve peraltro osservare che il ricorrente non è andato al di là di questa (mera) affermazione, che – come tale – difetta all’evidenza di ogni specificità. Così nulla ha indicato, o anche solo accennato, in punto di elementi materiali delle violenze e torture che si affermano subite. Come pure nulla ha segnalato in relazione agli effetti che una simile (e incognita) fattispecie avrebbe prodotto sulla persona del richiedente e sulla situazione di vulnerabilità che ne sarebbe nel caso conseguita.

Si tratta, in altri termini, di un’allegazione formulata in termini così vaghi e generici da risultare del tutto astratta dalla fattispecie concreta a cui pure pretende di fare riferimento.

8.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

9.- Deve darsi atto che sussistono, nella fattispecie, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, secondo la disposizione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige del giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass., n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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