Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23694 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 24/09/2019, (ud. 14/06/2019, dep. 24/09/2019), n.23694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. DI NAPOLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11410 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

V.C.;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Toscana, n. 30/29/2011, depositata in data 31 marzo

2011;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno 14

giugno 2019 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza del giudice di appello si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di V.C., imprenditore agricolo, tre avvisi di accertamento, con i quali aveva contestato: relativamente all’anno di imposta 2000, l’indebita detrazione dell’Iva, avendo ritenuto che l’Iva versata per i lavori di ristrutturazione della casa colonica, presso cui la contribuente abitava, non poteva essere detratta in quanto relativi a bene non strumentale; relativamente agli anni di imposta 2001 e 2002, oltre che la non detraibilità dell’Iva per le medesime ragioni prospettate per l’anno di imposta 2000, anche ulteriori violazioni in materia di Iva, Irpef e Irap; avverso i suddetti atti impositivi V.C. aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze che lo aveva accolto, limitando la decisione unicamente alla questione della non detraibilità dell’Iva; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate;

la Commissione tributaria regionale ha parzialmente accolto l’appello, in particolare ha ritenuto che: era legittima la detrazione dell’Iva operata per la ristrutturazione dell’immobile, in quanto finalizzata alla nuova destinazione recettizia, attività di agriturismo, che la contribuente intendeva realizzare, anche tenuto conto del fatto che l’immobile era da considerarsi bene strumentale dell’impresa agricola; era fondata la pretesa relativa all’anno di imposta 2002 relativa alla mancata contabilizzazione dei ricavi provenienti dall’attività agrituristica esercitata;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a un unico motivo di censura;

la contribuente V.C. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

preliminarmente, va dato atto del fatto che l’Agenzia delle entrate, con la memoria del 16 novembre 2012, ha reso noto che la contribuente, con riferimento alla pretesa di cui all’avviso di accertamento n. (OMISSIS), relativo all’anno di imposta 2002, ha presentato domanda di definizione della controversia ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, che richiama la L. n. 289 del 2002, art. 16, provvedendo (al versamento di tutte le somme dovute;

ne consegue che, relativamente alla suddetta pretesa, deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere;

con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 19 bis1;

in particolare, viene evidenziato che, al tempo in cui furono eseguiti i lavori di ristrutturazione sull’immobile agricolo (casa colonica), questo era accatastato in categoria A/6 ed era quindi destinato ad abitazione della contribuente e che solo a seguito del termine dei lavori era stato riaccatastato in categoria D/11 e la contribuente aveva intrapreso l’attività di agriturismo;

sicchè, secondo parte ricorrente, la destinazione abitativa dell’immobile, risultante dai dati catastali, sul quale erano stati compiuti i lavori di ristrutturazione, è ostativa al riconoscimento del diritto alla detrazione dell’Iva;

il motivo è infondato;

la pronuncia censurata si articola su due passaggi fondamentali: in primo luogo, viene evidenziato che l’immobile in esame era da considerarsi bene strumentale dell’impresa agricola già al momento in cui furono eseguiti i lavori di ristrutturazione; in secondo luogo, si evidenzia la strumentalità dei lavori in esame alla finalità di realizzare concretamente la destinazione recettizia;

entrambi i passaggi motivazionali sono corretti, in quanto hanno posto l’attenzione sul requisito essenziale dell’inerenza dei beni all’attività di impresa svolta dalla contribuente, mentre non può essere seguita la linea interpretativa prospettata dalla ricorrente;

va precisato, in primo luogo, che è fatto incontestato che la contribuente svolgeva attività di impresa agricola;

il D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, all’art. 1, comma 1, ha incluso, tra le attività connesse a quelle tipiche dell’imprenditore agricolo di cui all’art. 2135 c.c., anche quelle dirette “alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse della azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata… ivi comprese le attività di (Ndr: Testo originale non comprensibile) ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”;

sicchè rientra nell’ambito della complessa nozione di imprenditore agricolo anche lo svolgimento dell’attività ricettiva e di ospitalità, la cui compiuta regolamentazione ha avuto, poi, una puntuale disciplina con la L. 20 febbraio 2006, n. 96 (che ha abrogato e sostituito la precedente L. n. 730 del 1985);

questa Corte (Cass. civ., 9 marzo 2016, n. 4606) ha quindi precisato che “il complesso normativo richiamato (..) evidenzia l’intenzione del legislatore di voler considerare in modo unitario l’attività agrituristica, quale attività connessa allo svolgimento di quelle agricole in senso stretto, ed alla quale deve essere ricondotto, contraddistinguendone il contenuto tipico, la organizzazione ed esecuzione del servizio di ospitalità e di alloggio, che non può che essere fornito attraverso la realizzazione e messa a disposizione di immobili costruiti sul fondo ed adibiti ad uso abitativo durante il temporaneo soggiorno dei clienti. La esigenza alla quale soddisfano tali “fabbricati destinati ad edilizia abitativa” non ne distrae la funzione tipica, riconosciuta dalla legge, di beni immobili “strumentali” all’esercizio della attività connessa a quella agricola, come è dato desumere dal riconoscimento legislativo del carattere rurale – con conseguente attribuzione della categoria catastale D/10 – indistintamente ai “fabbricati destinati all’agriturismo”, senza poter quindi distinguersi all’interno di tale categoria, come sembra ipotizzare invece la Agenzia fiscale, tra fabbricati destinati ad attività produttive e fabbricati destinati ad abitazione per differenziare il regime fiscale delle spese sostenute per la ristrutturazione e manutenzione di tali immobili ai fini della detrazione IVA che rimarrebbe preclusa per i secondi ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis 1, comma 1, lett. i”;

la limitazione, imposta dalla norma tributaria, alla detraibilità dell’Iva versata in rivalsa per le spese di ristrutturazione degli immobili destinati ad uso abitativo trova, infatti, giustificazione laddove il consumatore finale benefici direttamente di tali lavori, in quanto “utilizzatore in proprio” del bene immobile per uso personale abitativo, ovvero laddove l’immobile ad uso abitativo, ristrutturato, venga destinato ad un “utilizzo promiscuo” del soggetto passivo, con la conseguenza che in questi casi – salva la ipotesi di imprese che abbiano quale attività esclusiva o principale la costruzione degli immobili – viene meno lo stesso presupposto, previsto dalla normativa comunitaria, sul quale si fonda il diritto alla detrazione d’imposta (attraverso il quale si attua il principio della neutralità fiscale) e cioè l’impiego strumentale del bene immobile nell’esercizio dell’attività economica soggetta ad Iva;

tale essendo la ratio legis del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis1, occorre quindi distinguere gli immobili “ad uso abitativo”, secondo la corrispondente destinazione urbanistica e catastale, che implicano il godimento diretto da parte del consumatore finale, da quelli utilizzati, invece, per l’esercizio della impresa avente ad oggetto l’attività “agricola” per i quali la funzione abitativa dell’immobile, costituendo mezzo di attuazione della prestazione di servizio concernente la ospitalità e ricettività alloggiativa della clientela, è direttamente strumentale allo svolgimento dell’attività economica assoggettata ad IVA, non potendo escludersi per questi ultimi l’applicazione, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19, dell’ordinario regime di detrazione delle spese inerenti;

pertanto, correttamente il giudice ha inquadrato la fattispecie nell’ambito dell’ambito del rapporto di inerenza dei lavori eseguiti con l’attività di impresa agricola esercitata;

per completezza, va comunque disattesa la linea difensiva di parte ricorrente secondo cui l’attività di agriturismo non era ancora stata esercitata al momento in cui i lavori furono eseguiti;

invero, la corretta interpretazione della previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis1, va pur sempre ricondotta nell’ambito dei principi unionali di limiti alla detraibilità dell’Iva ove gli acquisti non siano inerenti all’esercizio dell’attività di impresa;

va precisato, a tal proposito, che il sistema dell’Iva è volto ad esonerare l’imprenditore dall’Iva dovuta o assolta in tutte le sue attività economiche, per garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività in questione, purchè esse siano a loro volta soggette ad Iva (Corte giust. 16 febbraio 2012, C-118/11, EON Aset Menidjmunt, punto 43);

in questo contesto, la Corte di giustizia ha particolarmente fatto riferimento alla necessità di verifica dell’intenzione del soggetto passivo di destinare all’attività d’impresa l’immobile acquistato (Corte giust. 19 luglio 2012, causa C-334/10);

il suddetto principio è stato ulteriormente ribadito (Corte di giustizia 28 febbraio 2018, causa C-672/16) precisando che è l’acquisto di beni o servizi da parte di un soggetto passivo che agisce come tale a determinare l’applicazione del sistema dell’Iva e, quindi, del sistema della detrazione: l’impiego dei beni o servizi, reale o previsto, determina solo l’entità della detrazione iniziale alla quale il soggetto passivo ha diritto in virtù della direttiva IVA, art. 168 e l’entità delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi, ma non incide sulla nascita del diritto alla detrazione (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 1991, Lennartz, C-97/90, EU:C:1991:315, punto 15): ne deriva che il diritto a detrazione resta, in linea di principio, acquisito anche se, successivamente, in ragione di circostanze estranee alla sua volontà, il soggetto passivo non utilizza tali beni e servizi che hanno dato luogo alla detrazione nell’ambito di operazioni soggette ad imposta (v., in tal senso, sentenze del 29 febbraio 1996, INZO, C-110/94, EU:C:1996:67, punto 20, e del 15 gennaio 1998, Ghent Coal Terminal, C-37/95, EU:C:1998:1, punti 19 e 20);

dunque, anche in questo caso, la Corte di giustizia ha nuovamente posto l’accento sulla necessità di verifica della finalità concreta perseguita dal soggetto passivo con l’operazione realizzata al fine del riconoscimento del diritto alla detrazione Iva; i suddetti principi sono stati seguiti dalla giurisprudenza interna, in C-, particolare questa Corte (Cass. civ., 29 aprile 2015, n. 8628, Cass. civ. 14 febbraio 2014, n. 3458), nell’esplicitare i tratti caratterizzanti del sistema della detrazione Iva attuato attraverso il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, in relazione a beni o servizi acquistati nell’esercizio dell’impresa, ha chiarito che esso postula una necessaria correlazione fra i beni e i servizi acquistati e l’attività esercitata, nel senso che essi devono inerire all’impresa, anche se si tratti di beni non strumentali in senso proprio, purchè risultino in concreto destinati alla finalità della produzione o dello scambio nell’ambito dell’attività dell’impresa stessa, con la precisazione che “il nesso oggettivo che deve sussistere tra acquisto e impiego di beni e servizi… non è quello di diretta e meccanica utilizzazione, ma… si riassume in una necessaria relazione di inerenza tra la singola operazione di acquisto e l’esercizio dell’attività economica del soggetto passivo IVA”;

sicchè, la questione va risolta, ai fini della corretta interpretazione della previsione normativa in esame nell’ambito della disciplina unionale, nella necessaria verifica, in concreto, dell’inerenza dei lavori con l’attività di impresa, anche tenendo conto di una valutazione meramente prospettica;

sul punto, come già evidenziato, il giudice del gravame ha ritenuto che l’inerenza dei lavori all’attività di impresa trovare giustificazione sul fatto che gli stessi erano funzionali allo svolgimento della successiva attività di agriturismo, profilo, quest’ultimo, non contestato dalla ricorrente;

la stessa, quindi, ha valutato la finalità strumentale dei lavori era strettamente connessa allo svolgimento dell’attività di agriturismo, procedendo, in tal modo, a una corretta valutazione dell’inerenza degli stessi all’attività dell’impresa, avendo fatto riferimento alla loro concreta necessità ai fini dello svolgimento dell’attività dell’impresa di agriturismo;

pertanto, il motivo è infondato, con conseguente rigetto del ricorso; nulla sulle spese, attesa la mancata costituzione della intimata.

PQM

La Corte:

dichiara l’estinzione del giudizio con riferimento alla pretesa di cui all’avviso di accertamento n. (OMISSIS), relativo all’anno di imposta 2002;

rigetta il ricorso relativamente alle ulteriori pretese impositive oggetto di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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