Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 237 del 05/01/2011

Cassazione civile sez. II, 05/01/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 05/01/2011), n.237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.M. C.F. (OMISSIS), FL.MA. C.F.

(OMISSIS), F.A. C.F. (OMISSIS),

L.M. C.F. (OMISSIS), tutti eredi di F.

G. elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14,

presso lo studio dell’avvocato ROMANO CESAREO GERARDO, rappresentati

e difesi dall’avvocato ROSAPEPE ROBERTO;

– ricorrenti –

contro

S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MASCOLO SERGIO;

– controricorrente –

.f avverso la sentenza n. 640/2004 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 03/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2010 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Rosapepe Roberto difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Mascolo Sergio difensore del resistente che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.G., proprietario di un fondo rustico sito in (OMISSIS), composto da tre terrazzamenti di terreno sostenuti da muri a secco – c.d. macere – agiva in negatoria servitutis e risarcimento del danno, in forma specifica e per equivalente, innanzi al Tribunale di Salerno nei confronti di S.A., proprietaria di un fondo declive e confinante, alla quale addebitava sia innovazioni edilizie varie realizzate in violazione dell’art. 873 c.c., non essendo stata rispettata la distanza tra queste e la macera posta al confine, sia l’occupazione di tre metri quadri della sua proprieta’.

Nel resistere in giudizio la S. domandava, in via riconvenzionale, l’accessione dell’area occupata, ai sensi dell’art. 938 c.c..

Il Tribunale di Salerno rigettava la domanda negatoria (accoglieva in parte quella di risarcimento del danno in forma specifica, quanto a profili non piu’ rilevanti in questa sede di legittimita’) e accoglieva quella riconvenzionale, ponendo a carico della S. il pagamento della somma di L. 600.000, quale indennita’ di accessione invertita.

Avverso detta pronuncia F.G. proponeva appello innanzi alla Corte di Salerno, che con sentenza n. 4775 del 3.12.2004 rigettava l’impugnazione.

La Corte salernitana, in particolare, riteneva inapplicabile alla fattispecie l’art. 873 c.c., invocato dall’appellante. Sebbene dagli accertamenti tecnici rinnovati in grado d’appello fosse emerso che in epoca imprecisata erano stati realizzati nella costiera amalfitana terrazzamenti per regimentare le sostanze di natura piroclastica, sicche’ lo stato dei luoghi non era naturale ma antropico, la c.d.

macera, consistendo in un muretto a secco formato da conci di pietra non ben collegati tra loro, privo di idonea fondazione e avente una limitata altezza, esulava dal concetto di costruzione, essendo privo, altresi’, dei requisiti di stabilita’ e solidita’. Osservava, quindi, che tale conclusione era confortata dalla giurisprudenza di legittimita’ secondo cui anche un muro di contenimento di un terrapieno puo’ essere considerato costruzione, ai sensi dell’art. 873 c.c., quando sia un’opera edilizia, vale a dire quando abbia attitudine per la sua tecnica cotruttiva a determinare intercapedini, il che non ricorreva nel casa della macera in oggetto.

Avverso detta sentenza L.M. e M., Ma. e F.A., eredi di F.G. propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

S.A. resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione degli artt. 873 e 878 c.c. Secondo l’univoco orientamento della giurisprudenza di legittimita’, sostengono, ai fini del computo della distanza legale tra costruzioni occorre verificare se il muro, oltre a delimitare il fondo, assolva la funzione di contenimento del naturale declivio del terreno, ovvero se abbia lo scopo di contenere un terrapieno creato dall’uomo mediante l’apporto di terra e pietrame, potendo essere considerato, in relazione a tali caratteristiche, come costruzione in senso tecnico – giuridico, soggetta come tale alle norme previste dal codice civile e dagli strumenti urbanistici.

A stregua di tale affermazione di principio, proseguono i ricorrenti, la questione centrale della causa risiede nel verificare se il terrazzamento sia stato o non opera dell’uomo, e cio’ perche’, in applicazione del predetto principio della S.C., il carattere artificiale e antropico di un terrapieno come quello della proprieta’ F. non puo’ che far ritenere che il relativo muro di contenimento sia qualificabile come costruzione.

L’assunto del giudice d’appello, secondo cui il muro di contenimento di un terrapieno puo’ essere considerato costruzione solo quando consista in un’opera edilizia realizzata con tecnica costruttiva (ad esempio con l’impiego di malta che unisca delle grosse pietre) non tiene conto del fatto che secondo l’unanime giurisprudenza di legittimita’ i muri di cinta tra fondi a dislivello, che assolvono la funzione ulteriore di contenere la scarpata o il terrapieno, facendo corpo con il terreno che sostengono, modificando attraverso l’opera dell’uomo lo stato naturale dei luoghi con la costruzione di un manufatto sono idonei a creare intercapedini nocive con l’altrui costruzione.

2. – Con il secondo motivo si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (proposizione nell’atto d’appello delle domande di condanna dell’appellata al risarcimento dei danni e alla restituzione in favore dell’appellante dell’area di sua proprieta’ illegittimamente occupata).

Sostiene parte ricorrente che il giudice d’appello ha erroneamente ritenuto, quanto al capo della sentenza di primo grado relativa alla domanda riconvenzionale ex art. 938 c.c., che l’appellante non avesse formulato specifiche richieste, mentre, al contrario, il F. nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado aveva ben esplicitato la propria domanda di condanna dell’appellata alla restituzione della porzione del fondo illegittimamente occupata e al risarcimento del danno.

3. – Il primo motivo e’ fondato e assorbe l’esame del secondo.

3.1. – La giurisprudenza di questa Corte e’ costante nel ritenere che ai fini dell’applicazione delle norme sulle distanze dettate dall’art. 873 c.c. e segg. o dalle disposizioni regolamentari integrative del codice civile, per “costruzione” deve intendersi qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidita’ ed immobilizzazione rispetto al suolo (e pluribus e tra le piu’ recenti, Cass. nn. 22127/09, 25837/08, S.U 7067/92 e 3199/02), indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata e, segnatamente, dall’impiego di malta cementizia (Cass. n. 4196/87).

3.2. – Nel caso di fondi a dislivello, questa Corte afferma, altrettanto costantemente, che costituisca costruzione il muro di sostegno di un terrapieno di carattere artificiale, mentre non e’ tale quello avente la funzione di contenere una scarpata di origine naturale, non modificata, cioe’, dall’intervento antropico. Si afferma, infatti, che il muro di contenimento tra due fondi posti a livelli differenti, qualora il dislivello derivi dall’opera dell’uomo o il naturale preesistente dislivello sia stato artificialmente accentuato, deve considerarsi costruzione a tutti gli effetti e soggetta, pertanto, agli obblighi delle distanze previste dall’art. 873 cod civ. e dalle eventuali norme integrative (Cass. nn. 1217/10, 4511/07 e 145/06).

3.3. – Nello specifico la Corte territoriale, pur avendo accertato, sulla base della relazione dei c.t.u. nominati in appello, che nella costiera amalfitana (nel cui comprensorio rientra il comune di (OMISSIS)) in epoca imprecisata furono realizzati dei terrazzamenti per la regimentazione delle sostanze di natura piroclastica, al fine di evitarne lo smottamento in occasione di eventi meteorici eccezionali, ha ritenuto che la preesistente macera di proprieta’ F. non costituisse essa stessa costruzione, in quanto consistente in un muro a secco, composto da conci di pietra non ben collegati tra loro, privo d’idonea fondazione e avente una limitata altezza.

3.3.1. – Tale conclusione disattende, senza alcuna motivazione di contrasto e invertendone il significato, entrambi gli orientamenti sopra richiamati, poiche’ da un lato attribuisce rilievo alla tecnica costruttiva impiegata piuttosto che alle caratteristiche di solidita’ e di immobilizzazione del manufatto al suolo, e dall’altro non trae alcuna conseguenza – in un senso o nell’altro – ne’ dall’origine antropica del terrazzamento che segna l’attuale dislivello tra i fondi di rispettiva proprieta’ delle parti, ne’ dall’inclinazione naturale che connota la morfologia del territorio in questione, cosi’ come accertato dai c.tu., ritenendo la Corte territoriale evidentemente esaustiva la circostanza che la macera in esame non integrerebbe di per se’ gli estremi della costruzione.

3.3.2. – Poiche’, per le superiori ragioni esposte, la tecnica, sebbene sommaria e arcaia, impiegata per erigere la macera non e’ motivo per escluderne la qualificazione come costruzione a termini dell’art. 873 c.c., la sentenza impugnata e’ incorsa nella violazione di tale norma e va, conseguentemente, cassata, con rinvio ad altra Corte d’appello, che si uniformera’ ai seguenti principi di diritto:

1) “ai fini dell’applicazione delle norme sulle distanze dettate dall’art. 873 c.c. e segg. o dalle disposizioni regolamentari integrative del codice civile, per “costruzione” deve intendersi qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidita’ ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata, a secco o con l’impiego di malta cementizia”; 2) “il muro di contenimento tra due fondi posti a livelli differenti, qualora il dislivello derivi dall’opera dell’uomo o il naturale preesistente dislivello sia stato artificialmente accentuato, deve considerarsi costruzione a tutti gli effetti e soggetta, pertanto, agli obblighi delle distanze previste dall’art. 873 cod. civ. e dalle eventuali norme integrative”.

4. – Il giudice di rinvio provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2011

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