Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2373 del 04/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2373 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

ORDINANZA
sul ricorso 2391-2012 proposto da:
DI STAZIO LUIGI DSTLGU32D09H501M, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA BERNARDINO TELESIO 26, presso lo studio dell’avvocato
MAZZA LEONARDO, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al
ricorso;

– ricorrente contro
EQUITALIA SUD SPA 00410080584 (già Equitalia Gerit SpA) – Società soggetta
all’attività di direzione e coordinamento di Equitalia SpA – Agente della
Riscossione per la Provincia di Roma in persrona del Responsabile Contenzioso
Esattoriale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62,
presso lo studio dell’avvocato CARLETTI DONATELLA, che la rappresenta e
difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 04/02/2014

avverso la sentenza n. 1301/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA
dell’1.3.2011, depositata il 28/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA AMBROSIO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO BASILE.

2

Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
«1. Con sentenza n. 111/2007 il Tribunale di Roma, in accoglimento delle
domande di Luigi Di Stazio nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena,
quale concessionario del servizio riscossione tributi del Comune di Roma (poi
Equitalia Gerit e ora Equitalia Sud s.p.a.), dichiarava l’illegittimità dell’iscrizione al

la cancellazione e condannava parte convenuta al risarcimento dei danni nella
misura di € 1.381,25.
Con sentenza n. 1301/2011 la Corte di appello di Roma rigettava l’appello
proposto da Luigi di Stazio volto ad ottenere il pagamento della maggior somma
di € 15.000.000 a titolo di risarcimento danni o il diverso importo ritenuto di
giustizia, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali.
2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione Luigi Di Stazio
formulando due motivi.
Equitalia Sud s.p.a. ha resistito con controricorso.
3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt.
376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato.
4. Con i motivi di ricorso si denuncia: a) violazione di norme di diritto: art. 51
cod. proc. civ. (art. 360 n.3 cod. proc. civ.); b) violazione o falsa applicazione di
ogni norma e principio in materia di valutazione equitativa del danno e di elementi
di diretta conoscenza del giudice; omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 nn. 3 e 5
cod. proc. civ.).
4.1. Il primo motivo è manifestamente infondato, alla luce della consolidata
giurisprudenza, secondo cui l’inosservanza dell’obbligo di astensione di cui all’art.
51, n. 1, cod. proc. civ. determina la nullità del provvedimento emesso solo
nell’ipotesi in cui il componente dell’organo decidente abbia un interesse proprio e
diretto nella causa, tale da porlo nella qualità di parte del procedimento; mentre in

Rel. dtJA.

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3

PRA di Roma del fermo amministrativo di autoveicolo dell’attore, disponendone

ogni altra ipotesi la violazione dell’obbligo di astensione assume rilievo solo quale
motivo di ricusazione, rimanendo esclusa, in difetto della relativa istanza, qualsiasi
incidenza sulla regolare costituzione dell’organo decidente e sulla validità della
decisione, con la conseguenza che la mancata proposizione di detta istanza nei
termini e con le modalità di legge preclude la possibilità di far valere tale vizio in
sede di impugnazione, quale motivo di nullità del provvedimento (Cass. 31 marzo

A tacere del fatto che l’avere provveduto ad emettere un provvedimento
cautelare in corso di causa neanche costituisce un’ipotesi sufficientemente
assimilabile, sotto il profilo dell’incompatibilità, alla trattazione della causa in un
altro grado del giudizio.
4.2. Il secondo motivo di ricorso — al limite dell’inammissibilità — investe
valutazioni di stretto merito ed è eccentrico rispetto alla statuizione impugnata,
laddove evidenzia il difetto sia della prova, sia delle allegazioni difensive nel primo
grado del giudizio, nonchè l’inammissibilità delle deduzioni e documenti introdotti
per la prima volta in appello.
La decisione impugnata non presenta evidenti aporie di ragionamento che,
sole, possono indurre a ritenere sussistente il vizio di assenza, contraddittorietà o
illogicità di motivazione; né le deduzioni del ricorrente rivelano la denunciata
violazione «di ogni norma e principio in materia di valutazione equitativa del danno».»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il
Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria che non hanno evidenziato
profili tali da condurre ad una decisione diversa da quella prospettata nella
relazione – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei
parametri di cui al D.M. n. 140/2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Rel.

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2011, n. 7545; Cass. 27 maggio 2009, n. 12263).

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese
del giudizio di cassazione, liquidate in € 2.200,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre
accessori come per legge.

Roma 5 dicembre 2013

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