Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23718 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. II, 11/11/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 11/11/2011), n.23718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1960-2006 proposto da:

CONGREGAZIONE FIGLIE SAN GIUSEPPE, in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato AMATO RENATO,

rappresentato e difeso dagli avvocati PUEDU CRISTINA GIOVANNA, SEQUI

MARCELLO;

– ricorrente –

contro

S.G.;

– intimato –

sul ricorso 5245-2006 proposto da:

S.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 103, presso lo studio dell’avvocato

GOBBI LUISA, rappresentato e difeso dall’avvocato COVA ANTONIO;

– controricorrente ricorrente incidentale –

e contro

CONGREGAZIONE FIGLIE SAN GIUSEPPE in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 293/2005 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 13/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/09/2011 dai Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza dep. il 13 settembre 2005 la Corte di appello di Cagliari, in riforma della decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso per reintegra del possesso proposto da S. G. nei confronti della Congregazione delle Figlie di San Giuseppe, ordinava a quest’ultima di cessare il passaggio sulla porzione di terreno sito in agro di (OMISSIS), posseduto dal ricorrente e di chiudere il varco aperto nel muro di confine, oltre alla condanna al risarcimento dei danni;

dichiarava compensate per un terzo le spese processuali che per il residuo poneva a carico della Congregazione delle Figlie di San Giuseppe.

Secondo i Giudici di appello, la domanda proposta dall’attore andava qualificata come di manutenzione e non di spoglio del possesso, atteso il comportamento addebitato alla resistente qualificabile come molestia; la condotta posta in essere dalla convenuta integrava atti di disturbo del possesso goduto dal S.. Ed invero, da un canto, l’attore era riconosciuto possessore del terreno de quo, che faceva parte di una più ampia estensione di cui il medesimo era proprietario per averlo ereditato dalla madre; dall’altro lato, era risultato che la resistente, dopo avere tolto le piante di eucalipto che in precedenza fungevano da parziale recinzione della loro proprietà, aveva edificato un muro sul confine e aperto in esso un grande varco che consentiva di uscire e ed entrare dal proprio fondo passando su quello attoreo.

Era invece respinta la domanda di ripristino con riferimento alla rotazione dell’originario cancello di accesso dalla strada comunale effettuato dalla Congregazione sul rilievo che la stessa era stata effettuata sul terreno della Congregazione e che l’utilizzo di tale cancello non aveva comportato il passaggio di auto sul confinante terreno del S..

Le spese del doppio grado di giudizio erano compensate per un terzo e per il residuo poste a carico della Congregazione.

2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi illustrati da memoria illustrativa la Congregazione delle Figlie di San Giuseppe.

Resiste con controricorso l’intimato che propone ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

RICORSO PRINCIPALE. 1.1. Con il primo motivo la ricorrente, lamentando nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e artt. 1168 e 1170 cod. civ. e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la decisione gravata che aveva qualificato la domanda proposta dall’attore come azione di manutenzione nonostante che il Tribunale l’avesse qualificata come di spoglio e l’attore – il quale aveva sempre chiesto la reintegrazione del possesso affermando di avere subito uno spoglio violento e clandestino – non avesse censurato la qualificazione data dal Tribunale, sicchè tenuto conto delle differenze fra le due azioni il Giudice di appello era incorso nel vizio di ultrapetizione.

La sentenza impugnata non aveva in alcun modo motivato circa i presupposti dell’azione di manutenzione e in particolare relativamente al requisito del possesso ultrannale, del tutto inadeguato essendo l’accenno alla circostanza che il S. aveva ereditato dalla madre la porzione di terreno de quo e che il medesimo avrebbe autorizzato gli acquirenti dei vari lotti a passarvi per accedere alle rispettive proprietà.

1.2. Il motivo va disatteso.

a) L’azione di manutenzione del possesso è da ritenersi sempre compresa o implicita in quella di reintegrazione da spoglio, sicchè non incorre nel vizio di ultrapetizione il Giudice di appello che, modificando la qualificazione data dal primo giudice, qualifichi come di manutenzione anzichè di spoglio l’azione proposta dall’attore.

D’altra parte, le circostanze dedotte dall’attore non soltanto in primo grado ma anche in appello evidenziavano, al di la delle qualificazioni addotte, fatti che non avrebbero comportato la privazione quanto piuttosto di molestia del possesso.

b) In tema di azione di spoglio il giudice di merito non può porsi d’ufficio la questione del decorso del termine annuale di decadenza in cui l’attore sia eventualmente incorso, trattandosi di un termine in materia non sottratta alla disponibilità delle parti, la cui inosservanza deve essere eccepita dall’interessato in sede di merito nei limiti della proponibilità delle eccezioni in senso proprio.

2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la insufficienza della motivazione relativamente alla natura e alla effettiva esistenza della lesione del possesso che assume rilevanza sotto i profili del riconoscimento della tutela possessoria e dell’interesse ad agire: profili che erano stati invece presi in considerazione dal Tribunale dal cui motivato accertamento la Corte si era discostata limitandosi ad affermare genericamente che la condotta posta in essere dall’ attuale ricorrente era idonea a realizzare atti di disturbo del possesso e non spiegando come potesse sussistere una lesione del possesso del passaggio su una strada utilizzata da una variegata pluralità di persone.

2.2. Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza che apoditticamente aveva disatteso l’affermazione del Tribunale che, con una pluralità di argomentazioni, aveva ritenuto la strada soggetta ad uso pubblico, rilevando fra l’altro le circostanze del libero transito da parte di una pluralità di persone e di una e vera e propria lottizzazione: i Giudici non avevano tenuto conto di una serie di elementi fattuali idonei a dimostrare la generalizzata utilizzazione protratta nel tempo della strada.

2.3. Il secondo e il terzo motivo, che – essendo strettamente connessi – possono essere esaminati congiuntamente, vanno accolti disattesi.

La sentenza ha accertato che, al posto delle piante che recingevano la proprietà della convenuta, questa aveva realizzato un muro aprendo in esso un grande varco che consentiva il passaggio sul fondo dell’attore a piedi e con mezzi pesanti; in tal modo, la Congregazione aveva realizzato una situazione obiettiva che, creando a favore del fondo di sua proprietà un passaggio prima non esistente posto a carico del fondo dell’attore, costituiva un peso gravante sulla proprietà dell’attore e corrispondente all’esercizio di un diritto di servitù che è suscettibile di essere usucapito: tale situazione è, evidentemente, di per sè lesiva del possesso esercitato dall’attore.

Per quel che concerne, poi, la sussistenza di una servitù di uso pubblico, che la Corte – andando di contrario avviso rispetto a quanto ritenuto dal Tribunale – ha escluso, va ricordato che la servitù di uso pubblico postula l’utilizzazione di un bene per il soddisfacimento di bisogni e di utilità di carattere generale a favore di una collettività indeterminata di persone ovverossia di un raggruppamento di persone che, seppure non organizzato in ente territoriale, presenti una particolare coesione per la comunanza di interessi e di situazioni che legittimino l’uso pubblico: in sostanza, la funzione pubblica della strada, in quanto volta a soddisfare un bisogno del gruppo, non può ridursi alla somma dei singoli interessi particolari dei vari utenti, i quali devono esercitare il diritto non uti singuli ma uti cives, cioè come titolari di interessi generali.

La sentenza, nel negare l’esistenza di un uso pubblico, ha implicitamente ma correttamente escluso che gli elementi posti dal Giudice di primo grado (riportati nella prima parte della sentenza impugnata) potessero integrare una servitù di uso pubblico a favore dei proprietari frontisti.

La doglianza, pur facendo riferimento a difetti di motivazione, nella sostanza sollecita da parte della Corte di Cassazione una rivalutazione della risultanze processuali, invocando la correttezza delle motivazioni del Tribunale, peraltro neppure riportate nella loro integrità, alla stregua degli elementi probatori che sarebbero stati acquisiti al processo e dei quali prospetta un personale apprezzamento per giungere alla conclusione che la strada esistente sul fondo attoreo sia di uso pubblico.

Qui occorre innanzitutto chiarire che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360, n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto). Con riferimento, in particolare, al vizio di motivazione per omesso esame di elementi probatori acquisiti al processo la relativa acquisizione deve essere tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze di causa su cui si è fondato il convincimento del giudice del merito, si che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base. Pertanto, non può essere dedotto – come invece nella specie – il vizio di motivazione per denunciare il mancato esame di elementi che siano suscettibili di essere liberamente apprezzati unitamente ad altri con essi contrastanti nell’ambito della valutazione discrezionale del complessivo materiale probatorio riservata al giudice di merito.

Il ricorso va rigettato.

RICORSO INCIDENTALE. 1. Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1168 e 1170 cod. civ. nonchè omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, denuncia l’erronea qualificazione dell’azione come di manutenzione tenuto conto che l’apertura del varco aveva comportato un vero e proprio spoglio del possesso.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente incidentale, risultando sotto il profilo in esame vittorioso, è carente di interesse a formulare censure, tenuto conto che – con l’ordine di chiusura del varco e di cessazione del passaggio disposti dalla sentenza impugnata – l’interesse del medesimo è stato integralmente soddisfatto: avrebbe dovuto semmai proporre ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale, dal cui esito favorevole sarebbe potuto derivare l’interesse a impugnare.

Il secondo motivo, lamentando omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata laddove, nel respingere la domanda di ripristino del cancello di accesso dalla strada comunale, aveva ritenuto che la rotazione del cancello era stata effettuata sul terreno della Congregazione e che l’utilizzo di tale cancello non aveva comportato il passaggio di auto sul confinante terreno del S., quando la rotazione del cancello aveva comportato la conseguenza che il S., ove avesse avuto intenzione di chiudere il proprio terreno, sarebbe stato impedito nel proprio diritto.

Il motivo va disatteso.

La sentenza ha disatteso il motivo di gravame con cui l’attore aveva sostenuto che la rotazione del cancello aveva comportato il passaggio sul fondo del S., escludendo tale circostanza.

La doglianza si risolve nella censura dell’apprezzamento delle risultanze processuali, sollecitando da parte della Corte di Cassazione il riesame del merito attraverso una nuova ricostruzione della situazione di fatto che, per quel che si è detto in occasione dell’esame del secondo e del terzo motivo del ricorso principale, è sottratta al sindacato di legittimità.

3. Il terzo motivo (violazione dell’art. 91 cod. proc. civ.) denuncia l’erronea (parziale) compensazione delle spese processuali, tenuto conto che il S. avrebbe avuto diritto alla totale rifusione delle spese, attesa la integrale soccombenza della convenuta.

3.1 Il motivo va disatteso.

In primo luogo, in tema di regolamento delle spese processuali, l’unico divieto posto a carico del giudice è quello di non porle a carico della parte interamente vittoriosa, in tal caso soltanto ricorrendo la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ..

Per quel che concerne il potere discrezionale di compensare le spese processuali, sindacabile sotto il profilo del vizio di motivazione, la sentenza ha correttamente motivato la statuizione di compensazione nella misura di un terzo, tenuto conto della parziale soccombenza dell’attore la cui domanda di ripristino del cancello è stata rigettata.

Anche il ricorso incidentale va rigettato. In considerazione della reciproca soccombenza sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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