Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23684 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 28/10/2020), n.23684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. R.G. 24726-2015 proposto da:

LA VILLATA S.p.A. IMMOBILIARE DI INVESTIMENTO E SVILUPPO, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, presso lo studio degli Avvocati TONIO DI IACOVO e ANDREA

RUSSO, che la rappresentano e difendono giusta procura speciale

estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1180/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 26/3/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

4/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale BASILE

TOMMASO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per la ricorrente l’Avvocato TONIO DI IACOVO e per il

controricorrente l’Avvocato dello Stato MASSIMO BACHETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società La Villata S.P.A. Immobiliare di Investimento e Sviluppo propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 35/2/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Como in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva attribuito la rendita catastale ad immobile costituito da supermercato e quattro unità immobiliari destinate a negozio.

In occasione del rinnovo dei contratti di locazione la società, infatti, aveva presentato, tramite DOCFA, richiesta di variazione dei dati catastali con soppressione di un subalterno e suddivisione in altri subalterni di cui uno identificato con la categoria D8 ed i rimanenti nella categoria di negozi e botteghe, mentre l’Ufficio finanziario aveva identificato tutte le unità in categoria D8 con relative rendite.

In particolare, la CTR aveva confermato la sentenza di primo grado ritenendo che a seguito di precedente conciliazione extragiudiziale tra l’Ufficio finanziario e la precedente proprietaria degli immobili le unità fossero state tutte ascritte nella categoria D8 con relativa rendita catastale e che con la denuncia DOCFA non fosse stata introdotta alcuna significativa modificazione di consistenza, di finiture, di dotazione impiantistica tale da modificare la revisione del classamento con rendite inferiori a quelle precedentemente definite in sede extragiudiziale.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

La ricorrente ha infine depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in rubrica, “nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. consistente in omessa pronunzia” lamentando che la CTR avrebbe omesso di rendere una pronuncia in merito al motivo di appello relativo all’errato tasso di fruttuosità applicato in misura pari al 3% dall’Ufficio per calcolare la rendita catastale.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in rubrica, “nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4 e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 in coerenza con l’art. 111 Cost. – omessa motivazione” per avere la CTR omesso di motivare circa le ragioni per le quali è stato ritenuto corretto il calcolo della rendita catastale operato dall’Ufficio applicando il diverso tasso di fruttuosità del 3%.

1.3. Le doglianze sono infondate.

1.4. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il Giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. n. 9105/2017), il che non ricorre nel caso in esame, laddove la C.T.R., sia pure in maniera sintetica, ha ritenuto, anche con riguardo alla specifica censura dell’appellante, dianzi illustrata, che non sussistessero gli elementi tali da legittimare una revisione del precedente classamento, oggetto di conciliazione extra giudiziale prima della suddivisione e frazionamento dell’immobile da parte dell’odierna ricorrente.

1.5. Si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione e i profili di apoditticità della motivazione, censurati col motivo in esame, dunque, quand’anche sussistenti, non vizierebbero tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente, escludendone l’idoneità ad assolvere alla funzione cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 (cfr. Cass. 5315/2015).

2.1. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in rubrica, “violazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, del D.M. 14 dicembre 1991 e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 art. 48” per avere la CTR ritenuto corretto il tasso applicato del 3% anche sul presupposto che “essendo intervenuta una conciliazione extragiudiziale (sottoscritta… non da La Villata ma dal precedente proprietario del complesso immobiliare) la scelta del tasso di interesse del 3% avvenuta in tale conciliazione si fosse cristallizzata e fosse divenuta non più modificabile”.

2.2. La doglianza è infondata e deve essere respinta.

2.3. E’ incontestato che sia stato oggetto di conciliazione tra l’Ufficio finanziario e la precedente proprietaria dell’immobile la rendita catastale sul complesso immobiliare oggetto di frazionamento da parte dell’odierna ricorrente.

2.4. Va ribadito, pertanto, come già affermato da questa Corte (cfr. sentenza n. 7057/2014) che non è preclusa la possibilità di modificare l’accordo in ordine alla rendita catastale contenuto in un verbale di conciliazione giudiziale, qualora sopravvenga un mutamento delle condizioni o dei parametri posti alla base di quell’accordo che giustifichi il riesame della situazione, come nel caso di applicazione, da parte dell’Ufficio, di nuovo tasso di fruttuosità dopo il perfezionamento della conciliazione.

2.5. Nel caso in esame è incontestato che l’Ufficio si sia limitato a respingere la richiesta di revisione catastale proposta dalla contribuente confermando la rendita catastale già attribuita con il medesimo coefficiente di reddività.

2.6. Ciò esclude, pertanto, come correttamente rilevato dalla CTR, che, in mancanza di “alcuna significativa modificazione di consistenza, di finiture, di dotazione impiantistica” fosse possibile accogliere la richiesta di revisione del classamento, nè peraltro la ricorrente ha dimostrato di aver fornito alcuna prova al riguardo.

3. Per quanto fin qui osservato il ricorso va integralmente rigettato.

4. Le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore dell’Agenzia controricorrente, liquidandole in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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