Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23717 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. I, 28/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 28/10/2020), n.23717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11703/2018 proposto da:

H.R.S., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Rosella Pitrone;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

Commissione Territoriale per Protezione Internazionale di Torino;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Torino depositato il 27/2/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/9/2020 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Torino, con decreto del 27 febbraio 2018, rigettava il ricorso presentato da H.R.S., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare il Tribunale, ritenuto non credibile il racconto del migrante (il quale aveva riferito di essere fuggito dal suo paese dopo l’omicidio del fratello e di due zii in occasione di una festa religiosa sciita e l’incendio della moschea del padre), reputava che non ricorressero le condizioni per concedere, oltre alle altre forme di protezione richieste, anche la protezione umanitaria, in mancanza di condizioni di vulnerabilità specificamente riferibili al ricorrente;

2. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso H.R.S. prospettando tre motivi di doglianza;

questa Corte, con ordinanza interlocutoria depositata il 13 settembre 2019, ha disposto che il ricorrente provvedesse al rinnovo della notifica al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

rinnovata ritualmente la notifica, il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio al solo fine di prendere parte all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, in quanto il Tribunale non avrebbe provveduto alla fissazione di un’udienza al fine di procedere all’audizione del migrante, onde dargli modo di assolvere al suo onere probatorio;

3.2 il motivo non è fondato;

nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile;

la critica in esame si sviluppa in termini astratti ma non assume che ricorresse una delle ipotesi sopra descritte a giustificazione dell’audizione del migrante;

la mancata fissazione di udienza al fine di procedere all’audizione del richiedente asilo non si presta quindi a censure di sorta, dovendosi escludere che le norme nazionali ed Europee in materia prevedano un obbligo per il giudice di merito di procedere in maniera automatica all’audizione del ricorrente quand’anche la stessa sia del tutto inutile ai fini del decidere;

4.1 il secondo motivo di ricorso assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., comma 3, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2, T.U.I., in quanto il Tribunale, venendo meno al proprio obbligo di collaborazione istruttoria, non avrebbe svolto alcuna indagine sull’esistenza di condizioni di vulnerabilità idonee a legittimare il riconoscimento della protezione umanitaria;

4.2 il motivo non può essere accolto, per l’assorbente ragione che è infondata la premessa da cui muove, ossia che il giudice possa accertare la sussistenza di un determinato titolo di protezione internazionale giustificato dalla peculiare condizione personale del migrante in difetto di allegazione della medesima, da parte del ricorrente;

in materia di protezione internazionale infatti il giudice del merito è tenuto ad esaminare la possibilità di riconoscere una delle forme di protezione previste dalla legge tenendo conto della prospettazione di situazioni concrete che consentano di configurare il ricorrere dei relativi presupposti, senza che assuma rilievo l’indicazione precisa del nomen iuris del tipo di protezione invocata (Cass. 8819/2020);

il principio dispositivo, se nella materia della protezione internazionale viene derogato dalle speciali regole di cui al cit. D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, che prevedono particolari poteri-doveri istruttori (anche) del giudice, non trova perciò alcuna deroga quanto alla necessità che la domanda su cui il giudice deve pronunciarsi corrisponda a quella individuabile in base alle allegazioni in fatto dell’attore;

i fatti costitutivi del diritto alla protezione internazionale devono, quindi, essere necessariamente indicati dal richiedente, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli in giudizio d’ufficio, secondo la regola generale;

il Tribunale si è correttamente arrestato alla constatazione che nessuna allegazione di condizioni di vulnerabilità riferite al ricorrente era stata fatta, non potendo introdurre d’ufficio i fatti costitutivi del diritto azionato (Cass. 27336/2018);

5.1 il terzo motivo di ricorso lamenta l’erronea valutazione delle risultanze processuali e l’esistenza di una motivazione insufficiente in merito alla richiesta di concessione della protezione umanitaria, in quanto l’integrazione del migrante doveva considerarsi effettiva e questi si sarebbe trovato, in caso di rimpatrio, a dover fronteggiare una condizione di vulnerabilità idonea a compromettere la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali;

5.2 il motivo è inammissibile;

il Tribunale, all’esito del giudizio di non credibilità, ha ritenuto che l’integrazione sociale del richiedente asilo, quand’anche ritenuta sussistente, non sarebbe stata di per sè idonea a riconoscere la protezione umanitaria richiesta, in mancanza di una acclarata situazione di vulnerabilità del richiedente;

sotto quest’ultimo profilo infatti, a giudizio del collegio di merito, l’estrema povertà del ricorrente e della sua regione di provenienza, in sè e per sè considerata, non poteva valere a concedere tale forma di protezione (intendendosi così nella sostanza sostenere che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero parametri di benessere, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di difficoltà economica e sociale, in assenza di qualsivoglia effettiva

condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico; Cass. 3681/2019);

a fronte dell’accertamento dell’assenza di alcuna condizione di vulnerabilità – che rientra nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017);

6. per tutto quanto sopra esposto il ricorso va pertanto respinto; la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

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