Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23681 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 28/10/2020), n.23681

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19278-2014 proposto da:

PROMOMAR SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA XXIV MAGGIO 43, presso lo

studio dell’avvocato PAOLO PURI, rappresentata e difesa dagli

avvocati FRANCESCO PISTOLESI, GIOVANNI CALUGI, MARCO MICCINESI,

giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 116/2014 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 23/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2020 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato VOGLINO per delega dell’Avvocato

PISTOLESI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. La Pro.Mo.Mar. spa propone sei motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 116 del 23.1.14, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in rigetto dell’appello da essa proposto, ha confermato la decisione con cui il primo giudice (sentenza CTP Grosseto n. 81/1/12) aveva determinato in Euro 426.000,00 (così come risultante dall’applicazione del tasso di redditività del 2/0 sul valore venale dell’intera struttura, stabilito in Euro 21.314.344,89) la rendita catastale (già fissata in autotutela dall’amministrazione finanziaria in Euro 600.000,00, a fronte di proposta iniziale della società di Euro 16.747,50) attribuibile al compendio immobiliare demaniale (cat.D/8) in proprietà superficiaria della medesima (porto turistico di Scarlino, costituito da banchina, pontili, torre di controllo, locali tecnici e servizi, nonchè posti barca di diversa metratura).

La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora interessa, ha rilevato che: – non era nella specie stato violato il principio del contraddittorio e del “giusto procedimento”, atteso che la rettifica in questione era scaturita da una verifica ispettiva della Guardia di Finanza di Porto Santo Stefano conclusasi con un verbale di constatazione regolarmente notificato alla società e da questa non contestato; legittimamente il primo giudice, in parziale accoglimento delle doglianze della società, aveva direttamente rideterminato il quantum di rendita catastale in sostituzione dell’amministrazione finanziaria; – al fine di tale rideterminazione di rendita doveva essere considerato anche il valore attribuibile ai posti barca costituenti elemento essenziale del porto turistico; – correttamente la rendita era stata dalla Commissione Tributaria Provinciale determinata sulla base del costo di costruzione del complesso (essendo nella specie impossibile determinare il valore catastale sulla base del mercato locativo di beni analoghi), dovendo operare la presunzione legale secondo cui “un operatore non spende, per ottenere un immobile finito, più di quanto esso possa valere obiettivamente”; – ininfluente ai fini di causa era il fatto che si trattasse di beni demaniali gravati da vincoli concessori e destinati, a lunga scadenza, ad essere retrocessi all’amministrazione.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, D.P.R. n. 142 del 1949, art. 61 e L. n. 241 del 1990, art. 7. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che erano stati nella specie violati i principi di collaborazione, buona fede, contraddittorio e giusto procedimento, dal momento che il citato verbale GdF aveva avuto riguardo unicamente al controllo della “superficie” del porto turistico accatastato dalla società nel maggio 2007, non già alla “stima” del compendio immobiliare in relazione alla rendita catastale attribuibile.

p. 2.2 Il motivo è infondato.

In linea generale, non può qui prescindersi da quanto stabilito – a specificazione di quanto già affermato da Cass. n. SSUU 19667/14 – da Cass. n. SSUU 24823/15, più volte richiamata dalla giurisprudenza successiva, secondo cui: “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito”.

Nel caso di specie si verteva non già di atto propriamente impositivo, bensì di procedura di classificazione catastale avviata dalla stessa società concessionaria a mezzo di Docfa (D.L. n. 16 del 1993, art. 2 conv. in L. n. 75 del 1993, e D.M. 19 aprile 1994, n. 701); vale dunque richiamare, ad ulteriore esclusione della necessità di un formale contraddittorio preventivo così come invocato dalla ricorrente, la natura fortemente partecipata di questa procedura, necessariamente coinvolgente la parte privata nella individuazione dei beni da censire, della loro destinazione economica e dei valori di mercato ad essi attribuibili.

Ove tutto ciò non bastasse, rileva poi che – come messo opportunamente in risalto dal giudice di merito – il provvedimento attributivo di rendita qui impugnato era stato nella specie preceduto da un accesso della GdF conclusosi con un verbale di constatazione notificato alla società e da questa non contestato; verbale univocamente finalizzato ad accertare, con la superficie del porto turistico, la consistenza catastale utile del medesimo quale base imponibile dell’Ici.

E’ dunque di tutta evidenza come non possano nella specie ritenersi violati, pur nell’ottica del “giusto procedimento”, nè il contraddittorio preventivo con la parte privata nè i lamentati principi di collaborazione e buona fede nel rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuenti.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. sul denunciato difetto di motivazione del provvedimento impositivo impugnato, unicamente richiamante un non meglio precisato “prontuario” di costi.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione delle norme sulla necessaria motivazione dell’atto impositivo (L. n. 212 del 2000, art. 7 e L. n. 241 del 1990, art. 3); ciò nell’ipotesi in cui si ravvisasse nella sentenza impugnata non già un’omessa pronuncia (come lamentato nel motivo precedente), bensì un rigetto implicito della relativa eccezione di parte.

p. 3.2 Questi due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche poste, sono infondati.

Correttamente la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto di non accogliere l’eccezione di carenza di motivazione dell’avviso di accertamento in questione; ciò mediante condivisione della espressa statuizione resa sul punto dal primo giudice e, ad ogni modo, attraverso una autonoma valutazione implicita (essendosi essa pronunciata sul merito estimativo della controversia mediante considerazioni attinte, tra il resto, anche dagli elementi desumibili dalla motivazione dell’avviso medesimo) ma non per questo equivoca.

Va d’altra parte considerato come neppure sotto questo profilo, della congrua motivazione, possa tralasciarsi la peculiarità di una fattispecie nella quale l’attribuzione di rendita è stata resa nell’ambito della suddetta procedura Docfa, e con riguardo ad una tipologia di immobili a destinazione speciale (cat.D) sottoposti a stima diretta.

Si è in proposito affermato (Cass. ord. 17971/18) che: “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura DOCFA ed in base ad una stima diretta eseguita dall’Ufficio (come accade per gli immobili classificati nel gruppo catastale D), tale stima, che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (esprimendo un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità, ma dell’attendibilità’ concreta del cennato giudizio, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa), costituisce un atto conosciuto e comunque prontamente e facilmente conoscibile per il contribuente, in quanto posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa, con la conseguenza che la sua mancata riproduzione o allegazione all’avviso di classamento non si traduce in un difetto di motivazione”; e, inoltre (Cass. n. 2268/14), che in ipotesi di classamento di immobili con attribuzione di rendita catastale secondo la procedura in oggetto ed in base ad una stima diretta da parte dell’ufficio, “l’obbligo della motivazione dell’avviso di classamento dell’immobile deve ritenersi osservato anche mediante la semplice indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio e della classe conseguentemente attribuita all’immobile, trattandosi di elementi che, in ragione della struttura fortemente partecipativa dell’avviso stesso, sono conosciuti o comunque facilmente conoscibili per il contribuente, il quale, quindi, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, può comprendere le ragioni della classificazione e tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie”.

Va d’altra parte considerato che l’avviso di accertamento in questione, da un lato, argomentava la rendita attribuita sulla base di una relazione tecnica di ‘stima direttà che prendeva a riferimento i costi di costruzione del porto turistico siccome desumibili da prontuari o prezziari di generale conoscibilità in ambito provinciale, perchè diffusi presso gli ordini professionali e consultabili presso la Camera di Commercio (con applicazione matematica di un saggio di fruttuosità anch’esso conoscibile perchè normativamente previsto per la tipologia immobiliare in esame); dall’altro, si fondava principalmente sulla rettifica della rendita proposta dalla società mediante inclusione nella stima catastale di cespiti (i posti barca) ulteriori rispetto a quelli da quest’ultima dichiarati, la cui consistenza ed entità economica risultavano tuttavia puntualmente specificate, a seconda del numero e della superficie di ciascuno, nella motivazione dell’avviso stesso, così come trascritto nel ricorso per cassazione.

Non risulta dunque in alcun modo leso il diritto della parte alla immediata e compiuta conoscenza di tutti gli elementi della maggior pretesa accertata, in funzione della loro contestazione giudiziale (poi effettivamente avvenuta con pieno dispiegamento di argomenti in fatto e diritto).

p. 4.1 Con il quarto motivo di ricorso la società deduce nullità della sentenza perchè confermativa della stima sostitutiva di merito operata dalla Commissione Tributaria Provinciale, nonostante che l’esercizio di tale potere sostitutivo del giudice tributario di merito fosse precluso in presenza di un vizio formale comportante l’annullamento radicale ed originario dell’atto impositivo quale, nella specie, la carenza di motivazione.

p. 4.2 Quanto appena osservato vale a conseguentemente palesare l’infondatezza anche di questo ulteriore motivo di ricorso.

E’ effettivamente costante, in materia, l’indirizzo secondo cui: “Il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte” (Cass. n. 27560/18 ed innumerevoli altre). Dal che si evince come il potere-dovere del giudice tributario di sostitutivamente accertare il quantum dovuto (nei limiti delle domande ed eccezioni di parte, nonchè dei fatti da queste ultime dedotti) non possa esplicarsi allorquando l’atto impositivo risulti radicalmente invalido per un vizio originario di ordine formale, quale appunto quello di carente motivazione.

Sennonchè, come si è già avuto modo di osservare, è proprio questo presupposto ostativo a fare qui difetto, non potendosi fondatamente sostenere la nullità dell’avviso di accertamento catastale in esame per difetto del requisito formale essenziale di motivazione.

p. 5.1 Con il quinto motivo di ricorso la società si duole di violazione e falsa applicazione della normativa catastale di riferimento (R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 1 conv. in L. n. 1249 del 1939; art. 812 c.c.). Per avere la Commissione Tributaria Regionale confermato la rendita catastale stabilita dal primo giudice, nonostante che questa si basasse sulla considerazione dei posti-barca i quali, in quanto costituiti da mero spazio acqueo, non potevano essere considerati beni immobili nè, conseguentemente, essere accatastati o concorrere al valore venale del compendio.

p. 5.2 La censura trova smentita in quanto già osservato – in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente, ed in forza di un ragionamento che non può dirsi inficiato dalle argomentazioni sul punto esposte dalla società ricorrente – da Cass. n. 7868/16, secondo cui i posti barca, in quanto connotati da stabile autonomia funzionale e reddituale, debbono essere considerati ai fini della determinazione della rendita catastale: “In tema di determinazione della rendita catastale, nel calcolo del valore catastale di un porto turistico vanno ricompresi anche gli specchi d’acqua antistanti al porto ed ai singoli posti barca, i quali sono censibili catastalmente, ai sensi del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 1 e 10 conv. con mod., dalla L. n. 1249 del 1939, in ragione della loro stabile autonomia funzionale e reddituale”.

Si è osservato, in motivazione, che “(…) la norma codicistica non può essere oggetto di una lettura atomistica, ma deve essere interpretata anche alla stregua della normativa fiscale di riferimento a cominciare dal R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, artt. 1 e 10 convertito con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, che si riferisce ad Unità immobiliari, piuttosto che a beni immobili. Questa Corte (cfr. Cass. civ. sez. VI – V 18 febbraio 2015, n. 3166) ha avuto modo, di recente, di affermare il principio, al quale va data ulteriore continuità, secondo cui “in virtù della combinazione della normativa fiscale e di quella codicistica, tutte le componenti che contribuiscono in via ordinaria ad assicurare, ad un’unità immobiliare, una specifica autonomia funzionale e reddituale nel tempo, sono da considerare elementi idonei a descrivere l’unità stessa ed influenti rispetto alla quantificazione della relativa rendita catastale, come da ultimo confermato dalla norma d’interpretazione autentica contenuta nella L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 244″, che rimanda alla circolare dell’Agenzia del Territorio n. 6 del 30 novembre 2012, con riferimento alla determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale o particolare. Nel caso di specie la sentenza impugnata si è attenuta a detto principio, evidenziando l’esistenza di stabile autonomia funzionale e reddituale degli specchi acquei antistanti al porto turistico ed ai singoli posti barca”.

p. 6.1 Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione della medesima normativa, per avere la Commissione Tributaria Regionale adottato il criterio del costo di costruzione in forza di un ragionamento presuntivo non consentito dalla legge (la quale ammetteva il ricorso al criterio del costo di costruzione solo in assenza di elementi desumibili dal mercato di immobili similari) e, per giunta, senza attribuire la dovuta rilevanza a contingenti fattori di incidenza sul valore economico del compendio immobiliare, quali i vincoli della concessione demaniale, il relativo canone annuo (quintuplicato nel giro di pochi esercizi), le imposte regionali.

p. 6.2 La valutazione operata dal giudice di merito risulta immune dal vizio normativo così lamentato.

Secondo il R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10 conv. L. n. 1249 del 1939: “La rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui alla L. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 28 costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con stima diretta per ogni singola unità. Egualmente si procede per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari che non sono raggruppabili in categorie e classi, per la singolarità delle loro caratteristiche”.

L’art. 28 Reg. NCEU (D.P.R. n. 1142 del 1949) disciplina poi il criterio di stima dell’immobile (avulso per sua natura da suscettibilità comparativa di mercato) attraverso il capitale fondiario, stabilendo che: “Il capitale fondiario è costituito dal valore venale della unità immobiliare all’epoca censuaria stabilita per legge. Esso si determina di regola tenendo presenti i prezzi correnti per la vendita di unità immobiliari analoghe. Qualora non sia possibile determinare il capitale fondiario sulla base degli elementi previsti nel precedente comma, il valore venale si stabilisce con riguardo al costo di ricostruzione, applicando su questo un adeguato coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari”.

Orbene, nel caso di specie – ferma l’insussistenza di elementi di comparazione per effetto della peculiarità del compendio immobiliare in esame – il giudice di merito ha fatto corretta applicazione sia del criterio della “stima diretta” per immobili a destinazione speciale (cat.D), sia del criterio del “valore venale” siccome desumibile per regolamento dal costo di ricostruzione (si tratta di aspetti esaminati, con esiti di conformità normativa, anche nella documentazione di prassi di cui alle Circolari MF nn. 14/07 e 6/12).

Costo, quest’ultimo, che già il primo giudice (anche su questo punto confermato dalla CTR) ebbe a desumere, riducendo sensibilmente la rendita attribuita dall’ufficio, dai parametri indicati dal consulente tecnico della stessa società, a loro volta tratti dal libro cespiti ammortizzabili di quest’ultima. Nè risultano confutati – ad esclusione in concreto dei pure previsti coefficienti di deprezzamento ed obsolescenza – i parametri indicati in avviso in ordine alla “recentissima” data di costruzione del porto turistico ed all'”ottimo” stato conservativo e di finitura del medesimo.

Su tali presupposti – di assoluta coerenza tra stima diretta in concreto effettuata e relative prescrizioni di legge e regolamento – ha poi osservato il giudice di appello, con valutazione fattuale qui non rivedibile, come il valore venale infine attribuito non venisse meno per la natura superficiaria della proprietà immobiliare, anche in ragione della lunga durata del rapporto di concessione demaniale in oggetto e della possibilità di successivi aggiornamenti – adeguamenti della rendita attribuibile.

Ne segue, in definitiva, il rigetto del ricorso.

Stante l’affermarsi soltanto in corso di causa del su riportato indirizzo in ordine alla rilevanza catastale dei posti barca, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di lite in ragione della metà; la metà residua, liquidata come in dispositivo, viene posta a carico della ricorrente in ragione della palese infondatezza delle altre censure.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

compensa le spese in ragione della metà, ponendo la restante metà, liquidata in Euro 1.500,00 oltre spese prenotate a debito, a carico della società ricorrente.

v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

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