Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23720 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. I, 24/09/2019, (ud. 28/03/2019, dep. 24/09/2019), n.23720

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19211/2014 proposto da:

L.B., quale erede di R.C., R.R.,

V.R.M., V.R., F.P., F.A.,

Fu.Pa., F.R., elettivamente domiciliati in Roma, Via

Germanico n. 107, presso lo studio dell’avvocato Bultrini Nicola,

rappresentati e difesi dall’avvocato Marciano Raffaele, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

R.F.I. – Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. – Gruppo Ferrovie dello

Stato Italiane, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Portuense n. 104, presso gli

uffici della Sig.ra De Angelis Antonia, rappresentata e difesa

dall’avvocato Cantore Gerardo Maria, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

Consorzio Iricav Uno, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Portuense n. 104,

presso gli uffici della Sig.ra De Angelis Antonia, rappresentato e

difeso dall’avvocato Sarnelli Girolamo, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1989/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/03/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1989/2014 emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., all’udienza del 7-5-2014, la Corte d’Appello di Napoli, pronunciando in unico grado sull’opposizione alla stima proposta dagli attuali ricorrenti, dichiarava estinto il giudizio, compensando le spese di lite. La Corte d’appello, rilevato il decorso di oltre un anno tra la data del provvedimento di cancellazione (9-5-2012) e quella di deposito dell’istanza di riassunzione (29-10-2013), riteneva irrilevanti le doglianze degli istanti circa l’asserita nullità del provvedimento di cancellazione per mancata rituale comunicazione delle date delle udienze di rinvio ai sensi dell’art. 309 c.p.c., richiamando la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 10796/2003).

2. Avverso questa sentenza, L.B., in qualità di unico erede di R.C., R.R., V.R.M., V.R., F.P., F.A., Fu.Pa. e F.R. propongono ricorso affidato a due motivi, resistiti con controricorso da R.F.I. – Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., subentrata a seguito di fusione per incorporazione a T.A.V. s.p.a., e da Consorzio IRICAV UNO.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano “Error in procedendo – Omessa e/o ingiusta valutazione dei motivi relativi alla errata estinzione del giudizio – Nullità del procedimento e della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 4)”. Ad avviso dei ricorrenti in maniera assai semplicistica la Corte, d’appello ha statuito l’estinzione del procedimento in quanto l’istanza di riassunzione era stata proposta dopo oltre un anno dal provvedimento di cancellazione del 9 maggio 2012. Ai ricorrenti non era stata data comunicazione relativa all’udienza dell’1-2-2012, nè della seconda udienza ex art. 309 c.p.c., del 9 maggio 2012, al termine della quale il giudizio veniva cancellato dal ruolo. Dall’esame dei biglietti di cancelleria relativi alle suddette udienze risultava che le comunicazioni non erano andate a buon fine data l’irreperibilità del procuratore costituito per gli istanti, avv. Michele Dulvi Corcione. Il diritto alla comunicazione ai sensi dell’art. 181 c.p.c., comma 1, era stato leso ed era inesistente la notifica effettuata presso il domicilio dichiarato nel giudizio con esito negativo per irreperibilità del procuratore perchè trasferito, in base all’orientamento giurisprudenziale richiamato in ricorso (Cass. n. 22329/2011; n. 7358/2010; n. 14487/2007). Denunciano i ricorrenti la lesione del diritto alla parità tra le parti, nonchè del diritto all’instaurazione e conservazione di un contraddittorio integro, con gravi ripercussioni sul loro diritto di difesa. I ricorrenti assumono inoltre che la Corte d’appello non avrebbe potuto dichiarare estinto il giudizio, difettando l’inequivoca manifestazione di volontà dei ricorrenti stessi diretta ad estinguere il processo. Le violazioni denunciate hanno determinato, ad avviso dei ricorrenti, la nullità del procedimento e della sentenza impugnata.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano “Error in judicando – Nullità del procedimento e della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 4) – Deviazione del procedimento legale prescritto dal legislatore”. Affermano i ricorrenti che in data 9-1-2010 alle ore 11.45 il loro difensore in allora costituito aveva trasmesso a mezzo fax alla cancelleria della Corte d’appello la comunicazione del nuovo domicilio del medesimo e detta comunicazione era stata totalmente ignorata. Richiamando giurisprudenza di merito (Trib. Torino sent. n. 2723/2013) e di legittimità (Cass. n. 14935/2012), assumono che il difensore non abbia alcun obbligo di comunicare nel corso del giudizio il trasferimento del proprio studio, dovendosi dare rilievo al cd. domicilio reale. Sostengono che l’orientamento di legittimità citato nella sentenza appellata (Cass. n. 10796/2003) sia superato da un più recente indirizzo (Cass. n. 6048/2013), in base al quale si valorizzano i principi costituzionali e dell’ordinamento Europeo volti a tutelare l’effettivo diritto di difesa e del contraddittorio delle parti. Ad avviso dei ricorrenti è errato il riferimento di cui alla sentenza impugnata al dovere di attivazione e di diligenza della parte costituita e ne consegue la nullità del procedimento per omessa valutazione degli atti.

3. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

3.1. Questa Corte ha ripetutamente affermato, con un orientamento al quale il Collegio intende dare continuità, che il termine perentorio di un anno per la riassunzione della causa ai sensi dell’art. 307 c.p.c., comma 1, a seguito della cancellazione della causa dal ruolo – termine divenuto di tre mesi a seguito della modifica di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, non applicabile ratione temporis nella fattispecie in esame – decorre in ogni caso dalla data dell’ordinanza di cancellazione, anche se essa sia nulla per mancata comunicazione del rinvio dell’udienza ai sensi dell’art. 181 c.p.c.. Nel caso della riassunzione del processo, infatti, il potere di iniziativa della parte viene esercitato non già per introdurre un giudizio di secondo grado, o comunque di riesame di una decisione già emessa, bensì per dare nuovo impulso al processo quiescente, e per tale ragione non è previsto che l’ordinanza di cancellazione sia comunicata alle parti ed è posto, pertanto, a carico della parte interessata, costituita in giudizio, nell’ambito del più generale dovere di diligenza e di attivazione nello svolgimento delle attività processuali, l’onere di vigilare e di attivarsi per acquisire presso la cancelleria notizia delle vicende processuali che la riguardano (Cass. 9 luglio 2003, n. 10796; Cass. ord. 30 dicembre 2011, n. 30432 e da ultimo Cass. n. 12234/2015).

In base a tale principio, che si riferisce alla disciplina processuale di cui agli artt. 181 e 309 c.p.c., nel testo anteriore a quello introdotto dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 50, convertito, con modifiche, nella L. 6 agosto 2008, n. 133 – il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, anche se illegittimo od invalido, costituisce il dies a quo dal quale decorre il termine perentorio annuale per la riassunzione del procedimento, con la conseguenza che, in caso di riassunzione tardiva, il giudice deve dichiarare l’estinzione del procedimento, non potendo sindacare la legittimità del provvedimento di cancellazione. Alla stregua delle considerazioni che precedono diventa irrilevante la questione della ritualità della comunicazione del cambio di domicilio, oggetto del secondo motivo di gravame.

4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore di ciascuna parte controricorrente, come in dispositivo.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, in favore di ciascuno dei controricorrenti, in Euro 3.000 per compensi e Euro200 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 28 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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