Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23715 del 22/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 22/11/2016, (ud. 20/09/2016, dep. 22/11/2016), n.23715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7626/2014 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GALLIA 2,

presso lo studio dell’avvocato CESARE BERTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO CANNIZZO giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato GIANALBERTO FERRETTI, che

la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

UNIPOL ASSICURAZIONI S.P.A., giusta fusione per incorporazione nella

FONDIARIA-SAI SPA, in qualità di Impresa designata dal Fondo di

Garanzia Vittime della Strada in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

CONCILIAZIONE 44 presso lo studio dell’avvocato CARLA SILVESTRI

giusta procura speciale del Dott. Notaio G.T. in BOLOGNA

il 30/6/2016, rep. n. 83376;

– controricorrenti –

e contro

G.G., FIRS ITALIANA DI ASSICURAZIONI SPA IN LCA,

FONDIARIA SAI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1411/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 30/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato LAURA BERTI per delega;

udito l’Avvocato GIANALBERTO FERRETTI;

udito l’Avvocato CARLA SILVESTRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La presente controversia trae origine da un sinistro stradale tra R.A.M. e T.G.. Per quel che qui rileva, accertata la responsabilità del T. nella causazione del sinistro, veniva condannato in solido con la sua assicurazione Firs Italiana Ass.ni in liquidazione e con la Sai Assicurazione quale impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada, al ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla R.. La Corte d’Appello di Palermo riformava parzialmente la sentenza del Tribunale riducendo la responsabilità solidale della compagnia assicuratrice nei limiti del massimale ed incrementava la somma del risarcimento dovuta dal T. alla R.. La Corte di Cassazione con sentenza n. 25222 del 21 ottobre 2011, aveva parzialmente accolto il ricorso della R. ed, in particolare, sia il motivo relativo alla negazione, da parte della Corte di Appello, del risarcimento dei danni patrimoniali da lucro cessante pur avendo accertato la perdita della capacità lavorativa, sia il motivo relativo alla esclusione della responsabilità per inala gestio delle due compagnie assicuratrici.

2. La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 1411 del 30 settembre 2013, decidendo in sede di rinvio condannava il T. al pagamento in favore della R. dell’ulteriore somma di Euro 265.000.000 oltre interessi legali a titolo di lucro cessante da perdita della capacità lavorativa. Condannava la Firs e la Fondiaria Sai n.q., in solido per responsabilità da Inala gestio al pagamento in favore della R. della somma di Euro 236.602,88, oltre interessi.

3. Avverso tale pronunzia, T.G. propone ricorso in Cassazione sulla base di 3 motivi, illustrati da memoria.

3.1 Resistono con controricorso autonomi, illustrati da memoria, la Unipolsai Ass.ni (già Fondiaria Sai) e R.A.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 112, 394, 342 e 346 c.p.c.”.

Lamenta che la sentenza della Corte d’Appello è errata laddove nel condannarlo al risarcimento del danno da lucro cessante, avrebbe statuito su una domanda non tempestivamente riproposta dalla R. nel giudizio di rinvio atteso che non è contenuta nell’atto introduttivo di detto giudizio.

Il motivo è infondato.

Nel giudizio di rinvio le parti conservano la stessa posizione processuale assunta nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza annullata, ed ogni riferimento a domande ed eccezioni pregresse, nonchè, in genere, alle difese svolte, ha l’effetto di richiamare univocamente ed integralmente domande, eccezioni e difese già spiegate nel giudizio originario, sicchè, per la validità dell’atto riassuntivo, non è indispensabile che in esso siano riprodotte tutte le domande della parte in modo specifico, ma è sufficiente che sia richiamato – senza necessità di integrale e testuale riproduzione – l’atto introduttivo in base al quale sia determinabile per relationem il contenuto dell’atto di riassunzione, nonchè il provvedimento in forza del quale è avvenuta la riassunzione medesima. Ne consegue, inoltre, che il giudice innanzi al quale sia stato riassunto il processo non incorre nel vizio di ultrapetizione quando abbia pronunciato su tutta la domanda proposta nel giudizio in cui fu emessa la sentenza annullata, e non sulle sole diverse conclusioni formulate con l’atto di riassunzione, atteso che, a seguito della riassunzione, prosegue il processo originario (Cass. N. 23073/2014). Quindi correttamente, riferendosi alle domande formulate dalla R., il giudice del merito ha condannato il T. al risarcimento del danno da lucro cessante.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 324 e 340 c.p.c. e art. 2909 c.c.”.

Il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello in sede di rinvio ha errato perchè avrebbe modificato la sentenza parziale resa in primo grado che accertava una responsabilità illimitata e solidale della Firs e del T. e sulla quale si sarebbe formato il giudicato formale ed ha poi condannato solo il T. a risarcire il danno da lucro cessante alla R..

Il motivo è infondato.

La sentenza del giudice del rinvio non ha escluso la responsabilità della compagnia ma limita in capo alle società assicuratrici l’ammontare dell’esborso nei limiti del massimale di legge vigente all’epoca dei fatti. Pertanto non esiste il contrasto con l’eventuale giudicato formatosi con la sentenza di primo grado.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 1175, 1176 e 1375 c.c.”.

Si duole il ricorrente che il giudice del rinvio, pur uniformandosi al principio di diritto enunciato da questa Corte in ordine alla sussistenza della mala gestio in capo alle compagnie di assicurazione, abbia comunque violato e falsamente applicato le norme richiamate nella parte in cui non ha condannato le compagnie al pagamento in favore dei danneggiati di tutti i danni dagli stessi subiti ultramassimale non tenendo indenne l’assicurato, odierno ricorrente, da quanto dovrà pagare in più a causa del comportamento tenuto dalle assicurazioni che hanno gestito la lite in violazione delle regole di buona fede e correttezza, non adempiendo tempestivamente le proprie obbligazioni.

Il motivo è infondato.

L’inadempimento dell’assicuratore della r.c.a. alle proprie obbligazioni si riconduce a due differenti forme di responsabilità: la prima è quella da colpevole ritardo nei confronti del danneggiato, o c.d. mala gestio impropria, fondata sulla sua costituzione in mora ex art. 22 della 1. n. 990 del 1969 (ora ai sensi del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 145), non seguita dal dovuto pagamento, per la quale risponde a titolo di rivalutazione ed interessi anche oltre il limite del massimale, senza necessità che il danneggiato formuli specifica domanda, essendo sufficiente la richiesta di integrale risarcimento dei danni; la seconda è quella per c.d. mala gestio propria, nei confronti dell’assicurato, per condotte contrarie agli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto, che espone l’assicurazione anche oltre il massimale, purchè l’assicurato-danneggiante proponga specifica domanda (Cass. N. 3014/2016).

In ogni caso nell’assicurazione della responsabilità civile, la domanda con la quale l’assicurato, convenuto in giudizio dal terzo danneggiato, chieda di essere manlevato dal proprio assicuratore anche oltre il limite del massimale, invocandone il colpevole ritardo nell’adempimento della propria obbligazione indennitaria, con conseguente lievitazione del risarcimento dovuto dall’assicurato (cosiddetta responsabilità per mala gestio), deve essere espressamente formulata, e non può ritenersi implicita nella semplice chiamata in garanzia o nella domanda di essere tenuto indenne “da tutte le pretese attoree”, a nulla rilevando che l’attore abbia formulato una domanda di condanna dell’assicurato-danneggiante al pagamento del capitale, degli interessi e della rivalutazione.

Nel caso di specie la sentenza d’appello aveva escluso la mala gestio propria delle compagnie verso il T. e questo aveva impugnato incidentalmente in cassazione; la sentenza di legittimità (cfr. Cass. 25222/11 pagg. 24 e segg.) aveva dichiarato inammissibile il ricorso precisando che il T. non aveva nè dichiarato nè documentato di avere mai proposto una sì fatta domanda nel giudizio di primo grado, nè di averla riproposta in appello, nè di averne documentato i presupposti. Nè poteva giovarsi della domanda di mala gestio impropria formulata dal danneggiato assicurato in quanto i presupposti sono diversi. Infatti, in tal senso la sentenza di rinvio della Corte d’Appello prende atto del giudicato sul punto.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore di ciascun controricorrente che liquida in complessivi Euro 10.200,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2016

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