Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23729 del 14/11/2011

Cassazione civile sez. III, 14/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 14/11/2011), n.23729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25456-2009 proposto da:

R.N. (OMISSIS), M.L.T.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, V. LUCIO

PAPIRIO 83, presso lo studio dell’avvocato AVITABILE ANTONIO, che li

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELLA SALUTE,

MINISTERO DELLA ISTRUZIONE E RICERCA, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE

FINANZE in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli

Uffici dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per

legge;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4460/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/11/2008, R.G.N. 609/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato ANTONIO AVITABILE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con citazione notificata il 19 aprile 2002, R.N. e M.L.T., adducendo di essere medici specializzati e di avere frequentato i relativi corsi di specializzazione nel periodo 1987/1995, convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero del tesoro, il Ministero della sanità ed il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e chiedevano la condanna delle Amministrazioni convenute al pagamento della adeguata remunerazione per il periodo di frequenza della scuola di specializzazione post- laurea nonchè al risarcimento del danno patito in virtù del mancato riconoscimento del titolo giuste disposizioni comunitarie; in via alternativa, la condanna al risarcimento dei danni subiti per l’omesso recepimento nei loro confronti delle Direttive comunitarie 362-363/75 e 82/76, in materia di formazione di medici specializzandi, consistenti nella mancata corresponsione delle somme previste a titolo di borsa di studio, oltrechè nella mancata attribuzione dei punteggi superiori nel conseguimento del titolo;

danni che, per l’omessa corresponsione della borsa di studio, determinavano nella somma di L. 21.500.000, ovvero in quella maggiore o minore di giustizia, per ogni anno di corso di specializzazione e per ciascun corso frequentato, oltre accessori; per quanto riguardava l’omessa attribuzione di punteggi, richiedevano nella misura da determinarsi ex art. 1226 c.c., oltre accessori; in via subordinata, agivano per arricchimento senza causa.

1.1.- Si costituivano in primo grado tutte le Amministrazioni convenute ed eccepivano la prescrizione dei diritti vantati dagli attori; contestavano inoltre nel merito la fondatezza della domanda.

2.- Con sentenza del 12 gennaio 2004 il Tribunale di Roma accoglieva l’eccezione di prescrizione e respingeva le domande, con compensazione delle spese di lite.

3.- La sentenza veniva appellata davanti alla Corte d’Appello di Roma da entrambi gli attori soccombenti, che ribadivano le domande già proposte in primo grado.

3.1.- La Corte d’Appello, con sentenza del 4 novembre 2008, ha rigettato l’appello, confermando l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione.

4.- Contro questa sentenza R.N. e M.L.T. propongono ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, assistito da quesito di diritto; la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’economia e delle finanze resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico articolato motivo si denuncia “violazione e falsa e/o erronea applicazione dell’art. 2043 c.c, nonchè art. 2943 e ss.

c.c.”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Vi si deduce l’erroneità della pronuncia della Corte territoriale, che ha qualificato l’azione proposta dagli appellanti come volta ad ottenere il risarcimento del danno in conseguenza dell’affermazione di responsabilità dello Stato italiano per mancata attuazione di direttiva comunitaria non auto esecutiva e, ritenendo applicabile la norma dell’art. 2043 cod. civ., ha applicato la prescrizione quinquennale ex art. 2947 cod. civ., con decorrenza dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 257 del 1991.

I ricorrenti argomentano attenendosi alla ricostruzione operata dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 9147 del 17 aprile 2009, della quale riportano la parte centrale della motivazione, deducendo in punto di applicabilità dei relativi principi di diritto sia nei confronti del dottor M. che nei confronti della dottoressa R..

1.2.- Quanto al termine di decorrenza della prescrizione decennale – così ritenuta appunto dalla citata sentenza delle Sezioni Unite- deducono che sarebbe da escluderne la decorrenza nei confronti del primo dei predetti ricorrenti, poichè conseguì il diploma di specializzazione nell’anno 1995 (ed agì in giudizio nell’anno 2002);

tuttavia, si dovrebbe concludere negli stessi termini anche nei confronti della dottoressa R., poichè la decorrenza della prescrizione dovrebbe essere fissata, non alla data indicata dalla Corte d’Appello di Roma, bensì alla data del 25 febbraio 1999, avendo la Corte di Giustizia, con sentenza emessa in tale data, riconosciuto per la prima volta il diritto de quo, che pertanto soltanto da tale data avrebbe potuto essere fatto valere.

2.- Le Amministrazioni intimate hanno addotto una serie di argomenti onde provocare un “ripensamento” circa la costruzione della figura di obbligazione ex lege operata dalle Sezioni Unite.

Le argomentazioni addotte dai controricorrenti non appaiono idonee a supportare alcun mutamente di tale, recente, condivisa giurisprudenza.

Va pertanto ribadito il seguente principio di diritto: “In caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi) sorge, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto – anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria – allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere qualificata come antigiuridica nell’ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell’ordinamento interno. Ne consegue che il relativo risarcimento, avente natura di credito di valore, non è subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa e deve essere determinato, con i mezzi offerti dall’ordinamento interno, in modo da assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita in ragione del ritardo oggettivamente apprezzabile, restando assoggettata la pretesa risarcitoria, in quanto diretta all’adempimento di una obbligazione ex lege riconducibile all’area della, responsabilità contrattuale, all’ordinario termine decennale di prescrizione”.

3.- Quanto alla decorrenza della prescrizione, le Amministrazioni controricorrenti sostengono che il relativo termine si debba individuare, ai sensi dell’art. 2935 cod. civ., nella data di completamento di ciascuno degli anni di corso frequentati dai ricorrenti, poichè sarebbe stata tale frequenza ad attribuire loro il diritto alla remunerazione qualora lo Stato avesse tempestivamente recepito la direttiva. In subordine, sempre secondo i controricorrenti, la prescrizione dovrebbe decorrere a partire dal 1991, anno in cui, con l’adozione del D.Lgs. n. 257, che non era retroattivo, l’inadempimento dello Stato si sarebbe definitivamente consolidato.

3.1.- Entrambe le argomentazioni risultano prive di pregio. Questa Corte, con le recenti sentenze nn. 10813, 10814, 10815, 10816 del 2011, ha difatti collocato il dies a quo della prescrizione del diritto al risarcimento azionato dai medici specializzandi alla data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, ritenendo legittima l’inerzia precedente a tale data da parte degli aventi diritto. Il collegio non ha motivo per discostarsi da tale giurisprudenza e ribadisce il seguente principio di diritto: “A seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 251 – è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991. La lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 21 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11”.

4.- Il ricorso va accolto e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto di cui sopra.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011

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