Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23703 del 22/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 22/11/2016, (ud. 20/05/2016, dep. 22/11/2016), n.23703

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2476/2014 proposto da:

B.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DELLE CERAMICHE 9, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

CARLUCCI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POSTUMIA 3,

presso lo studio dell’avvocato MONICA SCONGIAFORNO, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5444/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato GIOVANNI CARLUCCI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 5/12/2012 la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato inammissibile, per tardività ex art. 325 c.p.c., il gravame interposto dalla sig. B.G. nei confronti del sig. P.I. in relazione alla pronunzia Trib. Roma n. 9390/2009.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la B. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi. Resiste con controricorso il P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “nullità della sentenza per erronea valutazione” degli artt. 140 e 325 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si duole dell’erroneità dell’impugnata pronunzia, giacchè l’ “avviso di ricevimento costituisce… l’unico documento idoneo a dimostrare sia l’avvenuta consegna della raccomandata al destinatario e la data della stessa, che l’identità della persona a mani della quale la notifica viene eseguita, e comunque il compimento di tutte le formalità necessarie al perfezionamento della compiuta giacenza”.

Lamenta che non essersi dalla corte di merito considerato che “la mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata, di cui all’art. 140 c.p.c., comporta non la mera nullità, ma la vera e propria inesistenza della notificazione con tutte le intuibili conseguenze sul computo del decorso dei termini processuali.

Con il 2 motivo denunzia “nullità della sentenza per violazione degli artt. 350 e 356 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; nonchè “contraddittorietà manifesta, travisamento.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, c.p.c., atteso che la ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all’atto di citazione ritualmente notificato unitamente al provvedimento di mutamento del rito”, al contratto di locazione, alle “memorie integrative, alla sentenza del giudice di prime cure, al “ricorso depositato in data 04.05.2010”, alla comparsa di costituzione e risposta di controparte nel giudizio di 1^ grado, alle “memorie integrative, alla sentenza del giudice di prime cure, al “ricorso depositato in data 04.05.2010”, alla comparsa di costituzione e risposta di controparte in grado d’appello, alle “note integrative, alle “spese di alloggio nelle more di assegnazione di una casa popolare, alla “documentazione medica”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza nè fornire indicazione alcuna in ordine all’effettuato relativo deposito nel giudizio di merito, la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Va per altro verso posto in rilievo che, pur evocando la pronunzia Corte Cost. n. 3 del 2010, nell’erroneamente sostenere che “la mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata di cui all’art. 140 c.p.c., comporta non la mera nullità, ma la vera e propria inesistenza della notificazione con tutte le intuibili conseguenze sul computo del decorso dei termini processuali”, la ricorrente nemmeno idoneamente censura la ratio decidendi secondo cui la notificazione si considera eseguita per compiuta giacenza, trascorsi 10 giorni dalla spedizione della raccomandata informativa (cfr., da ultimo, Cass., 30/12/2015, n. 26088).

All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese a generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il20 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2016

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