Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23703 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 28/10/2020), n.23703

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15895-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LIDO RIVABELLA SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2794/2015 della COMM. TRIB. REG. di BARI,

depositata il 21/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La Commissione Tributaria Provinciale di Bari accoglieva il ricorso proposto da Lido Rivabella s.r1. avverso il provvedimento di sospensione di tre giorni dall’esercizio dell’attività di gestione dello stabilimento balneare con annesso chiosco bar, a decorrere dal 18/7/2013, emesso dall’Agenzia delle entrate, Direzione Regionale della Puglia, a seguito di contestazione della reiterata mancata emissione, in giorni diversi, degli scontrini fiscali, il tutto a seguito di p.v.c. della Guardia di Finanza.

Avverso tale decisione proponeva appello l’Ufficio, deducendo la piena legittimità dell’atto di irrogazione di sanzioni, in data 15/5/2013, e ribadendo la tesi secondo cui la violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, e la disposta sospensione non potevano che riguardare l’intera attività esercitata, unitariamente considerata, e non soltanto quella concernente appunto il bar, attività da tenere distinta da quella dello stabilimento balneare.

Con sentenza n. 2794/14/2015, depositata il 21/12/2015, la CTR della Puglia respingeva l’appello erariale e, per l’effetto, confermata annullamento della sanzione irrogata, in quanto aveva investito anche l’attività di gestione dello stabilimento balneare, essendo le violazione contestate alla società Lido Rivabella riferibili invece ad una diversa attività autorizzata, esercitabile anche da parte di terzi..

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della predetta sentenza, sulla base di due motivi, mentre la intimata contribuente non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la CTR erroneamente limitato la portata della disposizione sanzionatoria all’ambito della singola licenza o autorizzazione amministrativa (quella alla somministrazione di alimenti e bevande) laddove essa deve essere invece riferita alla attività economica esercitata dal responsabile della violazione, unitariamente considerata, che, nella specie, è la società cui si riferisce la gestione dello stabilimento balneare e di tutti i suoi servizi, privi di autonomia esterna.

Con il secondo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la CTR fatto cenno ad un ipotetico affidamento a terzi della gestione del bar, circostanza neppure dedotta dalla contribuente, per cui la motivazione della decisione è solamente apparente non attagliandosi alla concreta fattispecie trattata.

Le censure, scrutinabili congiuntamente in quanto connesse, sono fondate e meritano accoglimento

E’ opportuno evidenziare che il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, prevede che “Qualora siano state contestate ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 16, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato D.Lgs. n. 472 del 1997, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese”.

Orbene, la norma contempla l’ipotesi – verificatasi nel caso di specie – in cui in un quinquennio siano state contestate quattro distinte violazioni, compiute in giorni diversi, dell’obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale, punendo l’autore dell’illecito con la sanzione accessoria della sospensione della licenza o della autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dello esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese.

E’ rimasto accertato in fatto, per averlo riferito anche il giudice di secondo grado, che la “Lido Rivabella s.r.l. (aveva) presentato in data 23/4/2013 al SUAP (sportello unico attività produttive) del Comune di Gallipoli una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) per l’apertura sia di stabilimento balneare sia di servizio di bar”.

La SCIA, com’è noto, sostituisce qualsiasi atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio dell’attività imprenditoriale, commerciale o artigianale, costituisce, altresì, una comunicazione in cui si autocertifica il possesso di tutti i requisiti che le varie leggi prevedono, e quindi anche il possesso dei requisiti igienico-sanitari per preparare e somministrare alimenti e bevande.

Il rilascio di apposita ricevuta telematica da parte del SUAP al momento della presentazione della SCIA consente al richiedente di avviare immediatamente l’intervento o l’attività; tale ricevuta costituisce titolo autorizzatorio ai fini del ricorso agli ordinari rimedi di tutela dei terzi e di autotutela dell’amministrazione in quanto il silenzio maturato a seguito del rilascio della ricevuta emessa automaticamente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda senza necessità di ulteriori istanze o diffide.

Il suddetto documento (che l’Agenzia delle entrate ha allegato per autosufficienza al ricorso per cassazione) di per se stesso non offre la prova (positiva) che l’attività economica per cui è causa, svolta in forma societaria tramite il soggetto cui è stata imputata la commissione dell’illecito, non comprendesse anche la gestione (diretta) del bar.

Il contenuto della SCIA, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, non lo esclude affatto e l’ipotesi “che l’attività del bar fosse stata data in gestione ad un soggetto terzo” non viene ancorata, nella sentenza di appello, ad alcun elemento probatorio acquisito agli atti di causa, per cui rappresenta un astratto argomento congetturale inidoneo a dare oggettivo fondamento alla decisione adottata.

L’odierna ricorrente, viceversa, ha evidenziato come nel suddetto documento, proveniente dalla società contribuente, ” “l’attività di stabilimento balneare” risulta “composta” (pag. 1 riga 3 e pag. 2 riga 10 doc. “SUAP”, prodotto dall’Ufficio in appello e qui riprodotto come all. 5A) in una struttura che si presentava come (unica e) “composta” (pag. 3 riga 7 dello stesso doc.) di “ombrelloni… docce… servizi igienici … servizio bar … ulteriori servizi (di) pedalò (righe 9-17)”.

Del resto, gli stabilimenti balneari (individuabili dal codice attività ATECO), per i quali è peraltro necessaria la concessione demaniale, sono strutture poste su arenile che consentono al pubblico di disporre di attrezzature e servizi idonei a rendere più agevole l’attività balneare e nel contempo di usufruire di servizi qualificati, tra i quali rientra senz’altro la somministrazione di alimenti e bevande ai clienti.

E il D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, comma 36-vicies, convertito in L. n. 148 del 14 settembre 2011, che ha abrogato la lettera rr) del D.P.R. n. 696 del 1996, art. 2, comma 1, ha reso obbligatorio il rilascio dello scontrino e/o ricevuta fiscale da parte dei gestori degli stabilimenti balneari a fronte di tutti i servizi resi.

La decisione della CTR, poichè si discosta dai principi sopra ricordati, va cassata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario della contribuente.

Il progressivo consolidarsi della giurisprudenza di legittimità giustifica la compensazione delle spese processuali dei gradi di merito, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese del giudizio di merito e condanna la contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.500,00, oltre rimborso spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il giorno 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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