Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23721 del 22/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 22/11/2016, (ud. 27/09/2016, dep. 22/11/2016), n.23721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25148/2013 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio p.t., DIPARTIMENTO PROTEZIONE CIVILE, in persona del Capo

Dipartimento p.t., COMMISSARIO DELEGATO SOGGETTO ATTUATORE EX OPCM

3920/2011, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende per legge;

– ricorrenti –

contro

COMUNE FRATTAMAGGIORE, SOCIETA’ ITALIANA CAUZIONI;

– intimati –

nonchè da:

COMUNE FRATTAMAGGIORE, in persona del Sindaco Dott. R.F.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA 76 (STUDIO

SELVAGGI), presso lo studio dell’avvocato PAOLO EMILIO PAGANO, che

lo rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso

e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

ATRADIUS CREDIT INSURANCE N.V. quale conferitaria di SOCIETA’

ITALIANA CAUZIONI, in persona del suo rappresentante sig.

D.G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DORA 2, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCO SAVERIO MARTORANO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FEDERICO MARTORANO

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, DIPARTIMENTO PROTEZIONE

CIVILE, COMMISSARIO DELEGATO SOGGETTO ATTUATORE EX OPCM 3920/2011;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2832/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato PAOLO EMILIO PAGANO;

udito l’Avvocato MARTORANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e

per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso

incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza resa pubblica il 2 agosto 2012, la Corte di appello di Napoli accoglieva parzialmente l’impugnazione principale proposta dalla Società Italiana Cauzioni (SIC) avverso le sentenze, non definitiva e definitiva, emesse (rispettivamente, il 17 gennaio 2003 ed il 4 agosto 2006) dal Tribunale della medesima Città nella causa promossa dalla stessa SIC contro il Comune di Frattamaggiore, per ottenere in restituzione la maggiore somma corrisposta (a titolo di rivalutazione monetaria) a seguito dell’attivazione di prestata polizza fideiussoria; il quale Comune, a sua volta, aveva chiamato in causa, a titolo di manieva, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione civile.

1.1. – In particolare, il giudice di secondo grado condannava il Comune convenuto al pagamento, in favore della SIC, “anche del maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2, in misura corrispondente alla differenza tra le somme liquidate nella sentenza n. 265/2006 a titolo di interessi al tasso legale e quelle calcolate (sulla stessa sorte capitale e con la stessa decorrenza indicate in sentenza e nella c.t.u. di primo grado, allegato D) sulla scorta del corrispondente saggio annuale medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi”.

Inoltre, “in accoglimento del gravame incidentale”, proposto dal Comune di Frattamaggiore, la Corte di appello di Napoli condannava “la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civile, in persona del l.r.p.t., a rivalere il Comune di Frattamaggiore della maggiori somme che quest’ultimo dovrà versare per effetto della statuizione” che precede.

1.2. – Per quanto ancora rileva in questa sede, il giudice del gravame riteneva non provata la domanda di riconoscimento del maggior danno, ex art. 1224 c.c., comma 2, avanzata dalla SIC per mancata percezione di interessi bancari ad un saggio maggiore di quello legale, avendo la società prodotto tardivamente, solo in appello, gli estratti conto bancari a sostegno della pretesa, quale documentazione da non potersi comunque acquisire come indispensabile ai sensi dell’art. 345 c.p.c..

La Corte territoriale riteneva, invece, fondata la medesima pretesa “relativa alla mancata liquidazione in via equitativa e/o sulla scorta di altro parametro del dedotto maggior danno, comunque presumibile attesa anche la qualità di imprenditrice della parte istante”, non reputandola “domanda nuova formulata per la prima volta in appello”, bensì istanza “comunque ricompresa nella domanda di liquidazione del maggior danno sia pure originariamente fondata su di una specifica allegazione rimasta indimostrata”.

1.3. – La Corte di appello condannava, inoltre, la Presidenza del Consiglio dei ministri a rivalere il Comune di Frattamaggiore, appellante con gravame incidentale sul punto, delle maggiori somme che quest’ultimo era tenuto a versare alla SIC per effetto della anzidetta statuizione, “stante l’intervenuta definitività della sola statuizione sull’an del predetto diritto di rivalsa”, assumendo l’ammissibilità della proposta impugnazione incidentale tardiva, “a maggior ragione nel caso di specie in cui la misura dell’obbligazione per così dire “garantita” è stata messa in discussione dalla parte istante con potenziali ripercussioni sul soggetto convenuto, soccombente nei confronti della prima, ma vittorioso in rivalsa e, quindi, interessato a far valere quest’ultimo diritto nella sua interezza laddove soccombente sull’appello principale”.

2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, con unico atto, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Dipartimento della Protezione civile ed il Commissario delegato e soggetto attuatore ex OPCM 3920/2011, affidando le sori dell’impugnazione a due motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Frattamaggiore, il quale ha anche proposto ricorso incidentale tardivo sulla base di un solo motivo, al quale resiste con controricorso la Atradius Credit Insurance N.V., conferitaria del portafoglio della Società Italiana Cauzioni.

Il Comune di Frattamaggiore e la Atradius Credit Insurance hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal Comune di Frattamaggiore (ma integrante questione rilevabile anche d’ufficio), sul presupposto che l’impugnazione sarebbe stata proposta da soggetti che non sono stati parti dei giudizi di merito, nei quali ha partecipato soltanto la “Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della protezione civile” e non già la Presidenza del Consiglio dei ministri (senza alcuna specificazione), il Dipartimento della protezione civile ed il commissario delegato e soggetto attuatore ex OPCM 3920/2011.

Difatti, nè il Dipartimento della Protezione, nè il commissario delegato assumono, nella specie, la veste di soggetti a legittimazione autonoma, tale da elidere quella della Presidenza del Consiglio dei ministri, in capo alla quale deve, pertanto, ritenersi esistente il potere di impugnazione, siccome esercitato con il presente ricorso per cassazione.

Quanto al Dipartimento della protezione civile, esso è articolazione interna della stessa Presidenza del Consiglio dei ministri, giacchè istituito nell’ambito di quest’ultima ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 21.

Quanto al commissario delegato, esso (anche quando costituito nell’ambito dell’ente territoriale interessato dall’iniziativa) ha veste di organo straordinario, di cui il competente apparato statale, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della protezione civile, si avvale per lo svolgimento dei compiti di cui alla L. 24 febbraio 1992, n. 225, in materia di protezione civile. Gli atti assunti nell’esercizio delle funzioni delegate (anche se il delegato è, come nel caso di specie, dotato, rispetto al delegante, di indubbia autonomia amministrativa, ai sensi della citata L. n. 225 del 1992, art. 5) sono, pertanto, riferibili alla stessa Presidenza del Consiglio dei ministri, autorità che esercita nei confronti del commissario delegato attività di supervisione e di indirizzo (tra le altre, C. Stato, sez. 4, 28 aprile 2004, n. 2576; TAR Lazio, 18 ottobre 2012, n. 8598; Cons. Stato, sez. 4, 6 marzo 2015, n. 1145).

In definitiva, come messo in risalto dalla giurisprudenza costituzionale, gli atti dei commissari delegati a fronteggiare emergenze di protezione civile “possono qualificarsi come “atti dell’amministrazione centrale dello Stato”… “finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunità locali”” (così, sentenze n. 159 del 2014 e n. 8 del 2016).

2. – Con il primo mezzo del ricorso principale è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2909 c.c..

La Corte territoriale avrebbe violato il giudicato formatosi sulla domanda di rivalsa decisa con sentenza n. 265/2006 del Tribunale di Napoli – che aveva condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri a rivalere il Comune di Frattamaggiore della somma da corrispondersi alla SIC (Euro 415.343,45, oltre interessi legali dal 1 gennaio 2003, detratto quanto già pagato sulla scorta della condanna provvisionale), la quale, in assenza di impugnazione sul punto da parte dello stesso Comune, o della Presidenza del Consiglio, era da ritenersi ormai definitiva.

Difatti, l’Amministrazione comunale non avrebbe potuto, con appello incidentale seguito all’appello principale della SIC sul maggior danno ex art. 1224 c.c., estendere la domanda di manleva nei confronti della Presidenza del Consiglio in relazione alle somme richieste dalla SIC con il gravame, venendo in rilievo cause scindibili tra loro, “distinte autonome, per soggetti e titolo (nei rapporti tra Comune e PCM si tratta di azione di garanzia impropria)” e così sorgendo l’interesse all’impugnazione non dall’impugnazione principale, ma dalla stessa sentenza, non potendo, di conseguenza, trovare applicazione l’art. 334 c.p.c..

2.1. – Il motivo è infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 24707 del 4 dicembre 2015, hanno affermato, sul presupposto che la qualificazione della garanzia come propria o impropria ha valore puramente descrittivo ed è priva di effetti ai fini dell’applicazione degli artt. 32, 108 e 331 c.p.c., che si deve ravvisare un’ipotesi di litisconsorzio necessario processuale non solo se il convenuto abbia scelto soltanto di estendere l’efficacia soggettiva, nei confronti del terzo chiamato, dell’accertamento relativo al rapporto principale, ma anche quando abbia, invece, allargato l’oggetto del giudizio, evenienza, quest’ultima, ipotizzabile allorchè egli, oltre ad effettuare la chiamata, chieda l’accertamento dell’esistenza del rapporto di garanzia ed, eventualmente, l’attribuzione della relativa prestazione.

Trattandosi, quindi, in ogni evenienza, di ipotesi contrariamente a quanto opinato dalla parte ricorrente – riconducibili ad un litisconsorzio necessario processuale, che dà luogo applicazione dell’art. 331 c.p.c., non è predicabile di per sè la non pertinenza dell’art. 334 c.p.c., in punto di impugnazione incidentale tardiva. E nella specie una tale impugnazione – proposta dal Comune “garantito” nei confronti della Presidenza del Consiglio “garante” sul modo di essere, ossia sulla misura, dell’azione di rivalsa, a seguito di impugnazione dell’attore originario unicamente sul quantum debeatur, per conseguire il riconoscimento di ulteriore posta risarcitoria, ossia quella relativa al maggior danno ex art. 1224 c.c., era, pertanto, da ritenersi non solo ammissibile, ma anche necessaria.

Infatti, l’impugnazione della SIC, quale originario attore pretendente, era sorretta da una soccombenza soltanto parziale e si riferiva unicamente al mancato riconoscimento di una voce di danno soltanto, per cui – alla luce della citata Cass., sez. un., n. 24707 del 2015 (in motivazione) -, sebbene avesse dovuto lo stesso attore soccombente notificare l’impugnazione a garantito e garante (e nella specie, l’integrità del contraddittorio è stata comunque garantita dall’estensione dell’appello alla Presidenza del Consiglio dei ministri ad opera dello stesso Comune), il garantito, in presenza di una decisione del giudice di primo grado di accoglimento dell’azione di rivalsa secondo una determinata e stabilita “misura”, era comunque tenuto ad impugnare nei confronti del garante.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 345 c.p.c., nonchè prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 1224 c.c., comma 2, artt. 2697 e 2727 c.c..

Il giudice di appello, dopo aver respinto la pretesa di maggior danno ex art. 1224 c.c., della SIC in quanto fondata su documentazione prodotta tardivamente ex art. 345 c.p.c., ha poi accolto la medesima domanda sulla scorta sia della stessa documentazione, sia in via presuntiva, liquidando equitativamente il maggior danno.

La Corte territoriale avrebbe, quindi, violato l’art. 345 c.p.c., che vieta il deposito di nuovi documenti (nella specie, gli estratti conto bancari) in appello, i quali soltanto potevano provare l’esistenza stessa del danno lamentato.

Inoltre, il giudice del gravame avrebbe violato le norme sulla liquidazione equitativa e sull’onere della prova, non potendo la prima sopperire alla mancanza di dimostrazione circa la sussistenza del danno, dovendo, quindi, la SIC provare che il saggio legale non assicurava il recupero della svalutazione e che avrebbe investito redditiziamente le somme pagate dal Comune.

Infine, la Corte territoriale avrebbe violato le norme sulle presunzioni, non essendo fatto notorio il rendimento dei titoli di Stato e dovendo, quindi, la SIC provare il danno da mancato investimento in detti titoli delle somme versate dal Comune, non avendo, peraltro, la stessa SIC “specificamente dedotto nell’atto introduttivo la propria qualità di imprenditore come fonte del danno, ma si era limitata a dedurre genericamente di non aver potuto fruire del tasso creditore riconosciutolo dal sistema bancario”.

3. – Con l’unico mezzo del ricorso incidentale il Comune di Frattamaggiore aderisce alle doglianze proposte dal ricorrente principale con il secondo motivo, ribadendo che la SIC non aveva mai proposto domanda di liquidazione del maggior danno in via equitativa, nè fornito prova alcuna sull’impossibilità o sulla particolare difficoltà di provarne l’ammontare, così da risolversi in domanda nuova la pretesa svolta in sede di appello.

3.1. – L’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale tardivo sollevata dalla Atradius è da disattendersi in ragione dell’applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 334 c.p.c., secondo i principi enunciati dalla citata Cass., sez. un., n. 24707 del 2015 (cfr. p. 2.1. che precede).

3.2. – I due motivi da ultimo illustrati – da scrutinarsi congiuntamente – non possono trovare accoglimento.

Il principio di diritto che deve trovare applicazione nella specie è quello enunciato da Cass., sez. un., 16 luglio 2008, n. 19499, secondo cui: “Nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224 c.c., comma 2, può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali. Ricorrendo tale ipotesi, il risarcimento del maggior danno spetta a qualunque creditore, quale che ne sia la qualità soggettiva o l’attività svolta (e quindi tanto nel caso di imprenditore, quanto nel caso di pensionato, impiegato, ecc.), fermo restando che se il creditore domanda, a titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato, avrà l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di tale pregiudizio, anche per via presuntiva; in particolare, ove il creditore abbia la qualità di imprenditore, avrà l’onere di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi; ovvero attraverso la produzione dei bilanci – quale fosse la produttività della propria impresa, per le somme in essa investite; il debitore, dal canto suo, avrà invece l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni semplici, che il creditore, in caso di tempestivo adempimento, non avrebbe potuto impiegare il denaro dovutogli in forme di investimento che gli avrebbero garantito un rendimento superiore al saggio legale”.

A tale principio si è uniformata la Corte territoriale reputando che la domanda di maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2, avanzata dalla SIC per ottenere un tasso creditore – quello bancario superiore a quello legale fosse esaminabile ed accoglibile nei termini indicati dal principio sopra ricordato, ossia in via presuntiva, in favore di qualsiasi creditore, in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali ed ove in effetti lo sia stato.

Sono, quindi, infondate le censure di violazione dell’art. 1224 c.c., comma 2, artt. 2697 e 2727 c.c., nonchè quella – che sulle stesse premesse in iure di tali doglianze – postula una novità della domanda di maggior danno in via equitativa rispetto a quella ancorata sulla richiesta del tasso creditore bancario; mentre è inammissibile, per non cogliere l’anzidetta ratio decidendi, la censura che fa leva sul vulnus dell’art. 345 c.p.c., non avendo la sentenza impugnata in parte qua avuto riguardo agli estratti bancari.

4. – Vanno, dunque, rigettati entrambi i ricorsi, principale ed incidentale.

La Presidenza del Consiglio dei ministri va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del Comune di Frattamaggiore, rispetto al quale è soccombente; entrambi i ricorrenti, principale e incidentale, vanno condannati in solido tra loro al pagamento di dette spese in favore della Atradius Credit Insurance N.V., rispetto alla quale società sono soccombenti; la misura delle spese processuali anzidette è liquidata come in dispositivo in conformità ai parametri introdotti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Il solo Comune di Frattamaggiore, ricorrente incidentale, è tenuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis. Ciò in quanto unicamente l’amministrazione pubblica ricorrente principale, difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, si è potuta giovare della prenotazione a debito del contributo unificato (cfr. in tal senso Cass., sez. un., 8 maggio 2014, n. 9938).

PQM

LA CORTE

rigetta entrambi i ricorsi, principale ed incidentale;

condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del Comune di Frattamaggiore, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge;

condanna entrambi i ricorrenti, principale ed incidentale, in via solidale, al pagamento delle anzidette spese in favore della Atradius Credit Insurance N.V., che liquida in complessivi Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2016

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