Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23724 del 01/09/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/09/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 01/09/2021), n.23724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29423-2017 proposto da:

A.E., eleltivamente domiciliato in ROMA, VIALE UMBERTO

TJPINI 113, presso lo studio dell’avvocato NICOLA CORBO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO SPANO;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso

lo studio dell’avvocato ROSSANA CLAVELLI, DELL’AREA LEGALE

TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LUIGI GIACOMO TOMMASO ZUCCARINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 114/2017 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 26/05/2017 R.G.N. 139/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2020 dal Consigliere Dott. BOGHETICH ELENA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte di Appello di Campobasso con sentenza n. 114 del 26.5.2017 ha accolto l’appello proposto da Poste italiane avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva respinto l’opposizione all’atto di precetto con cui A.E. – in esecuzione della sentenza n. 245 del 2005 della Corte di appello – aveva intimato alla società di pagare Euro 32.956,37 a titolo di differenze retributive.

2. La Corte territoriale, anche sulla base della consulenza tecnica contabile espletata in secondo grado, ha ritenuto che il credito vantato dall’ A. era pari a Euro 34.439,72, in quanto dalla complessiva somma elaborata dal c.t.u. (pari a Euro 39.437,00) dovevano essere detratte le somme calcolate a titolo di c.d. PED e di festività non godute (nonché ricalcolati gli interessi) non essendo stati provati gli elementi costitutivi di dette voci retributive; tenuto conto dei “pagamenti già ricevuti” dall’ A. e computati dal consulente tecnico d’ufficio (pagamenti effettuati anche in esecuzione della sentenza di primo grado, appellata), la Corte territoriale ha ritenuto che nessun altro credito vantava l’ A..

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso A.E. sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, al quale ha opposto difese Poste Italiane s.p.a. con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con tutti e tre i motivi il ricorrente denunzia nullità della sentenza e violazione degli artt. 99,101,112,132,474 e 651 c.p.c., art. 111 Cost. (ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4), contenendo, la sentenza impugnata, una motivazione incomprensibile, priva di iter logico, anche con riguardo al disaccordo manifestato rispetto alle conclusioni del c.t.u.. L’accertamento della inesistenza di un credito dell’ A. – in astratto consacrato nella sentenza passata in giudicato della Corte di appello (n. 245 del 2005) – viene dedotto da un conteggio che include anche il pagamento effettuato nel maggio 2015, in esecuzione della sentenza di primo grado che ha respinto l’opposizione a precetto proposta da Poste Italiane: insomma, la sentenza impugnata, pur ritenendo fondato il credito dell’ A. (azionato con il precetto e considerato, dal c.t.u., quale posta debitoria a carico della società) ha affermato, in dispositivo, l’accoglimento dell’appello proposto dalle Poste Italiane e l’insussistenza del diritto dell’Angiolillo, avendo considerato quale fatto estintivo dell’obbligazione, il pagamento effettuato dalla società in esecuzione della sentenza di primo grado (peraltro riformata).

2. Il ricorso merita accoglimento.

In ordine al contrasto tra formulazione letterale del dispositivo (di rigetto della domanda) e pronunzia adottata in motivazione (di accoglimento), questa Corte ha precisato che “il contrasto tra motivazione e dispositivo che da luogo alla nullità della sentenza si deve ritenere configurabile solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. Una tale ipotesi non è ravvisabile nel caso in cui il detto contrasto sia chiaramente riconducibile a semplice errore materiale, il quale trova rimedio nel procedimento di correzione al di fuori del sistema delle impugnazioni – distinguendosi, quindi, sia dall’errar in indicando deducibile ex art. 360 c.p.c., sia dall’errore di fatto revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4, – ed è quello che si risolve in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza, e che, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza” (Cass. n. 10129 del 1999, Cass. 17392 del 2004; Cass. n. 16488 del 2006, n. 22433 del 2017 e n. 5939 del 2018).

3. Tali essendo i principi giurisprudenziali in materia, rileva il Collegio che nel caso di specie la lettura della motivazione della sentenza impugnata non consente di affermare con assoluta certezza quale sia stato il contenuto essenziale del decisum, che appare equivoco, posto che la Corte territoriale in dispositivo riforma la sentenza di primo grado e accoglie l’appello di Poste Italiane, accertando che la società non ha alcun debito nei confronti dell’ A. (ma senza assumere alcuna statuizione sulla domanda, espressamente avanzata dalla società, di condanna alla ripetizione di quanto pagato, nel 2015, in esecuzione della sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva e, per l’appunto, appellata), mentre in motivazione sostanzialmente (salvo alcune voci retributive) aderisce ai conteggi elaborati dal c.t.u. che ha ritenuto sussistente un credito dell’ A. (pari a Euro 39.437,00 lordi); credito che, peraltro, la Corte territoriale ritiene quasi totalmente estinto a seguito dell’esecuzione, da parte di Poste Italiane, della sentenza di primo grado, sentenza che, invece, viene riformata in dispositivo.

Non è chiaro, dunque, se la Corte territoriale – facendo una equivoca ricognizione dei pagamenti effettuati dalla società Poste Italiane – abbia accertato un credito a favore dell’ A..

4. In conclusione, le censure prospettate dal ricorrente vanno accolte e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Campobasso che rivaluterà la vicenda processuale e provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Campobasso, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2021

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