Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23705 del 22/11/2016
Cassazione civile sez. III, 22/11/2016, (ud. 23/06/2016, dep. 22/11/2016), n.23705
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21173/2013 proposto da:
L.V., (OMISSIS), L.A. (OMISSIS), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA LUIGI RIZZO 41, presso lo studio
dell’avvocato MARIA ANTONIETTA TORTORA, rappresentati e difesi dagli
avvocati VITTORIANO BRUNO, ANTONELLO BRUNO, giusta procura speciale
in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO
FONTANE 161, presso lo studio dell’avvocato ANGELO ANGLANI,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARINO NACCI, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
FATA SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 317/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 18/04/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/06/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenze del 29/11/2010 (non definitiva) e del 18/4/2013 (definitiva) la Corte d’Appello di Lecce, in parziale accoglimento del gravame interposto dal sig. P.L.F. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Brindisi n. 702 del 22/8/2006, ha dichiarato non prescritto il diritto al risarcimento dei danni materiali lamentati in conseguenza del sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) lungo la strada (OMISSIS) tra la sua autovettura Lancia Prisma tg (OMISSIS) di cui era alla guida e il trattore di proprietà e condotto dal sig. L.L., che ha ascritto alla loro concorrente responsabilità nella misura del 50%.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. L.V. e A., quali eredi del defunto L.L., propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.
Resiste con controricorso il P..
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “insufficienza di motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 2 motivo denunziano violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “insufficienza di motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Va anzitutto osservato che alla stregua della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile anche alla sentenza non definitiva nella specie emessa nel 2010 dovendo ad essa applicarsi la disciplina vigente al momento della proposta impugnazione, il vizio di motivazione è denunziabile solamente allorquando l’anomalia motivazionale si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, quando cioè si sostanzi nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (e sempre che il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali) (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
Circostanza non ricorrente invero nella specie.
Con il 3 motivo i ricorrenti denunziano violazione degli artt. 566, 581, 752 e 754 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si dolgono che la corte di merito li abbia erroneamente condannati in solido e non già in proporzione delle rispettive quote ereditarie.
Il motivo è fondato.
Nel condannare al pagamento, in via solidale, di somme in favore delle controparti a titolo di risarcimento dei danni dai medesimi lamentati in conseguenza del sinistro de quo gli odierni ricorrenti, quali eredi del corresponsabile nella relativa causazione il defunto L.L., la corte di merito ha invero disatteso il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale gli eredi del condebitore solidale rispondono del debito del de cuius in proporzione delle rispettive quote senza vincolo di solidarietà (Cass., 17/10/1989, n. 4155), sicchè ciascun erede è tenuto a soddisfare il debito ereditario esclusivamente pro quota, e cioè in ragione della quota attiva in cui succede, non potendo essere condannato al pagamento del debito stesso in via solidale con i coeredi (cfr., in tema di condanna al risarcimento del danno degli eredi del responsabile civile di un incidente stradale, Cass., 16/12/1971, n. 3681. Cfr. altresì Cass., 20/11/1969, n. 3783).
Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione al motivo accolto.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con la condanna dei sigg. L.V. e A., quali eredi del defunto L.L., al pagamento dell’ammontare liquidato a titolo di risarcimento dei danni oggetto di causa in proporzione delle rispettive quote ereditarie.
Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per farsi luogo alla compensazione tra le parti delle spese del giudizio d’appello e di quello di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il 3 motivo di ricorso, inammissibili gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, condanna i sigg. L.V. e A., quali eredi del defunto L.L., al pagamento del debito ereditario consistente nell’ammontare liquidato a titolo di risarcimento dei danni oggetto di causa in proporzione delle rispettive quote ereditarie. Compensa tra le parti le spese del giudizio d’appello e di quello di cassazione.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2016