Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23687 del 10/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/10/2017, (ud. 13/07/2017, dep.10/10/2017),  n. 23687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20618/2016 proposto da:

L.C. RELCO s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour presso la

CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato PIO ACCARINO;

– ricorrente –

contro

R.C.A.C., elettivamente domiciliata in Roma,

Piazza Vescovio 21, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO MANFEROCE

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9768/2015 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 1/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/07/2017 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti la RELCO s.p.a ha inteso chiedere, di seguito ad ordinanza di inammissibilità ex art. 348-bis c.p.c., comma 1, la cassazione della sentenza con la quale il Tribunale di Milano ha respinto l’opposizione al Decreto Ingiuntivo notificatole ad istanza di controparte in relazione ad un credito nascente da una vendita di azioni, sul rilievo che la detta pronuncia era stata adottata, in violazione dell’art. 645 c.p.c., malgrado il difetto di legittimazione attiva dell’ingiungente che non aveva alcuna titolarità delle azioni cedute ed in violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., in quanto l’ingiungente aveva omesso di informare l’acquirente in ordine ai licenziamenti illegittimi da essa operati.

2. Resiste l’intimata con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Entrambi i motivi, quantunque intesi a conferire alle declinate censure la veste formale di pretese violazioni di legge onde sottrarre il ricorso alla preclusione altrimenti decretata dall’art. 348-ter c.p.c., comma 4, oltre a porsi in manifesto contrasto con il principio secondo cui l’errore di diritto deve essere denunciato mediante specifiche argomentazioni, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, postulano, segnatamente nel lamentare l’omessa o l’errata valutazione di talune risultanze processuali, la sussistenza di un vizio motivazionale in capo alla decisione impugnata che non è deducibile alla stregua del mezzo azionato e che non sarebbe in ogni caso sindacabile in questa sede afferendo al giudizio fattuale operato dal giudice di merito.

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Spese alla soccombenza.

Doppio contributo.

PQM

 

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 8100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2017

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