Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23729 del 10/10/2017

Cassazione civile, sez. VI, 10/10/2017, (ud. 15/06/2017, dep.10/10/2017),  n. 23729

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19279-2016 proposto da:

P.C., P.S., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DI RIPETTA, 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LoTTI,

che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AUGUSTO)

IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato GUIDO MARIA POTTINO,

che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli

avvocati NICOLA RIDOTTI e CHIARA RIDOLFI;

– controricorrente –

nonchè contro

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO

IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato GUIDO MARIA POTTINO,

che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli

avvocati NICOLA RIDOLFI e CHIARA RIDOLFI;

– controricorrente –

nonchè contro

VERONICA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO MARIA POTTINO, che la

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati

NICOLA RIDOLFI e CHIARA RIDOLFI;

– contro ricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di RIMINI, depositata il

06/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/06/2017 dal Consigliere Dott. RUBINO LINA.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

S. e P.C. propongono ricorso per cassazione articolato in tre motivi avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione del tribunale di Rimini adottato in data 6.6.2016, nei confronti di M.M., M.E. e Veronica s.r.l., i quali resistono con distinti benchè identici controricorsi.

Questa la vicenda: intrapresa una esecuzione immobiliare da M.M., quale legale rappresentante della Veronica s.r.l., nei confronti di P.S. e C. e di Pr.Lu., i debitori presentavano istanza di conversione del pignoramento; dopo il deposito di tale istanza, interveniva la M. per un cospicuo credito proprio; gli esecutati proponevano opposizione al provvedimento di conversione che teneva conto come tempestivo del credito della creditrice intervenuta nel determinare l’importo dovuto ai fini della conversione del pignoramento; il giudice dell’esecuzione, a definizione della fase sommaria, emetteva un provvedimento con il quale dichiarava inammissibile in quanto tardiva l’opposizione agli atti esecutivi, senza fissare un termine per l’inizio della fase di merito. Avverso questo provvedimento propongono ricorso per cassazione gli esecutati.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., su proposta del relatore, in quanto ritenuto inammissibile.

Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, preso atto delle argomentazioni contenute nella memoria del ricorrente, ritiene di condividere la soluzione proposta dal relatore.

Infatti, in applicazione di un principio di diritto ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, in tema di opposizione agli atti esecutivi, nel regime dell’art. 618 c.p.c., comma 2, l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione provvede a definire la fase sommaria, concedendo (o meno) i provvedimenti di cui al primo inciso del citato comma omettendo di fissare il termine perentorio per l’iscrizione a ruolo della causa di merito, non è impugnabile con il ricorso straordinario previsto dall’art. 111 Cost., comma 7, essendo priva del carattere della definitività. Infatti, l’iscrizione della causa a ruolo ai fini della prosecuzione dell’opposizione ex art. 617 c.p.c., con la cognizione piena è ammissibile anche a prescindere dalla fissazione del predetto termine e, comunque, di esso può essere chiesta la fissazione al giudice dell’esecuzione, con istanza da proporsi ai sensi dell’art. 289 del codice di rito (Cass. n. 25064 del 2015; in termini, Cass. n. 3082 del 2017).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Tuttavia, in considerazione del fatto che la linea difensiva adottata per i tre controricorrenti è identica, e identici sono i controricorsi, questa Corte ritiene di procedere ad una liquidazione unitaria delle spese processuali loro dovute, in applicazione del principio di diritto fissato da Cass. n. 17215 del 2015, secondo il quale: “In tema di liquidazione delle spese del giudizio, in caso di difesa di più parti aventi identica posizione processuale e costituite con lo stesso avvocato, è dovuto un compenso unico secondo i criteri fissati dal D.M. n. 55 del 2014, artt. 4 e 8 (salva la possibilità di aumento nelle percentuali indicate dalla prima delle disposizioni citate), senza che rilevi la circostanza che il comune difensore abbia presentato distinti atti difensivi (D.M. cit. art. 4), nè che le predette parti abbiano nominato, ognuna, anche altro (diverso) legale, in quanto la “ratio” della disposizione di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 8, comma 1, è quella di fare carico al soccombente solo delle spese nella misura della più concentrata attività difensiva quanto a numero di avvocati, in conformità con il principio della non debenza delle spese superflue, desumibile dall’art. 92 c.p.c., comma 1″.

Nell’esercizio della facoltà sopra prevista, di dimensionare la liquidazione delle spese legali all’attività effettivamente svolta, si ritiene quindi di compiere un’unica liquidazione delle spese in favore dei tre controricorrenti, avendo essi svolto una difesa sostanzialmente unitaria.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza della ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Pone a carico dei ricorrenti le spese di lite sostenute dai controricorrenti e le liquida in complessivi Euro 10.200,00, oltre 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, il 15 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2017

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