Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23709 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. I, 11/11/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 11/11/2011), n.23709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in Roma, Corso Vittorio

Emanuele 326, presso l’avv. Gianluca Tarantino, rappresentato e

difeso dagli avvocati Defilippi Claudio e Debora Bossi, del Foro di

Milano, per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di appello di Brescia in data 26

maggio 2009 nel giudizio n. 25/2009 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 28 settembre 2011 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale, dott. LETTIERI Nicola, che ha chiesto dichiararsi il

ricorso inammissibile.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.S. ricorre per cassazione, sulla base di un motivo illustrato con memoria, nei confronti del Ministero della Giustizia avverso il decreto in data 26 maggio 2009, con il quale la Corte di appello di Brescia ha rigettato la domanda di equa riparazione da lui proposta per la violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio penale promosso nei suoi confronti davanti al Tribunale di Varese, protrattosi dal 22 giugno 2005, data di emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere, al 2 settembre 2008, quando la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione del 13 luglio 2007.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione di legge e vizio di motivazione, censura il decreto impugnato per avere la Corte di merito ritenuto congrua e ragionevole la durata del processo penale.

Il ricorso è inammissibile. Infatti, quanto alla dedotta violazione di legge, la doglianza non è illustrata, ex art. 366 bis c.p.c. applicabile alla fattispecie ratione temporis, con la formulazione del quesito di diritto, che non può essere desunto dal contenuto del motivo, non idoneo ad integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dalla citata disposizione (Cass. 2007/16002;

2007/23153; 2008/16941; 2008/20409). Infatti in un sistema processuale, che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. consiste proprio nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale e autosufficiente della violazione stessa, finalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (Cass. S.U. 2007/20360; Cass. 2007/16002;

2007/23153; 2008/16941; 2008/20409).

Inoltre, quanto al prospettato vizio di motivazione, il ricorrente non ha illustrato il motivo di censura con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897). Le considerazioni che precedono conducono alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del Ministero della Giustizia delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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