Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23713 del 22/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 22/11/2016, (ud. 20/09/2016, dep. 22/11/2016), n.23713

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17050/2014 proposto da:

I.F., e G.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CICERONE 60, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

IZZO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO

POLESE giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del suo Amministratore

Delegato e legale rappresentante Rag. GU.RO., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE CARSO, 9, presso lo studio dell’avvocato

DANIELE VITALE, che la rappresenta e difende giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

S.P., C.B.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 25263/2013 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 19/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato CARLA PREVITI per delega;

udito l’Avvocato DANIELE VITALE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Giudice di pace di Roma rigettò le domande di risarcimento danni, subiti in occasione di un sinistro stradale, proposte dall’attore I.F. e dall’intervenuta G.M. contro S.P., C.B. e la Vittoria Assicurazioni S.p.A., condannando gli istanti al pagamento delle spese processuali.

2. – Avverso la decisione interponevano appello l’ I. e la G., che il Tribunale di Roma, nel contraddittorio con la Vittoria Assicurazioni S.p.A. (costituitasi in giudizio), il S. ed il C. (rimasti contumaci), con sentenza resa pubblica il 19 dicembre 2013, dichiarava improcedibile, per non aver la “parte appellante… prodotto nel fascicolo di parte di secondo grado, in violazione del disposto di cui all’art. 347 c.p.c., comma 2, copia della sentenza appellata”, così da non consentire “una decisione di merito sul gravame”.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono I.F. e G.M., affidando l’impugnazione ad un unico, articolato, motivo, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la Vittoria Assicurazioni S.p.A..

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede S.P. e C.B..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 347 c.p.c., comma 2 e art. 348 c.p.c..

1.1. – Si deduce, in primo luogo, che il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato il comma secondo dell’art. 347 c.p.c., il quale, a differenza dell’art. 348 c.p.c., non commina la improcedibilità del gravame per mancato inserimento nel fascicolo di parte della sentenza impugnata, mirando solo a garantire la possibilità di esame della stessa da parte del giudice di appello, tenuto comunque a pronunciare nel merito ove abbia gli elementi per poterlo fare. Nella specie, in base agli atti di parte (appello e comparsa di risposta della compagnia di assicurazioni, nonchè documentazione prodotta in giudizio) il giudice di secondo grado aveva a disposizione tutti gli elementi per decidere nel merito.

1.2. – Inoltre, si assume che il giudice del gravame avrebbe applicato l’art. 347, comma 2, a fattispecie non pertinente, posto che copia della sentenza appellata risultava “indicata tra gli atti depositati, sub n. 2”, con annotazione a penna, sicchè lo stesso giudice avrebbe dovuto considerare come avvenuto il deposito della sentenza di primo grado e, in ragione del suo smarrimento “in data successiva”, invitare l’appellante alla produzione di ulteriore copia.

2. – Il motivo è fondato quanto al profilo sub 1.1., con assorbimento della censura sub 1.2.

2.1. – Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di rito sollevate dalla parte controricorrente.

Quanto alla dedotta inammissibilità del ricorso per asserita carenza di specificazione in ordine all’interesse ad impugnare la declaratoria di improcedibilità dell’appello, è sufficiente osservare che – come emerge dallo stesso ricorso – non trattasi di gravame astratto e privo di utilità concreta, stante l’interesse degli stessi ricorrenti a conseguire, una volta cassata la decisione di secondo grado, una pronuncia sul merito dell’appello, a suo tempo interposto a seguito della soccombenza, nel merito, all’esito del giudizio di primo grado. Nè il fatto che la compagnia assicuratrice appellata avesse, dinanzi al Tribunale, avanzato “eccezioni e contestazioni” (in ordine alla validità della procura alle liti per conflitto di interessi e sul merito dei motivi di appello) è ragione che consente di ritenere insussistente l’interesse all’impugnazione da parte dei ricorrenti, rilevando, semmai, come questioni impregiudicate e da potersi dedurre nuovamente dinanzi al giudice del merito.

E’ infondata anche l’eccezione di violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, giacchè il ricorso illustra sommariamente i fatti rilevanti ai fini della presente impugnazione, là dove il profilo della tempestività dell’appello (eccepito anche come violazione dell’art. 382 c.p.c., comma 3) non risultava – secondo quanto si evince dalle stesse difese della controricorrente e dalla comparsa di risposta in appello – oggetto di alcun rilievo in sede di gravame, come peraltro confermato dalla decisione del Tribunale, imperniata unicamente sulla postulata impossibilità di decidere l’impugnazione nel “merito”.

Del resto, che la proposizione dell’appello ne consentisse la trattazione nel “merito” anche per ciò che concerneva la presupposta tempestività da parte del giudice di secondo grado è confortato dalle circostanze (che si desumono anche in base al fascicolo di parte appellata, esaminabile per la natura processuale del vizio rilevabile anche d’ufficio in questa sede: tra le molte, Cass., 6 maggio 2013, n. 10440) che l’atto di appello indicava le date di notificazione della sentenza impugnata (23 e 27 febbraio 2012) e che la notificazione dell’impugnazione è avvenuta con spedizioni postali del 17 marzo 2012 (risultando in atti esservi anche gli avvisi di ricevimento), senza che in riferimento anche a tali elementi vi sia stata alcuna contestazione da parte dell’appellata costituitasi in sede di gravame.

2.2. – Sul fondo delle censure va osservato che, alla luce dell’orientamento prevalente e ormai consolidato di questa Corte cui il Collegio intende dare continuità -, l’art. 347 c.p.c., comma 2, nel prevedere che l’appellante debba inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza impugnata, non commina, in caso di omissione di detto incombente, la sanzione dell’improcedibilità, come previsto, invece, dall’art. 348 c.p.c., per la mancata costituzione nei termini o per la mancata comparizione dell’appellante alla prima udienza ed a quella successiva all’uopo fissata. Ne consegue che la mancanza in atti della sentenza impugnata non preclude al giudice la possibilità di decidere nel merito qualora, sulla base degli atti, egli disponga di elementi sufficienti (Cass., 10 dicembre 2013, n. 27536; nella stessa prospettiva, tra le altre, Cass., 11 gennaio 2010, n. 238, Cass., 20 gennaio 2014, n. 1079).

Nel ricorso si dà contezza, nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (in riferimento a quest’ultima norma, anche tramite la produzione del fascicolo di parte: tra le altre, Cass., 11 gennaio 2016, n. 195), dei contenuti degli atti processuali (appello e comparsa di risposta; atti, peraltro, conoscibili direttamente da questa Corte, quale giudice del “fatto processuale”, in ragione della natura processuale del vizio, nella sostanza, dedotto) dai quali, complessivamente, si evince, in termini sufficientemente chiari ed utili, il thema decidendum (portata della sentenza impugnata e ragioni di gravame, oltre che “eccezioni e contestazioni” di parte appellata) sul quale avrebbe dovuto vertere il giudizio di gravame, essenzialmente incentrato – quanto ai motivi di impugnazione – sulla denuncia di erronea valutazione delle risultanze istruttorie (segnatamente, modello CAI e documentazione prodotta).

Il giudice di appello ha, quindi, errato a ritenere che l’impugnazione fosse improcedibile, ai sensi del secondo comma dell’art. 347 c.p.c., per non poter consentire “una decisione di merito” in assenza di copia della sentenza gravata, sebbene gli atti e i documenti a disposizione fossero sufficienti allo scopo.

3. – Va, dunque, accolto il profilo di censura esaminato (con assorbimento dell’ulteriore profilo di doglianza) e la sentenza impugnata cassata con rinvio al Tribunale di Roma, in diversa composizione, per l’esame, nel merito, dell’appello proposto da I.F. e G.M., dovendo il giudice del rinvio provvedere anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE:

accoglie il ricorso nei termini precisati in motivazione;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2016

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