Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23721 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. I, 28/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 28/10/2020), n.23721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26842/2018 proposto da:

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

T.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso

la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Cinzia Marsili;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 67/2018 della Corte d’appello di Trento

depositata il 16/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/9/2020 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. il Tribunale di Trento rigettava il ricorso proposto da T.M., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte d’appello di Trento, con sentenza del 16 marzo 2018, accoglieva parzialmente il ricorso presentato da T.M. ravvisando l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento in suo favore della protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’Interno prospettando un unico motivo di doglianza, al quale ha resistito con controricorso T.M., proponendo a sua volta un motivo di ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 il ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, T.U.I., poichè la Corte d’appello avrebbe erroneamente concesso la protezione umanitaria senza accertare l’esistenza di esigenze specificamente riferibili alla persona dell’appellante, limitandosi a compiere affermazioni generiche;

4.2 il motivo è inammissibile;

la Corte di merito, all’esito del giudizio di credibilità espresso rispetto alle dichiarazioni del migrante, ha ritenuto (a pag. 13) che nella regione di provenienza del migrante esistesse “una situazione di forte conflitto tra l’autorità centrale del Bangladesh e le popolazione contadine della zona, minacciate di vedersi togliere i campi, unica loro fonte di reddito…”; “in sostanza a ragione di queste tensioni politiche e sociali, manifestazioni e sommosse possono aver luogo in qualsiasi momento con contestuali atti di violenza, blocchi stradali, scontri con la polizia”;

in considerazione di una simile situazione la Corte distrettuale ha reputato (a pag. 15) che “l’appellante, se rimpatriato, potrebbe in effetti correre il serio rischio di vedere lesi i diritti fondament(al)i della persona, trovandosi suo malgrado coinvolto nei disordini che frequentemente pare affliggano la zona”;

la critica in esame fa riferimento, in esordio, a “difficoltà familiari (originate da problemi sentimentali)” che nulla hanno a che vedere con la fattispecie presa in esame dal provvedimento impugnato, quindi denuncia l’omesso accertamento di “esigenze umanitarie specificamente riferibili alla persona dell’appellante”, nonostante il provvedimento impugnato faccia esplicito riferimento alla situazione personale del migrante e ad esigenze riconnesse all’esercizio dei suoi diritti fondamentali;

la censura dunque, laddove stigmatizza la valorizzazione di esigenze umanitarie generiche e non specifiche del migrante, prescinde dal contenuto della statuizione della Corte distrettuale e non si confronta con esso, rimanendone di conseguenza inficiata per mancanza del requisito di riferibilità alla decisione impugnata, che il ricorso per cassazione deve necessariamente avere;

5.1 il motivo di ricorso incidentale, dal canto suo, lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di indagare, senza dare conto delle emergenze rinvenibili in copiosa letteratura e nei report internazionali, sulle condizioni di pericolo esistenti in Bangladesh, ove vi sarebbe un regime dittatoriale che pratica una violenza diffusa e indiscriminata, gli oppositori politici sarebbero sottoposti a tortura e a trattamenti inumani, sarebbe applicata una legislazione di emergenza anche per reati di tipo comune, attraverso corti speciali, e si effettuerebbero trattamenti disumani in carcere e presso le forze di polizia;

5.2 il motivo è fondato;

ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018);

il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve perciò essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. 13449/2019);

a fronte del dovere del richiedente asilo di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche della regione di provenienza del medesimo doveva quindi avvenire, anche mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si disponeva pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; la Corte di merito non poteva invece limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui venivano tratte le conclusioni assunte (Cass. 13897/2019);

la Corte distrettuale non si è ispirata a simili criteri quando, dopo aver registrato che “le informative assunte in questa causa sulla regione di provenienza sono del tutto compatibili con la narrazione del ricorrente”, ha concluso “che in una situazione siffatta… non appare integrata una situazione paragonabile alla guerra civile, o di diffusa violenza indiscriminata e di frequenti scontri tale da mettere in pericolo la situazione personale del ricorrente; trattasi infatti di una episodica controversia tra la popolazione contadina e l’Autorità specificamente correlata ad una questione attinente all’espropriazione dei campi che di per sè non pare idonea a ipotizzare il rischio concreto che il ricorrente, una volta rimpatriato, possa incorrere nei danni in particolare descritti del citato art. 14, lett. c)”;

una simile valutazione è censurabile sotto un duplice profilo;

innanzitutto, la citazione delle informazioni internazionali consultate è stata compiuta in maniera del tutto generica e senza un’espressa citazione di alcuna fonte di riferimento, rimanendo così precluso alle parti il controllo del loro specifico contenuto e della loro attualità;

peraltro, la Corte di merito, a seguito della verifica della credibilità delle dichiarazioni del migrante e in considerazione del loro tenore (dato che questi aveva raccontato non solo degli scontri avvenuti fra popolazione contadina e le autorità di sicurezza, ma anche della successiva esecuzione di arresti e della presentazione di una denuncia nei suoi confronti), era chiamata a verificare la sussistenza di un pericolo per il richiedente asilo di subire un danno grave a causa del ricorrere di tutte le ipotesi previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, senza limitare la propria indagine alla sola evenienza prevista dalla lett. c) della norma;

6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso principale va pertanto respinto;

la sentenza impugnata andrà invece cassata in accoglimento del ricorso incidentale, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Trento in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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