Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23714 del 22/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 22/11/2016, (ud. 20/09/2016, dep. 22/11/2016), n.23714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27858/2013 proposto da:

C.F., (OMISSIS), R.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OTRANTO 36, presso lo studio

dell’avvocato DAMIANO GIANANDREA, rappresentati e difesi dagli

avvocati GIANLUCA GARBIN, PIERFRANCESCO ZAMPIERI giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.A., P.R., SOCIETA’ CATTOLICA DI

ASSICURAZIONE COOP A RL (OMISSIS);

– intimati –

nonchè da:

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP A RL (OMISSIS) in persona

del procuratore Dott. B.A., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato

PIERFILIPPO COLETTI, che la rappresenta e difende giusta procura

speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

C.F. (OMISSIS), P.A.,

P.R., R.A. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2647/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 30/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato TEODORO DE GRANGE per delega;

udito l’Avvocato PIERFILIPPO COLETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e per l’accoglimento del 2 e 3 motivo del ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. T.G., C.F., nonchè T.V. e R.A., rispettivamente i primi genitori e i secondi fratelli della vittima T.N., convennero in giudizio la Cattolica Ass.ni s.p.a., P.A. e R. per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti dai ricorrenti per la morte della loro congiunta sopravvenuta a seguito di incidente stradale quale terza trasportata sul motociclo condotto da P.R. e travolto da altra moto che sopraggiungeva a forte velocità.

Si costituì la sola Cattolica Ass.ni chiedendo il rigetto della domanda ed eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e l’intervenuta prescrizione.

Il Tribunale di Verona con la sentenza numero 37/2010 dichiarò improponibili le domande proposte da T.G. e rigettò quelle formulate da C.F..

2. La decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 2647 del 30 aprile 2013. La Corte ha affermato la responsabilità ex art. 2054 c.c., della conducente del ciclomotore ed ha affermato l’operatività della polizza nei confronti della terza trasportata. Ha rigettato l’eccezione di prescrizione riproposta dalla Cattolica Ass.ni nei confronti della C. accogliendo la domanda di risarcimento del danno, mentre ha ritenuto prescritta la domanda proposta da R.A..

3. Avverso tale decisione, C.F. e R.A. propongono ricorso in Cassazione sulla base di un motivo, illustrato da memoria.

3.1 Resiste con controricorso e ricorso incidentale con tre motivi, illustrati da memoria, la Cattolica Ass.ni s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Deve preliminarmente essere disposta la riunione dei ricorsi principale e incidentale ex art. 335 c.p.c..

4.1. Ricorso principale proposto da C.F. e R.A..

Con l’unico motivo, i ricorrenti deducono la “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5 – circa la declaratoria di prescrizione per la domanda di R.A.”.

Lamentano la contraddittorietà della sentenza laddove ritiene che per la C. non si sia prescritta l’azione in quanto il fatto costituisce reato e perciò si applica l’art. 2957 c.c., mentre per il R. ha ritenuto di accogliere l’eccezione di prescrizione perchè le raccomandate con cui si chiedeva il risarcimento del danno erano solo ed esclusivamente in nome della C. e mai del R..

Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Non risulta, infatti, se, dove e quando sia stata depositata la sentenza penale. E dove sia stata depositata in questa sede.

E principio consolidato di questa Corte che in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (Cass. S.U. n. 7161/2010; Cass. S.U. n. 28547/2008).

Pertanto, come nel caso di specie, la mancanza di una sola delle indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. n. 19157/12; Cass. n. 22726/11; Cass. n. 19069/2011).

Ma il motivo poi, per quanto riguarda il vizio denunciato ex art. 360, n. 5, è inammissibile perchè la sentenza impugnata è stata depositata il 30 aprile 2013. Pertanto, nel giudizio in esame, trova applicazione, con riguardo ai motivi concernenti la denuncia di vizio di motivazione, l’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, applicabile ai ricorsi proposti avverso provvedimenti depositati successivamente alla sua entrata in vigore (11 settembre 2012) (Cass. S.U. n. 19881/2014).

Inoltre sarebbe ugualmente infondato in quanto il giudice del merito fonda la propria decisione sul presupposto che nelle raccomandate di messa in mora il R. non è mai menzionato.

5. Ricorso incidentale promosso dalla Cattolica Ass.ni.

5.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale, la Cattolica si duole della “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 170, n. 2, nonchè della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 1, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Lamenta che la Corte territoriale ha illegittimamente affermato in violazione della sopra indicata normativa la operatività della garanzia della polizza assicurativa RC anche in favore del terzo trasportato sul ciclomotore nonostante che si trattasse di trasporto vietato dalla legge e quindi non assicurabile e non assicurato senza necessità dell’esistenza di una clausola pattizia, infondatamente presupposta dalla Corte, in quanto la non assicurazione del trasportato discendeva dalla legge e non dall’eventuale patto contrattuale.

Il motivo è inammissibile perchè la questione è stata proposta per la prima volta in questa sede. Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. n. 23675/2013).

Ma sarebbe ugualmente inammissibile perchè la Corte d’Appello ha deciso in conformità con la giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 6403/2016; Cass. n. 20190/2014). La clausola di una polizza assicurativa della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli che escluda la copertura assicurativa qualora il conducente non sia abilitato alla guida si applica nel caso in cui risulti che questi, al momento del sinistro, non avesse mai conseguito la patente di guida, ovvero che la validità o l’efficacia di essa fossero venute meno per qualsiasi ragione, ma non quando si accerti che egli, in possesso di regolare patente di guida, abbia solo violato le relative prescrizioni o quelle del codice della strada, potendo tale circostanza escludere la garanzia assicurativa solo se espressamente prevista dalle condizioni di contratto. (Fattispecie relativa a sinistro stradale avvenuto nel 1987, sotto il vigore dell’art. 79 dell’abrogato C.d.S., conseguente all’inosservanza del divieto di trasportare passeggeri su un ciclomotore).

5.2. Con il secondo motivo denuncia la società ricorrente incidentale, “la violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., dell’art. 2909 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Lamenta che la sentenza impugnata pur avendo dato atto dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza penale ed aver escluso che tale giudicato non era opponibile alle parti convenute che non avevano partecipato a quel processo, erra quando non considera, invece, che la sentenza penale aveva attribuito il 75% al conducente della moto investitrice.

Il motivo è inammissibile.

In applicazione del principio di autonomia e separazione dei giudizi penale e civile, il giudice civile investito della domanda di risarcimento del danno da reato deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità con pienezza di cognizione, non essendo vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale. Il giudice civile può legittimamente utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in cosa giudicata e fondare la decisione su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, procedendo a tal fine a diretto esame del contenuto del materiale probatorio, ovvero ricavando tali elementi e circostanze dalla sentenza, o se necessario, dagli atti del relativo processo, in modo da accertare esattamente i fatti materiali sottoponendoli al proprio vaglio critico (Casss. n. 15112/2013). E cio, è quanto ha fatto il giudice del merito che ha ritenuto la concorrente responsabilità ex. art. 2054 c.c., della conducente del ciclomotore assicurato dalla società ricorrente incidentale, poichè stava compiendo manovra di svolta con passeggero.

5.3. Con il terzo motivo denuncia, “la violazione e falsa applicazione dell’art. dell’art. 2909 c.c. e del principio del ne bis in idem e del divieto di duplicazioni risarcitorie, nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Si duole la società Cattolica che essendo certo il giudicato esterno per la signora C., parte civile nel processo penale, la Corte territoriale per la determinazione del risarcimento avrebbe dovuto decurtare, per evitare duplicazioni risarcitorie, dalla somma riconosciutale la provvisionale di Euro 35.000 liquidata in favore della C. dal Tribunale penale di Roma.

Il motivo è inammissibile sia per la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, sia per la sua genericità. Affinchè il giudicato esterno possa fare stato nel processo è necessaria la produzione della sentenza ed il ricorrente incidentale non indica nè dove, nè quando, la stessa sia stata prodotta.

Inoltre nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata. Sono inammissibili quei motivi che non precisano in alcuna maniera in che cosa consiste la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitano ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (Cass. 15263/2007).

6. La Corte decidendo sui ricorsi riuniti dichiara inammissibile sia il ricorso principale sia quello incidentale. In considerazione della reciproca soccombenza dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

7. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

la Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, dichiara inammissibile il ricorso principale e il ricorso incidentale. Spese compensate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2016

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