Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2372 del 04/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2372 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

ORDINANZA
sul ricorso 1232-2012 proposto da:
SPANO’ GIOVANNI SPÈNGNN58B02D122, elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAZZA B. CAIROLI 2 presso l’ASSOCIAZIONE HOLDING
FAMIGLIA, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CONCETTA
GUERRA, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 04/02/2014

avverso la sentenza n. 822/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO
dell’i /07/2011, depositata il 22/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE.

Rel. dott.

2

Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
« 1. Con sentenza in data 22.07.2011 la Corte di appello di Catanzaro —
decidendo sull’appello proposto da Giovanni Spanò avverso la sentenza del
Tribunale di Catanzaro n. 234/2009 di rigetto della domanda di risarcimento danni
nei confronti del Ministero della Salute da epatite C derivante da emotras fusione —

spese di entrambi i gradi del giudizio.
2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione Giovanni Spanò
formulando tre morivi.
Il Ministero della Salute ha resistito con controricorso.
3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt.
376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto i primi due motivi appaiono destinati
ad essere rigettati per manifesta infondatezza, mentre appare manifestamente
fondato il terzo motivo.
4. Con i primi due motivi di ricorso — che si esaminano congiuntamente per la
stretta connessione — si denuncia: a) violazione o falsa applicazione degli artt. 326,
160 e 285 cod. proc. civ. (art. 360 n.3 cod. proc. civ.); b) nullità della sentenza (art.
360 n.4 cod. proc. civ.)
4.1. I suddetti motivi si appuntano sulla statuizione di inammissibilità, la quale
poggia su un duplice ordine di considerazioni: a) sul rilievo — desunto dalla
documentazione prodotta dal Ministero appellato — dell’esistenza di un primo atto
di appello tempestivamente notificato in data 17.06.2009, ma non iscritto a ruolo,
e dell’inammissibilità del successivo atto di appello, iscritto a ruolo, ma notificato
(dopo la scadenza del termine di cui all’art. 325 cod. proc. civ.) in data 02.10.2009,
allorché il potere di impugnazione si era ormai consumato; b) nell’ulteriore
considerazione che la suddetta documentazione e le relative deduzioni di parte
appellata non risultavano contrastate dall’appellante e che costui neppure aveva

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ha dichiarato inammissibile l’appello, condannando l’appellante al pagamento delle

prodotto l’atto di appello al fine di consentire la verifica dell’avvenuto inoltro della
(seconda) notifica nel termine di cui all’art. 325 cod. proc. civ..
4.2. La statuizione impugnata ha fatto corretta applicazione del principio
desunto dal secondo comma dell’art. 326 cod. proc. civ. («nel caso previsto dall’art.
332, l’impugnaione proposta contro una parte fa decorrere nei confronti dello stesso soccombente
il termine per proporla contro le altre parti»), secondo cui la notificazione

sentenza. E’ stato in particolare osservato che la notifica della citazione in appello,
non seguita da iscrizione della causa a ruolo, non consuma il potere di
impugnazione, atteso che la consumazione del diritto di impugnazione
presuppone l’esistenza – al tempo della proposizione della seconda impugnazione di una declaratoria di inammissibilità o improcedibilità della precedente, per cui, in
mancanza di tale (preesistente) declaratoria, è legittimamente consentita la
proposizione di un’altra impugnazione (di contenuto identico o diverso) in
sostituzione della precedente viziata, purché il relativo termine non sia decorso.
Per la verifica della tempestività della seconda impugnazione, occorre, poi, aver
riguardo non al termine annuale, ma a quello breve, il quale, solo in difetto di
anteriore notificazione della sentenza appellata, può farsi decorrere dalla data di
proposizione della prima impugnazione che equivale alla conoscenza legale della
decisione impugnata (Cass. 12 novembre 2010, n. 22957).
4.3. Nel caso di specie il ricorrente non contesta che il secondo atto di appello
venne notificato, oltre il termine di 30 giorni dalla notifica del primo (e neppure
deduce che l’atto in questione venne inoltrato per la notifica prima della scadenza
di tale termine), ma assume che il principio in parola era inapplicabile in quanto
nella relata del primo atto di appello il Ministero appellato era individuato come
Ministero della salute (istituito solo ex lege 13.11.2009 n.172) e non già come
Ministero della salute, del lavoro e delle politiche sociali. Ne conseguirebbe la
nullità insanabile della prima citazione in appello siccome eseguita «nei confronti di
una parte giuridicamente inesistente», con conseguente inidoneità della notifica dello

Rel. dott.

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dell’impugnazione equivale, agli effetti della scienza legale, alla notificazione della

stesso atto a far decorrere il termine breve di impugnazione (primo motivo);
inoltre — a prescindere dal difetto di allegazioni difensive dell’appellante — avrebbe
dovuto essere oggetto di rilievo di ufficio, sulla base dell’atto prodotto dal
Ministero appellato, «la differena soggettiva dei convenuti citati nei tioettivi atti di appello»
(secondo motivo).
4.3. Le deduzioni difensive, poste alla base dei suddetti motivi di ricorso, si

la corretta individuazione nel primo, come nel secondo atto di appello, del
soggetto evocato in giudizio nel Ministero della salute, del lavoro e delle politiche
sociali e considerata, altresì, l’inidoneità dell’erronea denominazione dello stesso
Ministero (indicato come Ministero della salute) riportata nella relata di notifica a
determinare incertezze sulla persona del destinatario. Non si verte, dunque, in
ipotesi di notifica a soggetto “inesistente” o “diverso” dall’effettivo (dele le parole:
“l’identifinione di tutte le parli’), bensì di mero errore materiale che può essere
agevolmente percepito dall’effettivo destinatario (come di fatto è avvenuto).
5. E’ invece fondato l’ultimo motivo di ricorso che si appunta sulla riforma
della statuizione di compensazione in prime cure, in difetto di appello incidentale
dell’appellato.
5.1. Invero costituisce ius receptum, in tema di regolamento delle spese di lite,
che occorre distinguere secondo che il giudice di appello rigetti il gravame,
confermando la sentenza impugnata ovvero lo accolga anche solo in parte: nel
primo caso egli può riesaminare la statuizione sulle spese del primo giudice solo se
sul punto vi sia stato uno specifico motivo di impugnazione mentre nel secondo
caso, può procedere d’ufficio a tale riesame, in base al principio che la
regolamentazione delle spese va fatta in relazione all’esito finale del giudizio.
Priva di pregio è l’affermazione di parte resistente, secondo cui, nella specie, la
riforma della regolazione delle spese di primo grado era consentita in ragione della
natura della pronuncia di inammissibilità. Invero ciò che è stato dichiarato
inammissibile è l’appello (e non certo il libello introduttivo del giudizio): id est è

Rel. dott.

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rivelano però prive di fondamento alla luce dell’esame degli atti richiamati, attesa

passata in giudicato la decisione di primo grado anche sul punto della
compensazione delle spese.»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il
Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
In conclusione vanno rigettati i primi due motivi di ricorso, accolto il terzo. E
poiché la statuizione sulle spese del primo grado non poteva essere emessa, stante

Le spese del giudizio di legittimità sono interamente compensate tra le parti
attesa la reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso; accoglie il terzo e cassa senza
rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione di condanna al
pagamento delle spese del primo grado. Compensa interamente tra le parti le spese
del giudizio di cassazioneRoma 5 dicembre 2013

il giudicato sul punto, la sentenza impugnata va cassata in parte qua senza rinvio.

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