Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23695 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 21/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 21/11/2016), n.23695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1792-2014 proposto da:

C.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ETTORE PAIS 18, presso lo studio dell’avvocato LUCIA DI COSIMO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO RUMASUGLIA, giusta

mandato a margine del ricorso;

(AMMESSA G.P.);

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso L’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,

CLEMENTINA PULLI , EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura a margine del

ricorso;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZI DIR DIPARTIMENTO DEL TESORO

(OMISSIS);

– intimato-

avverso la sentenza o. 1242/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del

19/11/2013, depositata il 28/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato Emanuela Capannolo difensore del controricorrente

che si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. L’attuale ricorrente, all’esito della Cassazione con rinvio, riassumeva il giudizio innanzi alla Corte d’appello di Catania, per far accertare il diritto all’assegno di invalidità dalla data della presentazione della domanda amministrativa.

3. La Corte territoriale si uniformava al dictum della sentenza rescindente e, per quanto in questa sede rileva, compensava le spese di tutti i gradi di giudizio “alla luce delle novità dell’indirizzo giurisprudenziale di legittimità, di cui ha dato atto anche il Supremo Collegio” (così si legge nella sentenza impugnata).

4. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la ricorrente, sulla base di un articolato motivo con il quale ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..

5. L’INPS ha resistito con controricorso.

6. Il Ministero dell’economia e delle finanze è rimasto intimato.

7. Al ricorso in esame si applica l’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo, applicabile ratione temporis” anteriore all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 – il ricorso di primo grado è stato depositato ad aprile 2007 -, alla stregua del quale se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.

8. Vale ribadire che l’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo antecedente alla novella del 2009, è stato interpretato da questa Corte nel senso che la motivazione sulle spese è censurabile, in sede di legittimità, soltanto se sia illogica e contraddittoria e tale da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale (v. per tutte, Cass. nn. 316/2012, 24531/10).

9. In particolare, poi, per quanto attiene ai casi che possono giustificare la compensazione, è stato ritenuto, a titolo meramente esemplificativo, che l’obbligo motivazionale è assolto nel caso in cui il giudice di merito dia atto delle oggettive difficoltà dell’accertamento in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali (Cass. S.U. n. 20598/08 e successive conformi).

10. L’individuazione, nello specifico caso, dell’uno piuttosto che dell’altro giusto motivo di compensazione è attività che compete al giudice di merito e che, se congruamente e logicamente motivata, si sottrae al sindacato di legittimità.

11. Nella fattispecie, la motivazione della Corte territoriale risulta correlata alla novità dell’indirizzo giurisprudenziale di legittimità, come reso esplicito nella stessa sentenza rescindente della Corte di legittimità (Cass. sentenza n. 19480/2012) che, in adesione ad altro coevo precedente, non dava seguito, alla luce della nuova disciplina dettata dalla L. n. 68 del 1999, ad indirizzo giurisprudenziale precedente (secondo il quale il requisito dell’incollocamento al lavoro, come richiesto dalla L. n. 118 del 1971, art. 13 doveva essere provato attraverso l’iscrizione nelle liste oli collocamento obbligatorio, iscrizione che poteva essere domandata anche in attesa della conclusione del procedimento per il riconoscimento di quel grado di invalidità necessario per fruire del collocamento obbligatorio.

12. Il potere discrezionale del Giudice nel ravvisare elementi per la compensazione delle spese dei gradi di giudizio si sottrae, pertanto, alle censure svolte dalla ricorrente.

13. In definitiva, il ricorso dev’essere rigettato.

14. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, non sussistendo le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, per l’esonero dal pagamento.

15. Pur essendo il ricorso notificato dopo l’entrata in vigore della novella al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, che apporta innovazioni al regime delle spese di giustizia per il caso di rigetto dell’impugnazione, il ricorrente, risultando ammesso al gratuito patrocinio, conseguenze ivi previste, vale a collegato al rigetto integrale dell’impugnazione (cfr., ex multis Cass. 2023/2015; 18523/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 1.600,00 per onorari professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Insussistenti i presupposti per doppio contributo.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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