Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23711 del 01/09/2021

Cassazione civile sez. III, 01/09/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 01/09/2021), n.23711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30661/2019 proposto da:

D.A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA

732 presso lo studio dell’avv. Elvira Riccio, e rappresentato e

difeso dall’avv. STELLA CRINITI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 948/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 03/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Con ricorso affidato a cinque motivi, D.A.S., cittadino del Gambia, ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, resa pubblica il 3 maggio 2019, che ne rigettava il gravame avverso la decisione di primo grado del Tribunale della medesima Città, che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: a) il racconto del richiedente (aver lasciato il Paese di origine per timore di essere arrestato perché accusato di aver portato dallo zio una sua amica che lo zio stesso – poi fuggito dopo il fatto aveva violentato e la quale era deceduta in ospedale per le violenze subite) rappresentava un fatto soltanto di rilievo penalistico; b) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, né della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), non avendo il richiedente riferito di “atti di violenza nella sua città o al processo per punire i colpevoli” e non avendo egli chiarito la sua posizione pur essendo innocente; c) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. C non ravvisandosi una minaccia grave e individuale alla vita del richiedente, né sussistendo una condizione di violenza generalizzata in situazione di conflitto armato; c) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, risultando che il richiedente ha svolto in Italia solo tirocinio formativo e non essendo emersa una situazione di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva in caso di rimpatrio nel Paese di origine.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, essendosi limitato a depositare “atto di costituzione” al fine di partecipare ad eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 46, par. 3, direttiva 2013/32/CE, 47 Carta diritti fondamentali UE, art. 24 Cost., comma 2 “per avere la Corte di Appello omesso di pronunciarsi e quindi non aver disposto l’audizione personale del ricorrente motivando che il ricorrente sentito dalla Commissione Territoriale avesse illustrato con chiarezza le ragioni dell’espatrio, salvo poi ritenere il richiedente non credibile e il narrato lacunoso e frammentario”.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. b) e c), art. 4, artt. 115,116,210 e 213 c.p.c., “per avere la Corte di Appello ritenuto non credibile il racconto del ricorrente e per aver omesso di attivare i poteri istruttori del Giudice di merito e di pronunciarsi sulle richieste istruttorie e ordine di esibizione”.

2.1. – I primi due motivi, da scrutinarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili.

Con essi (peraltro non sorretti da idonea indicazione del contenuto e della necessaria localizzazione processuale, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, degli atti e documenti su cui si fondano: in particolare, quanto al primo motivo, un non meglio identificato mandato di cattura della Polizia Gambiana, che viene indicato come prodotto in chiusura del ricorso, ma del quale non si indica la sede ed il modo in cui sarebbe entrato nel processo di merito; quanto al secondo motivo sempre tale atto ed anche la decisione di primo grado, che dice avere rigettato per difetto di procura la domanda, mentre la sentenza impugnata parla di rigetto) non è affatto colta la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale (oltre ad aver dato delle ragioni per cui non si riteneva necessaria l’audizione dell’appellante) non ha escluso che il narrato del richiedente asilo non fosse credibile (in modo del tutto capzioso, parte ricorrente riproduce a p. 17 un passo che indica come motivazione della decisione impugnata, nel quale la Corte territoriale avrebbe detto non credibile il suo racconto, ma esso non si rinviene nella decisione stessa), ma lo ha assunto come tale e in base ad esso ha valutato la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle varie forme di protezione richieste.

3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, “per avere la Corte di Appello omesso totalmente le ragioni di diritto che hanno condotto al rigetto del riconoscimento dello status di rifugiato e della tutela subordinata. Motivazione contraddittoria: contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, a tal riguardo richiamando un contesto politico sociale del Gambia non attuale e l’asserita non credibilità del richiedente.

3.1. – Il motivo è inammissibile.

Le Corte territoriale ha motivato (cfr. sintesi nel “Rilevato che”) in modo intelligibile e nel rispetto del c.d. “minimo costituzionale” (cfr. Cass., S.U., n. 8053/2014) il rigetto dei motivi di gravame relativi al mancato riconoscimento delle varie forme di protezione internazionale richieste, là dove, poi, il ricorrente deduce come presupposti della denunciata contraddittorietà inemendabile della motivazione: a) l’asserita valutazione di inattendibilità del proprio narrato, quale doglianza che, come visto, non è affatto pertinente rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata; b) la contraddizione intrinseca all’analisi delle condizioni socio-politiche del Gambia, che, tuttavia, tale non è in quanto la Corte territoriale ha ben distinto l’analisi su ha fondato la valutazione dei presupposti della protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e quella relativa alle altre forme di protezione richieste.

4. – Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 4, 5, 7 e art. 14, comma 1, lett. b) e c), artt. 2, 3, 5, 8 e 9 CEDU, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 27, comma 1 bis, “dal momento che il rigetto del riconoscimento della protezione sussidiaria è stato emesso sull’erronea valutazione del (mancato) rischio cui incorrerebbe il ricorrente in caso di rientro forzoso, in considerazione dell’attuale contesto socio-politico del (OMISSIS) comparato al caso personale del sig. D.. Difetto di istruttoria”.

4.1. – Il motivo è inammissibile.

Con esso non è colta la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha esaminato la condizione socio-politica del (OMISSIS), alla luce di COI specificamente indicate (tra cui rapporto Am.Int 2017/2018), sia in relazione alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. b), sia ai fini del medesimo art. 14, lett. c.

Peraltro, a fronte di ciò il ricorrente aveva l’onere di indicare le COI che secondo la sua prospettazione avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio, con la conseguenza che, in mancanza di tale allegazione (come nella specie), non potendo la Corte di cassazione valutare la teorica rilevanza e decisività della censura, questa deve essere dichiarata inammissibile (così per il caso, ancor più significativo, di mancata indicazione della fonte: Cass. n. 21932/2020, Cass. n. 22769/2020).

5. – Con il quinto mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 5 e art. 19, comma 1, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, per “Illogica, contraddittoria e apparente motivazione per aver il Collegio rigettato la richiesta di protezione umanitaria senza operare un esame reale della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente, anche con riferimento dal paese di origine e alla omessa valutazione dell’integrazione sociale del richiedente”.

5.1. – Il motivo è inammissibile.

A fronte della motivazione (cfr. sintesi nel “Rilevato che”) resa dalla Corte territoriale in punto di valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass., S.U., n. 29459/2019), le critiche di parte ricorrente sono generiche e orientate, anche nella sostanza, a dedurre un vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione non più veicolabile ratione temporis, peraltro senza alcuna indicazione sempre nei sensi indicati e nuovamente quanto al preteso carattere di rito della sentenza di primo grado che non si dice se prodotta in questa sede – dei contenuti dei documenti su cui esse si fondano e senza rispettare l’onere di localizzazione processuale di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

6. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte rimasta soltanto intimata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2021

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