Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2370 del 04/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2370 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

ORDINANZA
sul ricorso 102-2012 proposto da:
GRIMALDI ANNA GRMNNA44R50C581D, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE DEI PARIOLI 40, presso lo studio dell’avvocato RONGA
MATTEO, rappresentata e difesa dall’avvocato TERRANOVA ANGELO, giusta
procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
EQUITALIA SUD SPA – appartenente al Gruppo Equitalia – Direzione e
Coordinamento di Equitalia SpA-Socio Unico – in persona dell’amministratore
delegato e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA GREGORIANA 56, presso lo studio dell’avvocato GALOPPI GIOVANNI,
rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA CARMELA PUPO, giusta procura
speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

1

Data pubblicazione: 04/02/2014

avverso la sentenza n. 642/2011 del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA del
13.10.2011, depositata il 18/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA AMBROSIO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO BASILE.

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Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
«1. Con sentenza n. 318/2009 il Giudice di pace di Vibo Valentia ha dichiarato
il difetto di giurisdizione relativamente alla domanda proposta da Anna Grimaldi
nei confronti di Equitalia E.T.R. s.p.a. intesa a far dichiarare l’illegittimità del
provvedimento di fermo amministrativo notificatole in data 30.03.2007; ha,

proposta dall’attrice sul fondamento dell’illegittimità del fermo, ritenendola
improponibile.
1.1. Con sentenza n. 642/2011 il Tribunale di Vibo Valentia ha rigettato
l’appello della Grimaldi, confermando il rigetto della domanda risarcitoria, sia pure
con diversa motivazione.
2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione Anna Grimaldi
formulando due motivi.
Equitalia E.T.R. s.p.a. ha resistito con controricorso.
3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt.
376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto, al limite dell’inammissibilità per la sua
genericità, appare, comunque, destinato ad essere rigettato.
4. Con i motivi di ricorso si denuncia: a) violazione degli artt. 2043, 1223, 2059,
832, 834 cod. civ. e 2, 32, 42 Cost. (art. 360 n.3 cod. proc. civ.); b) omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio (art. 360 n.5 cod. proc. civ.).
4.1. I suddetti motivi appaiono manifestamente infondati, alla luce del duplice
ordine di considerazioni svolte dal Tribunale, laddove evidenzia – quanto al danno
materiale — che l’attrice, odierna ricorrente «non ha fornito alcuna prova e neppure
allegato di avere risentito pregiudki di carattere patrimoniale, in termini di danno emergente o di
mancato guadagno» e — quanto al danno non patrimoniale — la “non meritevolezza”

di tutela del danno da stress dalla stessa Grimaldi allegato.

Rel.

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quindi, rigettato la domanda di risarcimento danni in ragione di € 1.000,00,

4.2. La decisione impugnata — lungi dall’incorrere nelle violazioni di legge e nel
vizio motivazionale, assertivamente dedotti da parte ricorrente — ha deciso le
questioni di diritto all’esame in modo conforme alla giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui:
l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa,
conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 cod. civ., espressione del più generale

ma ad un giudizio di diritto, caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale
correttiva od integrativa, che, pertanto, da un lato, è subordinato alla condizione
che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte
interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare, dall’altro non
ricomprende anche l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta,
presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità
materiale del danno, nè esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i
dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l’apprezzamento
equitativo sia per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare solo le
lacune insuperabili nell’iter della determinazione dell’equivalente pecuniario del
danno (Cass. 7 giugno 2007, n. 13288);
l’art.2059 cod. civ. costituisce principio informatore del diritto, da leggersi —
non già come disciplina di un’autonoma fattispecie di illecito, produttiva di danno
non patrimoniale, distinta da quella di cui all’art.2043 c.c. — bensì come norma che
regola i limiti e le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali (intesa
come categoria omnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile
individuare, se non con funzione meramente descrittiva, ulteriori sottocategorie),
sul presupposto dell’esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito richiesti
dall’art.2043 c.c., e cioè: la condotta illecita, l’ingiusta lesione di interessi tutelati
dall’ordinamento, il nesso causale tra la prima e la seconda, la sussistenza di un
concreto pregiudizio patito dal titolare dell’interesse leso; in tale prospettiva la
peculiarità del danno non patrimoniale va individuata nella sua tipicità, avuto

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potere di cui all’art. 115 cod. proc. civ., dà luogo, non già ad un giudizio di equità,

riguardo alla natura dell’art. 2059 cit., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla
legge (e, quindi, ai fatti costituenti reato o agli altri fatti illeciti riconosciuti dal
legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno) ovvero ai diritti costituzionali
inviolabili, presieduti dalla tutela minima risarcitoria, con la precisazione in
quest’ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l’interesse leso e
non il pregiudizio conseguenzialmente sofferto e che la risarcibilità del pregiudizio

soglia minima di tollerabilità, imposto dai doveri di solidarietà sociale) e che il
danno non sia futile (vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi o sia
addirittura meramente immaginario) (cfr. SS.UU. nn. 26972, 26973, 26974 e 26975
in data 11 novembre 2008).
4.3. Parte ricorrente lamenta che il giudice a quo non abbia tenuto conto che
l’illegittimo fermo amministrativo aveva prodotto la lesione di due diritti
costituzionalmente protetti, quali il diritto alla proprietà e alla salute. Senonchè, da
un lato, non allega (tantomeno dimostra) di avere offerto in sede di merito
elementi idonei ad apprezzare, sia pure con una valutazione equitativa, il danno
patrimoniale asseritamente subito e, dall’altro, descrive il danno non patrimoniale,
in termini insuscettibili di essere monetizzati, siccome inquadrabili in quegli
sconvolgimenti quotidianità «consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro
di insoddisfazione» (c.d. bagatellari) ritenuti dalle SS.UU. non meritevoli di tutela
risarcitoria (pag. 34 della sentenza n.26972/2008).
5. La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte
ricorrente. »
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il
Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei
parametri di cui al D.M. n. 140/2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia grave (e, cioè, superi la

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese
del giudizio di cassazione, liquidate in € 1.000,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre
accessori come per legge.
Roma 5 dicembre 2013

IL PRE ENTE

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