Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23693 del 10/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 10/10/2017, (ud. 04/05/2017, dep.10/10/2017),  n. 23693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20762/2013 proposto da:

R.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TORTONA 4, presso lo studio dell’avvocato STUDIO STIVALI,

rappresentato e difeso dagli avvocati ATTILIO STRACUZZI, OTTAVIO

STRACUZZI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio

dell’avvocato LIDIA CARCAVALLO, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO

PREDEN, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1348/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 16/07/2013 R.G.N. 1004/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 18.6 – 16.7.2013, la Corte d’appello di Messina ha rigettato l’impugnazione di R.R. avverso la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che gli aveva respinto la domanda volta alla rivalutazione contributiva della posizione assicurativa per il periodo durante il quale il medesimo aveva lamentato di essere stato esposto agli effetti nocivi dell’amianto dalla fine degli anni settanta al 1996.

La Corte di merito ha spiegato che la decisione impugnata andava confermata, indipendentemente dalla sussistenza di una valida prova circa l’esposizione qualificata all’amianto, in quanto mancava agli atti la domanda amministrativa per la concessione del beneficio.

Per la cassazione della sentenza ricorre R.R. con un solo motivo, articolato in due punti, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso l’Inps.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con un solo motivo il ricorrente lamenta sia il vizio di motivazione, relativamente alla ritenuta decadenza o improcedibilità dalla domanda, sia i seguenti vizi di violazione di norme di diritto: art. 3 Cost., art. 11 preleggi, L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, D.L. n. 269 del 2003, art. 47, convertito in L. n. 326 del 2003, D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, art. 2966 c.c., art. 156 c.p.c., art. 97 Cost. e L. n. 241 del 1990.

In particolare il ricorrente rileva che non sussisteva la ravvisata causa di inammissibilità della domanda, posto che con raccomandata dell’1.6.2004, inviata anche all’Inps, aveva richiesto l’attivazione dei benefici previdenziali (concessione del 50% degli anni di esposizione aggiunti al calcolo delle annualità lavorative utili per il pensionamento) regolati dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e successive modificazioni ed integrazioni.

Osserva la Corte che il ricorso denota evidenti profili di inammissibilità e di infondatezza.

Anzitutto, non può non rilevarsi che nella redazione del ricorso, composto di n. 121 pagine, il ricorrente, dopo aver proceduto ad assemblare diverse parti del procedimento di merito e documenti, dei quali ultimi non risulta, in base alla lettura dell’impugnata sentenza, l’avvenuta produzione nelle precedenti fasi di giudizio, dedica ai motivi del presente ricorso le pagine da 85 a 93, da 104 a 106 e da 119 a 121, senza specificare, tuttavia, in omaggio al principio di autosufficienza, in quale momento ed in coincidenza di quale atto del procedimento di merito fu prodotta la raccomandata dell’1.6.2004, tanto da suscitare la legittima e fondata obiezione dell’Inps che tale documento è stato prodotto per la prima volta in maniera inammissibile solo nella presente sede di legittimità.

Invero, si è al riguardo affermato (Cass. sez. 6-5, Ordinanza n. 26277 del 22.11.2013) che “in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata, mentre, per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi del ricorso. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso formulato per “assemblaggio” del contenuto di tutti gli atti processuali, quali l’avviso di accertamento, i ricorsi e le sentenze di diversi gradi di merito)” (in senso conf. v. anche Cass. sez. 6-3, sentenza n. 3385 del 22.2.2016).

In ogni caso, la “ratio decidendi” sulla quale riposa l’impugnata sentenza, vale a dire la ravvisata mancanza della condizione di proponibilità dell’azione, che nella fattispecie avrebbe dovuto essere rappresentata dalla domanda amministrativa all’Inps per la concessione del beneficio oggetto di causa, resiste alle censure odierne e merita, pertanto, di essere condivisa.

Si è, infatti, statuito (Cass. sez. 6-L, Ordinanza n. 11438 del 10.5.2017) che “in materia di rivalutazione contributiva da esposizione all’amianto, la domanda amministrativa della prestazione all’ente erogatore, della L. n. 533 del 1973, ex art. 7, è condizione di ammissibilità di quella giudiziaria, diversamente dal ricorso introduttivo del procedimento contenzioso amministrativo ex art. 443 c.p.c., avendo disposto il legislatore che il privato non affermi un diritto davanti all’autorità giudiziaria prima che esso sia sorto, ossia prima del perfezionamento della relativa fattispecie a formazione progressiva, nella quale la presentazione della domanda segna la nascita dell’obbligo dell’ente previdenziale e, in quanto tale, non può essere assimilata ad una condizione dell’azione, rilevante anche se sopravvenuta nel corso del giudizio. Ne consegue che l’azione iniziata senza la presentazione in sede amministrativa della corrispondente istanza comporta l’improponibilità della domanda giudiziale, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, con conseguente nullità di tutti gli atti del processo” (conf. a Cass. sez. 6-L, Ordinanza n. 11574 del 4.6.2015 e a Cass. sez. 6-L, Ordinanza n. 16592 del 21.7.2014)

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate a suo carico come da dispositivo, unitamente al contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 2200,00, di cui Euro 2000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2017

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