Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2372 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/01/2017, (ud. 01/12/2016, dep.31/01/2017),  n. 2372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12523/2015 proposto da:

AC COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 67,

presso lo studio dell’avvocato ALFREDO BARBIERI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ETTORE MARIA GLIOZZI, giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZ1ONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (I.N.P.S.), in persona

del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BEVVARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO e

GIUSEPPE MATANO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1111/2014 della CORTE S’APPELLO di TORINO,

depositata il 19/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

011/12/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato ANNA RUSSO, per delega dell’Avvocato ETTORE MARIA

GLIOZZI, che si riporta;

udito l’Avvocato EMANUELE DE ROSE, che si riporta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 1 dicembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 19 gennaio 2015 la Corte di Appello di Torino confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda proposta da AC Costruzioni s.r.l. nei confronti dell’INPS ed intesa ad accertare che tutte le prestazioni effettuate da R.L. e G.V. in favore di essa società erano prestazioni di lavoro autonomo e che alcun rapporto di lavoro subordinato era intercorso tra esse parti e, quindi, ad annullare il verbale unico di accertamento del 19 marzo 2013 emesso dalla DTL di (OMISSIS) nei confronti della AC Costruzioni e di S.A., in solido.

La Corte territoriale rilevava la correttezza della decisione del Tribunale – che aveva ritenuto sussistente un rapporto di lavoro subordinato tra la AC Costruzioni ed il R. ed il G. – alla luce delle risultanze istruttorie.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la AC Costruzioni s.r.l. affidato a tre motivi.

L’INPS resiste con controricorso.

Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione degli artt. 41 e 35 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) assumendo che l’impugnata sentenza aveva violato la libertà di iniziativa economica tanto dell’azienda che dei due lavoratori artigiani i quali, dopo aver prestato la propria attività lavorativa come dipendenti, poi avevano deciso di aprire la partita IVA e rendere la propria attività come lavoratori autonomi.

Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2099 e 2222 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) per aver il giudice del gravame erroneamente ritenuto sussistente un rapporto di lavoro subordinato pur in assenza di alcuna prova circa gli elementi tipici della subordinazione.

Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) in quanto la Corte di Appello aveva deciso la causa applicando – sia pure senza affermarlo espressamente – la L. n. 92 del 2012 (cd. Legge Fornero), in particolare la presunzione introdotta dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69 bis, anche in considerazione delle modifiche apportate dalla L. n. 134 del 2012, art. 46 bis, che ha convertito con modificazioni il D.L. n. 83 del 2012.

I motivi sono inammissibili.

Il primo ed il terzo in quanto del tutto inconferenti con la motivazione della impugnata sentenza che, come già sopra esposto, all’esito della disamina delle risultanze istruttorie ha ritenuto sussistente un rapporto di lavoro subordinato tra la AC Costruzioni ed il R. ed il G..

Il secondo perchè, nonostante il formale richiamo a violazione di norme di legge in esso contenuto nell’intestazione, articola censure che si risolvono nella denuncia di una errata o omessa valutazione del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti alfine di ottenere una rivisitazione del merito della controversia non ammissibile in questa sede.

Invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di legittimità che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr., e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003).

Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della sopra riportata relazione e, quindi, dichiara inammissibile il ricorso.

Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate in favore dell’INPS nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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