Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2373 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/01/2017, (ud. 01/12/2016, dep.31/01/2017),  n. 2373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12556/2015 proposto da:

FENICIA SpA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA OSLAVIA 12, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO RANCHETTI, rappresentata e difesa

dall’avvocato SALVATORE GALIOTO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CUNFIDA 20,

presso lo studio dell’avvocato MONICA BATTAGLIA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato MASSIMO GRATTAROLA, giusta mandato

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1103/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 1 dicembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 9 gennaio 2015 la Corte di Appello di Torino dichiarava inammissibile – perchè tardivo – il gravame interposto da C.A. nei confronti della Fenicia s.p.a. ed avverso la decisione del Tribunale di Alessandria che aveva accolto in parte l’opposizione a precetto proposta dalla società; compensava, quindi, tra le parti le spese del grado.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Fenicia s.p.a. affidato ad un unico motivo.

La C. resiste con controricorso.

Con l’unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per aver la Corte territoriale erroneamente disposto la compensazione delle spese del giudizio di appello pur non ricorrendo alcuna delle ipotesi previste alternativamente per disporla, ovvero la soccombenza reciproca o la presenza di gravi ed eccezionali ragioni.

Il motivo è fondato.

In tema di spese giudiziali le “gravi ed eccezionali ragioni” in presenza delle quali il testo dell’art. 92 c.p.c. – nella formulazione introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, a decorrere dal 4 luglio 2009, applicabile, ai sensi art. 58, comma 1 della medesima legge, ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore e, quindi, al caso all’esame ratione temporis (ricorso di primo grado iniziato nel 2012) – consentiva (la norma, infatti, ha registrato una ulteriore novella ad opera del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, conv. in L. 10 novembre 2014, n. 162) la compensazione delle spese in assenza di reciproca soccombenza, devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa (cfr. Cass. 11 luglio 2014, n. 16037) da indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza, senza che, ad esempio, possa darsi meramente rilievo alla “natura dell’impugnazione”, o alla “riduzione della domanda in sede decisoria”, ovvero alla “contumacia della controparte”, permanendo in tali casi la sostanziale soccombenza di quest’ultima, che deve essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese (cfr. Cass. 19 ottobre 2015, n. 21083; si veda anche Cass. 27 gennaio 2016, n. 1521).

Diversamente – come già affermato da questa Corte con riguardo all’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione anteriore a quella introdotta dalla L. n. 69 del 2009- la compensazione delle spese si tradurrebbe, in specie ove l’importo delle spese sia prossimo a quello del danno economico che la parte abbia inteso evitare facendo valere innanzi al giudice un proprio diritto, in una sostanziale soccombenza di fatto della parte vittoriosa, con lesione del diritto di agire in giudizio e di difendersi e art. 24 Cost. (cfr. Cass. 20188/2013, che richiama Cass. 10 giugno 2011, n. 12893).

Orbene, nella specie, “La condizione soggettiva della parte, e la presenza di valide ragioni di merito a sostegno) dell’impugnazione proposta….” che hanno indotto la Corte di appello a compensare integralmente le spese del grado non valgono ad integrare quelle “..gravi ed eccezionali ragioni..” richieste dalla norma e sono del tutto incoerenti con il tenore della decisione. Peraltro, “la condizione soggettiva della parte..” senza alcuna ulteriore indicazione risulta essere una mera clausola di stile, così come del tutto apodittica è l’affermazione “..la presenza di valide ragioni di merito a sostegno dell’impugnazione..” in assenza di qualsivoglia riferimento ai motivi di appello nella sentenza e, peraltro, stante la natura della pronuncia fondata unicamente su ragioni processuali (per un caso analogo cfr. Cass. 19 novembre 2014, n. 24634).

Per tutto quanto sopra considerato, si propone l’accoglimento del ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza limitatamente alla statuizione sulle spese con rinvio ad altro giudice o – se il Collegio lo riterrà – con decisione nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto; il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienZa in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente la sopra riportata relazione e, pertanto, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza limitatamente alla statuizione in ordine alle spese e decide nel merito – ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – condannando C.A. alle spese relative al grado di appello liquidate in Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, condanna C.A. alle spese relative al grado di appello, liquidate in Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%; condanna la C. alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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