Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23725 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. I, 24/09/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 24/09/2019), n.23725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28007/2018 proposto da:

S.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via della Giuliana

32, presso lo studio dell’avvocato Antonio Gregorace che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari del 20-3-2018;

udita la relazione della causa svolta in Camera di consiglio dal

Cons. Dott. FRANCESCO TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

S.C. ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della corte d’appello di Cagliari che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale;

il ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione di non precisate norme di diritto in relazione alle dichiarazioni rese a al loro supporto probatorio;

il motivo è inammissibile poichè calibrato su omissioni asseritamente commesse dal giudice di primo grado, quando invece è ovvio che ai fini del ricorso per cassazione interessa esclusivamente la statuizione d’appello, destinata a sostituire la prima;

col secondo mezzo (violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14) si censura la sentenza per non aver ritenuto esistente in particolare l’ipotesi di cui alla lett. b) della citata norma, visto che un eventuale rientro del ricorrente in patria (Gambia) lo esporrebbe al rischio di una pena da considerarsi inumana;

il motivo è inammissibile per genericità, poichè nè dalla sentenza, nè dal ricorso emerge in qual senso e in ragione di quale specifica circostanza di fatto sarebbe stata dedotta l’esposizione a un tale rischio di detenzione e di sottoposizione a procedimento penale: il ricorrente invero, per quanto dallo stesso ricorso si evince, aveva dedotto di esser fuggito dal Gambia dopo aver subito un’aggressione e un furto di bestiame, e dunque per paura di subire nuove violenze di matrice privata (oltre che per ragioni economiche); col terzo mezzo (errata applicazione dell’art. 5 T.U. imm.) si censura la sentenza per avere escluso i presupposti della protezione umanitaria non considerando il grado di integrazione sociale e di iniziale scolarizzazione in Italia;

il terzo motivo è inammissibile, poichè totalmente privo di autosufficienza;

la corte d’appello ha negato la protezione umanitaria poichè essa era stata invocata sulla base delle medesime allegazioni (non personalizzate) poste a base della domanda di protezione sussidiaria; dunque l’ha negata per un difetto di allegazione di condizioni specifiche di vulnerabilità soggettiva;

era dunque onere del ricorrente indicare innanzi tutto a quale specifica condizione di vulnerabilità era stata associata la domanda di protezione umanitaria, e in quale contesto e momento processuale – e in base a quale emergenza – erano stati allegati fatti specifici da ulteriormente valutare a questo riguardo;

tale onere non risulta adempiuto, non evincendosi dal ricorso neppure se effettivamente sia stata mai allegata una situazione di integrazione purchessia, atteso che a una simile situazione la sentenza invero non fa cenno;

tanto consente di decidere la causa senza attendere l’esito della recente rimessione alle sezioni unite della questione attinente al regime di applicazione intertemporale del sopravvenuto D.L. n. 113 del 2018;

la declaratoria di inammissibilità del ricorso implica in sè doversi dare atto dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (Cass. n. 9660-19).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

Sommario

IntestazioneFattoDirittoP.Q.M.

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