Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2372 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 27/01/2022, (ud. 28/10/2021, dep. 27/01/2022), n.2372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19393/2014 R.G. proposto da:

R.A., rappresentato e difeso giusta delega in atti

dall’avv. Angiolelli Dante e dall’avv. Stefano Ruggiero con

domicilio eletto presso il difensore in Roma, alla via S. Costanza

n. 2 scala A int. 15;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

EQUITALIA CENTRO S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 129/09/14 della Commissione Tributaria

Regionale dell’Abruzzo, sez. staccata di Pescara, depositata il

30/01/2014 e non notificata.

nonché

sul ricorso D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, comma 12 proposto dal

medesimo R.A. a tal fine rappresentato e difeso giusta

delega in atti dall’avv. Dante Angiolelli con domicilio eletto in

Pescara alla via Pisa n. 29 (PEC

dante.angiolelli.ordineavvocatipescarapec.it);

– ricorrente D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, comma 12 –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimata –

avverso il provvedimento prot. A 399167/2020 della Direzione

Provinciale di Chieti dell’Agenzia delle Entrate di diniego della

definizione agevolata della controversia tributaria;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

28/10/2021 dal Consigliere Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata la CTR ha rigettato l’appello del contribuente, confermando la sentenza di primo grado che aveva statuito la legittimità dell’atto impugnato, cartella di pagamento per IVA 2007;

avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il sig. R.A. con atto affidato a otto motivi; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

nelle more del processo, il sig. R. ha presentato istanza di definizione agevolata D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6 rigettata dall’Agenzia delle Entrate, d.p. di Chieti, con il provvedimento di diniego di cui si è detto;

che pertanto avverso tale atto il contribuente ha presentato ricorso per cassazione D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, comma 12 confluito nel presente giudizio e illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.; in detto giudizio l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– va esaminato per primo, in quanto preliminare, il ricorso del sig. R. avverso il diniego di definizione ex D.L. n. 119 del 2018;

– il contribuente deduce la illegittimità del diniego in quanto tardivo, poiché il provvedimento dell’Ufficio risulta notificatogli a mani il 4 dicembre 2020 ben dopo il prescritto termine del 31 luglio 2020 scaduto il quale la definizione dovrebbe ritenersi validamente perfezionata; l’Amministrazione Finanziaria non ha prodotto in causa documentazione atta a provare il perfezionamento di altre notifiche in data precedente;

– va premesso che come questa Corte Suprema ha recentemente chiarito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 18298 del 25/06/2021) in tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6 conv. dalla L. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19 non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva;

– conseguentemente, nel presente caso l’atto impugnato risulta suscettibile di definizione agevolata;

– venendo all’esame della questione posta con il ricorso avverso il diniego di definizione, va premesso come il D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 12 convertito in L. n. 136 del 2019 preveda: “L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine”;

– si deve quindi verificare se alla luce di tal previsione la mancata notifica del provvedimento ostativo alla definizione entro il termine produca ex se l’accoglimento per via tacita della istanza di definizione e se quindi il detto termine abbia natura perentoria non potendo l’Ufficio negare la definizione della controversia una volta spirato lo stesso;

– ritiene il Collegio che nell’ambito del principio di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, sancito espressamente dalla Costituzione all’art. 97, si inscrive a pieno titolo il principio di doverosità dell’azione amministrativa. Esso impone alla P.A. di esercitare il potere attribuitole dalla legge entro un termine ragionevole, contribuendo a delineare in concreto i caratteri dell’efficienza dell’attività amministrativa. Sotto la forte spinta del diritto Europeo, il potere pubblico deve essere funzionalizzato alla cura degli interessi della collettività, teleologicamente direzionato. In tal senso depongono anche i sovraordinati principi CEDU che agli artt. 6 e 7 disegnano il c.d. “giusto procedimento” come ribadito dagli artt. 41,42,47 e 52 della Carta di Nizza. Le suddette norme esprimono chiaramente come il procedimento sia sottoposto ai principi del diritto Europeo di doverosità, trasparenza, consensualità, responsabilità, comparazione, sindacabilità del potere pubblico. Nell’ottica della tutela del cittadino, peraltro, il principio di doverosità dell’azione amministrativa è logicamente connesso con i principi della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento del privato: solo imponendo all’amministrazione un dovere di agire entro un tempo ragionevole, tali garanzie possono essere concretamente rispettate. La doverosità dell’azione amministrativa sancisce l’obbligo di concludere il procedimento e ne prevede i termini: essa ha una portata generale e sussiste ogniqualvolta è riconosciuto al privato il potere di presentare un’istanza alla P.A., in quanto titolare di una posizione giuridica qualificata;

– soprattutto, venendo ai profili tributari che possono desumersi da tali principi, andrà qui valutata la concordanza di quanto desunto in via generale con la disciplina del sistema delineato dal D.L. n. 119 del 2018, art. 6 in forza del quale la controversia, sospesa all’atto della presentazione della domanda di definizione, è destinata a certa estinzione una volta spirato il termine del 31 dicembre 2020 a meno che non vi sia – entro tal termine – il deposito dell’istanza di parte ad opera del soggetto interessato alla prosecuzione del processo, generalmente l’Agenzia delle Entrate che non abbia accolto l’istanza di definizione;

– in tal quadro il Collegio non ritiene che il sistema normativo applicabile vada esaminato in via autonoma rispetto alle previsioni che si sono succedute nel tempo quanto alle varie ed autonome procedure di definizione delle liti, o “condonistiche”, dal momento che gli effetti della dichiarazione unilaterale del contribuente di volersi avvalere del condono si consolidano solo a seguito dell’assenso espresso o tacito alla domanda da parte dell’Amministrazione finanziaria poiché al provvedimento amministrativo espresso o tacito di assenso alla definizione agevolata deve essere riconosciuta “natura transattiva” della lite pendente con conseguente effetto novativo dell’originaria pretesa impositiva (Cass. SS.UU 14828/2008);

– in primo luogo non pare possa estendersi alla fattispecie in esame il principio adottato da questa Corte con riguardo alla definizione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16 (Cass. 24910/2008) in forza del quale il termine per l’espressione del diniego aveva natura ordinatoria e non perentoria. In tal diverso e più antico sistema, infatti, l’estinzione del giudizio aveva luogo solo in presenza di una comunicazione dell’Ufficio che attestava la regolarità della definizione;

– nel sistema che qui ci interessa, invece, si è prevista non solo la formulazione del diniego, ma anche l’ulteriore onere in capo a chi intende far proseguire il giudizio di depositare l’istanza atta a dar impulso al procedimento giudiziario dapprima sospeso;

– e difatti questa Corte ha chiarito come (Cass. civ. Sez. V Ord., 19/06/2020, n. 12017) in tema di definizione agevolata ex art. 11, comma 10, del D.L. n. 50 del 2017 (conv., con modif., in L. n. 96 del 2017), poiché la sospensione del giudizio tributario opera su istanza di parte al solo fine di riscontrare l’effettiva definizione della lite, il pagamento del dovuto da parte del contribuente equivale all’integrazione di tale condizione e consente al giudice di dichiarare anche d’ufficio la cessazione della materia del contendere, con conseguente estinzione del processo prevista altresì in mancanza di istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2018 dalla parte che via abbia interesse;

– ciò sottolinea l’evidente favor sotteso alla definizione e al suo perfezionamento; tal predilezione del Legislatore per il buon fine dell’operazione di definizione della controversia, quindi, va nella direzione di configurare il silenzio dell’Ufficio come un silenzio – assenso che viene impedito dalla compresenza sia della tempestiva espressione del diniego in sede procedimentale sia dalla altrettanto tempestiva proposizione dell’istanza di fissazione dell’udienza in sede processuale; in virtù di quanto previsto dal D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 12, (conv. con mod. nella L. n. 136 del 2018), tutti i procedimenti amministrativi di richiesta del condono all’Agenzia delle entrate si concludono con un provvedimento finale di diniego ovvero con un provvedimento espresso e/o tacito di “assenso” alla definizione agevolata.

– ancora, con riguardo a diversa fattispecie definitoria e pure in tal caso “condonistica”, questo Giudice di Legittimità ha ritenuto (Cass. civ. Sez. V, 19/01/2007, n. 1231) che con riguardo alla diversa fattispecie di chiusura delle liti pendenti prevista dal D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2-quinquies convertito nella L. 30 novembre 1994, n. 656, la previsione della natura perentoria del termine, di cui all’art. 6, comma 3, del regolamento reso col D.P.R. 28 settembre 1994, n. 591, per la comunicazione, da parte dell’ufficio, dell’insussistenza dei presupposti per la definizione, con conseguente decadenza dell’amministrazione finanziaria dall’esercizio del potere di reiezione dell’istanza di condono, oltre a non essere contenuta nella norma regolamentare, non si ricava dalla disciplina legislativa della materia, nella quale non si riscontra alcun limite temporale alla comunicazione sull’istanza del contribuente. L’osservanza del termine posto dall’art. 6, comma 3 del regolamento era del resto, qui espressamente esclusa dal successivo comma 6 per le istanze relative a liti fiscali, come quella oggetto della controversia di specie, di valore superiore a lire 20 milioni. Una volta venuta meno la necessità per l’amministrazione di osservare il detto termine regolamentare, in presenza di una comunicazione tardiva sull’istanza di condono proposta, non risultava allora configurabile neppure la violazione del principio di affidamento del contribuente di fronte all’azione dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, commi 1 e 2. In tale differente sistema, l’entità della pretesa fiscale, superiore ai 20 milioni di lire, non consentiva di considerare come apparente il silenzio-assenso sulla definizione della lite pendente, per non essere seguita la risposta dell’ufficio nel termine fissato dall’art. 6, comma 3 del regolamento del 1994, in quanto il successivo comma 6 ne escludeva espressamente l’osservanza;

– nel sistema del D.L. n. 119 del 2019, viceversa, non solo non si riscontrano previsioni dirette ad escludere l’operatività del silenzio-assenso o a negare conseguenze pregiudizievoli per la definizione resa tardivamente: anzi, l’indicazione del termine del 31 luglio 2020 per l’espressione utile del diniego è previsione diretta a confermare l’esistenza di tal istituto;

– ciò diversamente da quanto previsto a suo tempo in tema ancora di diniego di definizione della controversia, chiesta dal contribuente ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, conv. dalla L. n. 111 del 2011. Riguardo a tal procedura “condonistica”, questa Corte ha ritenuto cha dichiarazione di estinzione del giudizio fosse qui ex lege subordinata alla comunicazione degli uffici competenti attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto, costituendo tale provvedimento dell’Ufficio elemento necessario ed imprescindibile perché insorga il potere-dovere del giudice presso il quale pende la lite di dichiararne l’intervenuta estinzione (Cass. nn. 23028 del 2009, 25311 del 2010, tutte richiamate dalla più recente Cass. n. 26480 del 2016). Pertanto, in quella procedura il termine fissato all’Ufficio per la notifica all’interessato del diniego di definizione della lite fiscale sospesa non può qualificarsi perentorio perché il legislatore non considera la sua scadenza idonea per ritenere la regolarità della domanda e, di conseguenza, l’avvenuta produzione degli effetti, sia sostanziali che processuali, della stessa sulla lite pendente (Cass. nn. 24910 del 2008, 272 del 2014);

– si noti poi come dall’ulteriore confronto tra le norme afferenti le ultime definizioni agevolate (D.L. n. 50 del 2017, art. 11 e D.L. n. 119 del 2018, art. 6) e la precedente normativa in materia (si cfr. L. n. 289 del 2002, art. 16 e del D.L. n. 98 del 2011, art. 39) possa evincersi che il legislatore del 2017 e quello del 2018 non richiedono più (ai fini dell’estinzione del giudizio) il deposito dell’attestazione di regolarità da parte dell’Agenzia delle entrate (prevista, invece, sia dalla L. n. 289 del 2002, art. 16 che dal D.L. n. 98 del 2011, art. 39);

– va rammentato anche come l’ordinamento tributario non sia poi affatto nuovo all’introduzione di istituti di natura definitoria che privilegino la semplicità delle procedure, facendo salvo il diritto della parte che intende porre nel nulla l’effetto estintivo ad attivarsi per ottenere la prosecuzione della controversia; si ricordi (Cass. civ. Sez. V Ord., 07/09/2018, n. 21806) come sempre in tema di condono fiscale, ai sensi dell’art. 3, comma 2-bis, lett. a), del D.L. n. 40 del 2010, conv. in L. n. 73 del 2010 (nel testo applicabile “ratione temporis”) le controversie pendenti, alla data di entrata in vigore della legge di conversione di detto decreto (26 maggio 2010), da oltre dieci anni, sono definibili automaticamente con decreto presidenziale dinanzi alla commissione tributaria centrale, nell’ipotesi di soccombenza, anche parziale, dell’Amministrazione finanziaria nei primi due gradi di giudizio;

– l’evoluzione normativa pare quindi caratterizzata chiaramente da un incremento della speditezza nella definizione delle procedure “condonistiche”, secondo una tendenza costante nel tempo, tanto che il legislatore ha progressivamente mutato i presupposti dell’estinzione del giudizio, in guisa da eliminare, dapprima nel D.L. n. 50 del 2017, l’attestazione di regolarità da parte dell’Agenzia delle entrate, e, successivamente nel D.L. n. 119 del 2018, anche la necessità di una decisione collegiale circa l’estinzione del giudizio stesso, disposta con mero decreto Presidenziale;

– anche alla luce di tal considerazione risulta coerente l’interpretazione qui preferita in ordine alla natura perentoria del termine entro il quale l’Ufficio deve esprimere legittimamente il proprio diniego in quanto funzionale a una sollecita definizione della vicenda;

– in ultimo, sia pur non vincolando in alcun modo il giudice, la stessa prassi dell’Amministrazione Finanziaria (Circ. n. 6 – 1 aprile 2019, prodotta in allegato al ricorso per cassazione del contribuente, pag. 49) è conforme sul punto;

– il provvedimento di diniego reso dall’Ufficio è quindi illegittimo e va pertanto in quanto tale annullato; ne deriva l’estinzione del processo;

– le spese restano a carico di chi le ha anticipate.

P.Q.M.

accoglie il ricorso D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, comma 12 di R.A.; annulla il provvedimento di diniego impugnato; dichiara l’estinzione del processo.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

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