Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23710 del 22/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 22/11/2016, (ud. 20/09/2016, dep. 22/11/2016), n.23710

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8885/2014 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO 9, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO DE ARCANGELIS, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO GRACIS

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA S.P.A., quale Impresa Designata per la gestione del

Fondo di Garanzia per le Vittime della strada, in persona del Dott.

P.V. e Dott. D.G., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato

MARCO VINCENTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANTONIO RICCI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2992/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 16/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO GRACIS;

udito l’Avvocato MARCO VINCENTI anche per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento dei primi due

motivi di ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza resa pubblica il 16 dicembre 2013, la Corte di appello di Venezia rigettava, con compensazione integrale delle spese, l’appello proposto da S.P., quale erede di S.M., contro la sentenza del Tribunale di Treviso che, a sua volta, aveva respinto la domanda avanzata dalla medesima S. per conseguire, nei confronti della convenuta Assicurazioni Generali S.p.A., quale impresa designata alla gestione del Fondo di garanzia per le vittime della strada, il risarcimento dei danni patiti dalla de cuius in conseguenza della morte del figlio, Z.M., investito da autovettura rimasta sconosciuta nel sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS), allorquando lo stesso Z., sbalzato dal proprio ciclomotore (a seguito di urto con un muro sito ai margini della carreggiata di percorrenza) e “rimbalzato al centro della strada… era stato arrotato da più auto rimaste sconosciute e dalla Renault 5 condotta da Se.Ca.”, poi prosciolto in sede penale “per non aver commesso il fatto”.

1.1. – La Corte territoriale, sulla scorta delle c.t.u. (“ricostruttiva e medico-legale”) espletate nel corso del giudizio di primo grado (e premesso che la sentenza penale di proscioglimento del Se. non faceva stato nell’instaurato giudizio civile e che la “perizia ricostruttiva” espletata nel procedimento penale non era opponibile alla compagnia assicuratrice, rimasta estranea a detto procedimento), riteneva accertato che lo Z. non fosse stato “investito da più autovetture”, bensì da un solo autoveicolo, ossia la Renault 5 condotta dal Se. (come dal medesimo, e dal proprietario L., riferito). Sicchè, in presenza di un unico investimento, era da escludersi “l’intervento di un ulteriore veicolo rimasto sconosciuto, così come prospettato dall’attrice nell’atto di citazione”, mancando, quindi, “ogni prova non solo della responsabilità ma anche della presenza di veicolo non identificato ricollegabile in qualche modo al sinistro”.

2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre S.P. sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso la Generali Italia S.p.A., quale impresa designata dal F.G.V.S., successore a titolo particolare di Assicurazioni Generali S.p.A., rappresentata da Generali Business Solutions S.c.p.A..

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. a).

Posto che l’identificazione del preteso responsabile del sinistro era avvenuta soltanto nel corso del presente giudizio civile, all’esito di contraddittori accertamenti peritali (disposti anche in sede penale), a distanza di molti anni dalla scadenza dello spatium deliberandi di legge, la Corte territoriale avrebbe errato a non interpretare la L. n. 990 del 1969, art. 19, nei seguenti termini: “il Fondo Vittime risponde sempre L. n. 990 del 1969, ex art. 19, comma 1, lett. a), dei danni circolatori cagionati da un veicolo restato sconosciuto quando la sua incolpevole omessa identificazione si sia protratta sino al momento dell’instaurazione del processo risarcitorio avvenuta dopo la consunzione dello spatium deliberandi di legge (L. n. 990 del 1969, art. 22), senza perdere mai la propria legittimazione passiva, anche quando dovesse successivamente intervenire, a seguito di accurate indagini e di iniziative probatorie, l’identificazione originariamente non avvenute del responsabile”.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. a).

Il giudice di appello, intendendo malamente che il requisito posto dalla L. n. 990 del 1969, art. 19, della “non avvenuta identificazione del veicolo investitore… coincidesse con quella della sua non identificabilità”, avrebbe errato nel ritenere che l’avvenuta identificazione di un unico responsabile del sinistro avesse determinato “una sorta di caducazione ex lege della legittimazione passiva dell’impresa designata”.

3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2054 c.c., comma 1.

La Corte territoriale avrebbe violato la disposizione indicata in rubrica nell’affermare che la domanda non poteva accogliersi anche per “la mancanza di prova della responsabilità del veicolo investitore”, così da non considerare la prova presuntiva ivi sancita e che, nella specie, sussisteva in ragione della accertata morte dello Z. per arrotamento dell’auto investitrice, “il cui conducente (sia che fosse il Se. che un’altra persona) si era dileguato dal luogo del sinistro senza che venisse così identificato”.

4. – Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “omessa corrispondenza tra il chiesto e il giudicato”, ex art. 112 c.p.c..

La Corte di appello avrebbe travisato la domanda dell’attrice, siccome ad esso “rivolta” e che “faceva seguito” a quella proposta in primo grado, che mirava a “verificare se nella fattispecie concreta ricorressero oppure no i requisiti per una rispondenza del Fondo Vittime” ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 19, comma 1, lett. a), “all’epoca dell’introduzione della causa”.

5. – Il primo motivo è fondato nei termini di seguito precisati, ciò comportando l’assorbimento dell’esame delle doglianze mosse con i restanti motivi.

5.1. – La L. n. 990 del 1969, art. 19, (applicabile ratione temporis alla presente fattispecie; disposizione che, comunque, si trova trasposta nell’attuale D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 283), al comma 1, lett. a) – in combinato disposto con i successivi commi quarto e quinto – prevede che l’impresa designata (a norma della medesima L. n. 990, art. 20) risarcisca il danno causato dalla circolazione dei veicoli e dei natanti per il quale sussista l’obbligo di assicurazione nel caso in cui “il sinistro sia stato cagionato da veicolo o natante non identificato”.

A questi fini (ma non solo) la stessa L. n. 990 del 1969, (a mente del citato art. 19) ha previsto la costituzione, presso la CONSAP, di un “Fondo di garanzia per le vittime della strada” (FGVS), del quale Fondo l’impresa designata (individuata da apposito decreto ministeriale) è mandataria ex lege senza rappresentanza, assumendo in proprio l’obbligazione diretta nei confronti della vittima ed essendo detto FGVS soltanto tenuto a rifondere ad essa l’importo risarcitorio versato (cfr. Cass., 13 gennaio 2015, n. 274).

Questa Corte ha in più di un’occasione affermato che il danneggiato il quale promuova richiesta di risarcimento nei confronti dell’impresa designata per il FGVS ai sensi dell’art. 19 citato, comma 1, lett. a), ha l’onere di provare, oltre al fatto che il sinistro si è verificato per condotta dolosa o colposa del conducente di un altro veicolo (o natante), che questo è rimasto sconosciuto, essendo a tal riguardo sufficiente la dimostrazione che, dopo la denuncia dell’incidente alle competenti autorità di polizia, le indagini compiute o quelle disposte dall’autorità giudiziaria, per l’identificazione del veicolo o natante investitore, abbiano avuto esito negativo, senza che possa addebitarsi al danneggiato l’onere di ulteriori indagini articolate o complesse, purchè egli abbia tenuto una condotta diligente mediante formale denuncia dei fatti ed esaustiva esposizione degli stessi (cfr., tra le altre, Cass., 13 luglio 2011, n. 15367; analogamente: Cass., 8 marzo 1990, n. 1860; Cass., 25 luglio 1995, n. 8086; Cass., 3 settembre 2007, n. 18532; Cass., 4 novembre 2014, n. 23434; Cass., 18 settembre 2015, n. 18308).

Di qui, il principio – che si rinviene segnatamente in Cass. n. 374/2015, cit., ed al quale il Collegio intende dare seguito con ulteriori puntualizzazioni – secondo cui, nel caso di sinistro causato da veicolo (quale mezzo che interessa in questa sede) non identificato, l’obbligo risarcitorio sorge allorquando l’identificazione sia stata impossibile per circostanze obiettive, da valutare caso per caso, e non imputabili a negligenza della vittima.

Sicchè, il requisito per azionare la tutela disciplinata dalla L. n. 990 del 1969, art. 19, comma 1, lett. a), risiede nella verificazione di sinistro causato da veicolo non identificato, nè identificabile con l’uso dell’ordinaria diligenza.

E’ evidente che il presupposto della non identificabilità del veicolo siccome determinata da circostanze obiettive e non imputabili alla negligenza del danneggiato esclude che quest’ultimo – onerato della prova dell’anzidetto presupposto – possa far agio su un mero stato di incertezza soggettiva, dovendo, dunque, il giudice del merito valutare la diligenza implicata dalla norma alla stregua della condotta esigibile da persona di normale avvedutezza e media istruzione e sensibilità; ossia alla stregua del bonus paterfamilias ai sensi dell’art. 1176 c.c. (cfr. ancora Cass. n. 274 del 2015).

5.2. – L’attore, dunque, una volta esaurito lo spatium deliberandi di cui alla medesima L. n. 990, art. 22, potrà agire nei confronti dell’impresa designata per conto del FGVS prospettando, anzitutto (e per quanto specificamente interessa in questa sede), la “non identificabilità” del veicolo che ha cagionato il sinistro; deduzione, questa, che dovrà essere supportata da un congruo corredo allegatorio e dalla prova in ordine all’impossibilità obiettiva di giungere all’identificazione del responsabile, non dipendente, quindi, da condotta negligente dello stesso attore danneggiato.

Una tale prospettazione soddisfa, in primo luogo e di per sè, il profilo della legitimatio ad causam, quale condizione dell’azione, non essendovi dubbi sulla idonea evocazione in giudizio del soggetto (astrattamente) tenuto a rispondere dell’obbligazione risarcitoria nell’ipotesi disciplinata dalla L. n. 990 del 1969, art. 19, comma 1, lett. a).

Ma, al tempo stesso, la medesima prospettazione, ove quanto allegato a suo sostegno trovi effettivo riscontro probatorio, soddisfa anche il profilo della titolarità passiva sostanziale del rapporto giuridico implicato, giacchè deve ritenersi che l’obbligazione risarcitoria a carico dell’impresa designata per il FGVS si stabilizzi, come tale, al momento della proposizione della domanda e non può venire meno nel caso in cui, nel corso del giudizio, si giunga alla identificazione del responsabile.

Militano per una siffatta soluzione una pluralità di ragioni.

5.3. – La prima, e imprescindibile, la si rinviene anzitutto nell’apparato normativo di riferimento, ossia dal dato positivo costituito dalla stessa legge n. 990 del 1969.

5.3.1. – In questo contesto, il piano della esegesi letterale deve essere concentrato sulla portata dell’art. 29, comma 1, (attuale D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 292, comma 1), il quale recita: “L’impresa designata che, anche in via di transazione, ha risarcito il danno nei casi previsti nell’art. 19, comma 1, lett. a) e b), ha azione di regresso nei confronti dei responsabili del sinistro per il recupero dell’indennizzo pagato nonchè dei relativi interessi e spese”.

La norma, infatti, nel configurare l’azione di regresso dell’impresa designata nei confronti del responsabile del sinistro, presuppone indefettibilmente, quanto alla fattispecie disciplinata dall’art. 19, comma 1, lett. a), che un responsabile sia stato identificato, non potendo altrimenti operare in alcun modo l’azione recuperatoria del quantum risarcito al danneggiato, essendo di per sè inconcepibile un regresso in assenza dell’obbligato sul quale rivalersi.

Ciò posto, la norma di cui all’art. 29, sia per che ciò attiene al momento di identificazione del responsabile del sinistro, sia per quanto riguarda il titolo su cui essa si fonda, non circoscrive, però, l’azione di regresso dell’impresa designata in un ambito delimitato e ristretto.

La lettera della disposizione, infatti, è aperta a più ipotesi applicative, tutte coerenti con la sua struttura e la sua ratio, le quali, anzi, si sorreggono a vicenda.

Quanto al momento di identificazione del veicolo inizialmente ignoto (da cui muove necessariamente l’azione di regresso dell’impresa designata), la norma in esame consente che esso possa aversi non solo durante lo spatium deliberandi di cui alla medesima L. n. 990 del 1969, art. 22, prima dell’instaurazione del giudizio risarcitorio o dopo la sua conclusione, ma anche durante lo svolgimento del giudizio anzidetto.

In ordine al titolo legittimante l’azione di regresso in esame, l’art. 29, si preoccupa di includere, espressamente, il risarcimento dell’impresa designata “anche in via di transazione”, con ciò evidenziando chiaramente che detta azione è consentita pure (ed anzi, a fortiori) in base a titoli di legittimazione ulteriori, come, segnatamente, proprio la sentenza di condanna della stessa impresa designata nei confronti del danneggiato.

Sentenza di condanna che, tuttavia, non sarebbe mai concepibile se si ritenesse che l’identificazione del responsabile in corso di giudizio comportasse necessariamente (per il venir meno della titolarità passiva sostanziale e, dunque, dell’obbligazione risarcitoria) il rigetto della domanda attorea.

Pertanto, sotto il profilo dell’interpretazione della lettera della legge, la disposizione dell’art. 29 esprime una norma la quale consente di reputare insorta e, soprattutto, stabilizzata già al momento della domanda giudiziale l’obbligazione risarcitoria dell’impresa designata per il FGVS, ovviamente sul presupposto, da verificarsi come sussistente a quel momento, della non identificabilità del veicolo secondo l’ordinaria diligenza.

Sicchè, in forza della medesima norma, l’impresa designata, che sia stata condannata a risarcire il danneggiato, potrà agire in regresso contro il responsabile del sinistro che sia stato identificato soltanto nel corso del giudizio risarcitorio instaurato ai sensi e per gli effetti della L. n. 990 del 1969, art. 19, comma 1, lett. a).

5.3.2. – L’indicata soluzione trova sostegno, peraltro, in un ulteriore elemento esegetico tratto dalla stessa L. n. 990, il quale, seppure di per sè non decisivo, disvela l’orientamento dell’intentio legis complessiva e ne rafforza la sostanza.

L’art. 22 (attuale D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 283, anche se quest’ultima disposizione esibisce una formulazione non del tutto coincidente rispetto alla previgente) esonera il danneggiato dal rinnovare la “richiesta” di risarcimento del danno già avanzata nei confronti dell’impresa designata (o della CONSAP) “qualora successivamente venga identificato l’assicuratore del responsabile”.

Sebbene la norma operi chiaramente in un ambito preprocessuale, volto al componimento stragiudiziale della lite, è comunque evidente l’intenzione di ascrivere alla previa “richiesta” stragiudiziale effettuata nei confronti dell’impresa designata per il FGVS – proprio nel caso del suo coinvolgimento ex art. 19, primo comma, lett. a) – un effetto, al tempo stesso, “esaustivo” ed “acceleratorio” sullo stesso piano processuale, giacchè detta “richiesta” è di per sè sufficiente a soddisfare la condizione di proponibilità della domanda giudiziale, anche se non indirizzata al soggetto (assicuratore del responsabile “identificato”) cui dovrebbe rinnovarsi.

5.4. – Un tale approdo ermeneutico si misura armonicamente con i piani dell’interpretazione Eurounitaria e costituzionale, i quali operano entrambi in modo deciso nello specifico settore in esame, come già messo in risalto dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, più di recente, cfr. le citate Cass. n. 274 del 2015 e Cass. n. 18308 del 2015).

Si è, difatti, evidenziato che la tutela già apprestata dalla L. n. 990 del 1969, per indennizzare le vittime dei c.d. “pirati della strada” non può più, come tale, essere messa in discussione dal legislatore nazionale (per i cogenti vincoli sovranazionali: attualmente, art. 117 Cost., comma 1) a seguito dell’art. 1, comma 4, della Direttiva CE del Consiglio 30.12.1983, n. 84/5, c.d. “Seconda Direttiva r.c.a.” (poi trasfuso nell’art. 10, comma 1, della Direttiva 2009/103/CE, del 16.9.2009), il quale ha imposto di adottare (e/o mantenere) una disciplina che sia volta a “garantire la vittima” (cfr. 6 Considerando della direttiva 84/5).

Di qui, peraltro, il principio, ormai consolidato, secondo cui la complessiva disciplina dell’assicurazione della r.c.a. è orientata al conseguimento di apprestare la maggior tutela possibile alle vittime della strada (cfr. anche 2, 12 e 14 Considerando della citata Direttiva 2009/103/CE).

Principio che è stato più volte ribadito dalla Corte costituzionale (sentt. n. 83 del 1977 e n. 235 del 2014, con richiamo, in entrambe, al fondativo principio di solidarietà), dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sent. 28 marzo 1996, Bernaldez, in causa C129/94; sent. 30 giugno 2005, Candolin, in causa C-537/03; sent. 9 giugno 2011, Lavrador, in causa C-409/09; sent. 17 marzo 2011, Carvalho Ferreira Santos, in causa C-484/09) e da questa stessa Corte di cassazione (il principio “vulneratus ante omnia reficiendus” è riaffermato, tra le altre, da Cass., 30 agosto 2013, n. 19963).

5.5. – Il principio di massimizzazione della tutela del danneggiato dalla circolazione stradale si viene, poi, a coniugare con quello dell’effettività della tutela stessa in forza di un processo giusto e dalla durata ragionevole (art. 111 Cost., nella lettura “espansiva” che si richiede alla luce dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e della corrispondente giurisprudenza della Corte di Strasburgo: Cass., 17 giugno 2010, n. 14627; Cass., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15144), là dove la garanzia del diritto di azione sarebbe frustata in modo non ragionevole ove si optasse per un suo inutile esercizio a fronte dell’identificazione del responsabile del sinistro nel corso dell’intentato giudizio risarcitorio (avvenuta, presumibilmente, a distanza di anni e, magari, anche in grado di appello), con la conseguenza che al danneggiato sarebbe imposto di attivarsi per un nuovo ed ulteriore giudizio contro il responsabile successivamente “scoperto” al fine di vedere attuato il proprio diritto al risarcimento del danno.

E in tale prospettiva non è senza rilievo che, secondo la soluzione ermeneutica da preferirsi, l’impresa designata sarebbe in ogni caso presidiata nelle proprie ragioni sostanziali dal diritto di agire in via di regresso contro il responsabile del sinistro, potendo altresì avvalersi di una sterilizzazione della decorrenza del termine di prescrizione sino al momento dell’avvenuto pagamento del risarcimento; mentre, diversamente opinando, le ragioni risarcitorie del danneggiato potrebbero, invece, essere rese vane anche dalla maturazione della prescrizione nei confronti del responsabile “scoperto” successivamente, eventualmente resa possibile dalla durata di un intero giudizio in cui il thema decidendum si concentri intorno all’accertamento dell’effettivo responsabile del sinistro, rimasto estraneo al contraddittorio.

Il che si palesa come ulteriore riprova del fatto che l’interpretazione prescelta, nei vari tasselli che la compongono, è quella che opera un bilanciamento degli interessi implicati orientato ragionevolmente verso l’anzidetto principio di effettività della tutela giurisdizionale, che è valore costituzionale predicato del diritto sostanziale (cfr. Corte cost., sent. n. 238 del 2014). Ciò che, nella specie, assume uno specifico rilievo, giacchè, nel caso della L. n. 990 del 1969, art. 19, comma 1, lett. a), (ma anche per il vigente D.Lgs. n. 209 del 2009, art. 283), il rimedio risarcitorio riguarda (espressamente ed unicamente) il vulnus recato alla persona e, dunque, la tutela si rivolge (non solo, ma anzitutto) ai diritti inviolabili e fondamentali che ad essa sono riconosciuti e garantiti dalla Carta Fondamentale (tra gli altri, artt. 2 e 32 Cost.).

5.6. – Deve, pertanto, essere enunciato il seguente principio di diritto:

“Nel caso di sinistro cagionato da veicolo non identificato, il danneggiato, esaurito lo spatium deliberandi previsto dalla legge, potrà agire nei confronti dell’impresa designata per conto del FGVS allegando e provando, oltre al fatto che il sinistro si è verificato per condotta dolosa o colposa del conducente di un altro veicolo, che quest’ultimo non era identificabile in forza di circostanze obiettive, non dipendenti da sua negligenza; la legittimazione passiva, processuale e sostanziale, dell’impresa designata rispetto a tale sinistro rimarrà stabilizzata per tutto il corso del giudizio, anche nel caso in cui si accerti successivamente l’identità del responsabile, nei cui confronti la stessa impresa designata, adempiuta la sentenza di condanna al risarcimento del danno, potrà agire in via di regresso”.

6. – La Corte territoriale non si è attenuta all’enunciato principio, giacchè non ha indagato se l’azione risarcitoria contro le Assicurazioni Generali, quale impresa designata, fosse stata promossa sul presupposto della incolpevole non identificabilità del veicolo investitore della vittima del sinistro (avendo l’attrice atteso il compimento del procedimento penale contro Se.Ca., conclusosi con il proscioglimento di quest’ultimo “per non aver commesso il fatto”), ma ha confermato il rigetto della domanda pronunciato in primo grado, in quanto, in base all’esito dell’istruttoria svolta nell’ambito dello stesso giudizio civile, ha ritenuto di individuare proprio nel Se. il responsabile del sinistro.

La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che, nel delibare nuovamente la domanda risarcitoria proposta da S.P. contro le Assicurazioni Generali S.p.A., quale impresa designata per il FGVS, si atterrà al principio di diritto enunciato al p. 5.6.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE accoglie, nei termini precisati in motivazione, il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2016

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