Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23713 del 10/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/10/2017, (ud. 06/09/2017, dep.10/10/2017),  n. 23713

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 447-2014 proposto da:

B.F., G.M., elettivamente domiciliate in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentate e difese dall’avvocato LUIGI MAGGIANI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 335/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 10/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/09/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– con la sentenza impugnata la Corte di appello di Genova, ha confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da B.F. e G.M. intesa ad ottenere la declaratoria di illegittimità dei contratti a termine stipulati in successione con il Ministero in qualità di collaboratore scolastico ed il conseguente risarcimento dei danni. Ha ritenuto la Corte territoriale che nella stipula in questione non potesse ravvisarsi alcun abuso, essendo le tipologie di supplenze sorrette da ragioni oggettive di carattere temporaneo, quale la necessità di espletamento del servizio scolastico nei casi di momentanea assenza del personale;

– per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso le dipendenti del MIUR, affidato a tre motivi;

– il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha resistito con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

chòe il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– Con il primo motivo la parte ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del considerando n. 16, dell’art. 2 della direttiva 1999/70/CE, nonchè del preambolo (commi 2, 3 e 4 dei punti 6, 7, 10 delle considerazioni generali, della clausola 1, lettera b, della clausola 2, punto 1), della clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro CES – UNICE – CEEP sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito e allegato alla direttiva comunitaria 1999/70/CE; violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1,4 e 5 (commi 4 e 4 bis), 10 e 11, anche in combinato disposto con la L. 4 giugno 1999, n. 124, art. 5. Premette che le supplenze disciplinate dalla L. n. 124 del 1999, art. 4 sono volte a soddisfare esigenze permanenti sia nella ipotesi in cui attengano a vacanze sul cosiddetto organico di diritto, sia qualora si riferiscano a posti disponibili di fatto, atteso che solo i contratti a termine previsti dal richiamato art. 4, comma 3 presuppongono una ragione effettivamente temporanea e transitoria, essendo per lo più stipulati nei casi di sostituzione di personale assente. Deduce che la normativa speciale, in quanto in insanabile contrasto con le previsioni del D.Lgs. n. 368 del 2001, è stata da quest’ultimo abrogata, in forza della norma di chiusura dettata dall’art. 11 stesso decreto. Aggiunge che il sistema del reclutamento del personale a termine della scuola viola la direttiva richiamata in rubrica, perchè consente la reiterazione del contratto a tempo determinato in assenza di ragioni oggettive, non potendosi ritenere tali le esigenze di contenimento della spesa pubblica, e senza porre alcun limite al numero dei rinnovi o alla durata massima dei contratti;

– con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 oltre che della direttiva eurounitaria e del già richiamato D.Lgs. n. 368 del 2001. Sostiene che, una volta accertata la illegittimità della reiterazione, dovrebbe essere disposta la trasformazione del rapporto a termine in contratto a tempo indeterminato, in quanto il personale da immettere definitivamente nei ruoli del Ministero viene individuato sulla base della posizione rivestita nelle graduatorie permanenti, utilizzate anche per il conferimento delle supplenze annuali. Nell’ambito scolastico, quindi, alla pronuncia di conversione non risulta ostativo il principio costituzionale del pubblico concorso, giacchè il reclutamento, anche nella sua forma ordinaria, prescinde da quest’ultimo. Aggiunge che la giurisprudenza della Corte di Giustizia è chiara nell’affermare che l’abuso può essere represso e sanzionato anche attraverso una misura diversa dalla conversione, purchè quest’ultima sia effettiva, dissuasiva ed equivalente. Il risarcimento del danno, pertanto, deve essere congruo e deve avere anche una finalità sanzionatoria;

– con il terzo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 125 c.p.c. ed omesso esame di un fatto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5: rileva l’illegittimità della tecnica di redazione della sentenza impugnata effettuata mediante riproduzione virgolettata delle motivazioni di altra sentenza;

– che i primi due motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione della intrinseca connessione, sono infondati ai sensi di quanto previsto dalla decisione di questa Corte n. 22557 del 18/10/2016 ai cui principi occorre uniformarsi;

– in particolare è stato affermato (punto 118. A della citata Cass. n. 22557/2016) che la disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità;

– è stato anche precisato (punto 119.6) che per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1, e 11 e in applicazione della direttiva 1999/70/CE è illegittima la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, stipulati a far tempo dal 10.7.2001 e che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa superiore a trentasei mesi;

– è stato rimarcato (punto 120.C) che, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5), la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione;

– è stato, altresì, chiarito (punto 121. D) che nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109 e così anche (punto 122. E) nelle ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi-concorsuali;

– qualora trattasi (punto 124. G) di ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016;

– invece (punti 102 e 125. H) nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;

che, tanto premesso, va rilevato che nella fattispecie dedotta in giudizio non è configurabile alcuna abusiva reiterazione dei contratti a termine, poichè le parti ricorrenti non hanno allegato la ricorrenza di una reiterazione per oltre trentasei mesi di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1 mentre dalla combinata lettura della sentenza impugnata e del ricorso per cassazione (vedi in particolare pg. 2 del ricorso) emerge che si è trattato esclusivamente di tre assunzioni a termine su posti di organico di fatto, in qualità di collaboratore scolastico, dal 2006 al 2009;

– che la parte ricorrente non ha, d’altra parte, mai dedotto nè allegato – se non con apodittica e generica affermazione – che vi sia stato, nella concreta attribuzione delle supplenze sui posti in organico di fatto un uso improprio o distorto del potere di macrorganizzazione delegato dal legislatore al Ministero in ordine alla ricognizione dei posti e delle concrete esigenze del servizio; neppure ha allegato circostanze concrete (quali il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso Istituto e con riguardo alla stessa cattedra) che consentissero di ritenere permanenti e durature le esigenze di copertura dei posti di fatto disponibili;

– che anche il terzo motivo è manifestamente infondato alla luce del principio enunciato da Cass. n. 17640 del 06/09/2016, in forza del quale La sentenza di merito può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso ufficio, in quanto il riferimento ai “precedenti conformi” contenuto nell’art. 118 disp. att. c.p.c.non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile; in tal caso, la motivazione del precedente costituisce parte integrante della decisione, sicchè la parte che intenda impugnarla ha l’onere di compiere una precisa analisi anche delle argomentazioni che vi sono inserite mediante l’operazione inclusiva del precedente, alla stregua dei requisiti di specificità propri di ciascun modello di gravame, previo esame preliminare della sovrapponibilità del caso richiamato alla fattispecie in discussione;

che, di conseguenza, il ricorso, in conformità alla proposta, va integralmente rigettato;

che nessun provvedimento deve essere adottato riguardo alle spese di lite, in ragione del mancato espletamento di attività difensiva ad opera dell’intimata;

che ricorrono i presupposti per l’applicazione del raddoppio del contributo ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

Rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2017

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