Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23680 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 21/11/2016, (ud. 30/09/2016, dep. 21/11/2016), n.23680

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6381-2012 proposto da:

G.A., (OMISSIS), anche quale procuratrice speciale di

M.G. e M.P., elettivamente domiciliata in ROMA,

LARGO MAGNA GRECIA N 20, presso lo studio dell’avvocato SABINA

MORELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO BARBIERA

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLLINA

36, presso lo studio dell’avvocato GAETANO IACONO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SERGIO MANGO in virtù di procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1523/2011 della CORTI D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 28/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2016 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO;

udito l’Avvocato Paolo Casucci per delega dell’Avvocato Barbiera per

le ricorrenti e l’Avvocato Gateano Jacono per delega dell’Avvocato

Mango per il controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.D. con citazione notificata in data 14 luglio 2004 si opponeva avverso il decreto ingiuntivo n. 1518/2004 emesso dal Tribunale di Palermo con il quale era stato condannato al pagamento in favore del Condominio in Palermo al viale Campania n. 13 della somma di Euro 13.782,63, quale quota parte delle spese di rispristino della copertura del fabbricato.

A sostegno dell’opposizione deduceva che il credito del condominio doveva essere compensato con il proprio credito, ammontante ad Euro 15.715,99, di cui Euro 13.169,95 per canoni di locazione non percepiti per il periodo di 15 mesi, durante i quali si erano svolti i lavori, e nei quali non aveva percepito i canoni da parte della conduttrice dell’appartamento di sua proprietà posto al di sotto del lastrico solare, ed Euro 2.546,34 per contributi condominiali e consumo idrico, pagati ma comunque non dovuti.

Si costituiva il condominio che concludeva per il rigetto dell’opposizione.

Il Tribunale di Palermo con la sentenza del 14 marzo 2006 rigettava l’opposizione e la domanda riconvenzionale.

Avverso tale decisione proponeva appello il M. ribadendo che, sebbene i lavori avessero interessato il rifacimento della pavimentazione del lastrico solare in suo uso esclusivo, in ogni caso il condominio doveva rispondere del mancato incasso da parte dell’appellante dei canoni di locazione dell’appartamento sottostante, inutilizzato per tutta la durata dei lavori.

Nella resistenza dell’appellato, la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza n. 1523 del 28/11/2011 rigettava il gravame.

Osservavano i giudici di secondo grado che i verbali delle assemblee del 14/12/99, del 14/2/2000 e del 13/7/2000, la relazione dell’ing. Z., la copia del verbale di consegna dei lavori e del verbale di fine lavori erano stati prodotti solo con la comparsa conclusionale dall’appellante, sicchè non se ne poteva tenere conto ai fini della decisione.

Nel merito riteneva che la pretesa del M. non poteva essere accolta.

Infatti, una volta esclusa della decisione del condominio di eseguire i lavori di ristrutturazione del lastrico solare, trattandosi di lavori necessari ed urgenti, relativamente ai quali l’appellante aveva prestato il consenso all’utilizzazione del suo appartamento, riteneva del pari non invocabile la previsione di cui all’art. 843 c.c., in quanto nella fattispecie il passaggio nell’appartamento dell’opponente era finalizzato a consentire la riparazione di un bene a sua volta appartenente al M., come appunto il lastrico solare.

Lo stesso appellante aveva poi sostenuto che il crollo era dovuto ad un difetto originario di costruzione, il che implicava la sola responsabilità del proprietario e cioè dello stesso M. ex art. 2051 c.c., dovendosi quindi escludere che il condominio potesse essere chiamato a rispondere per il mancato godimento dell’appartamento.

Ma anche laddove si fosse con figurata una responsabilità del condominio per omessa manutenzione, l’appellante sarebbe stato comunque responsabile, sebbene in concorso con il condominio, così che tale qualità impediva di poter chiedere il ristoro dei danni.

Una volta esclusa quindi la fondatezza delle pretese dedotte in via di compensazione, era evidente che l’appellante era tenuto a corrispondere gli oneri condominiali, conformemente a quanto richiesto in via monitoria, con la conseguente conferma della sentenza gravata.

Per la cassazione della sentenza della corte distrettuale ha proposto) ricorso G.A., anche quale procuratrice speciale di M.G. e M.P., e tutte quali credi di M.D., deceduto nelle more del giudizio, sulla base di quattro motivi.

Il condominio in Palermo al viale Campania n. 13 ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione del giudicato intervenuto tra le parti e costituito dalla sentenza del Tribunale di Palermo del 7 febbraio 2003, avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità ex art. 1126 c.c., con la quale il condominio è stato reputato responsabile del crollo del lastrico solare, sebbene di proprietà esclusiva del M., ed è stato pertanto condannato al risarcimento dei danni in favore della conduttrice dell’appartamento sempre in proprietà esclusiva del dante causa delle ricorrenti, nella misura dei 2/3. Si assume pertanto che per effetto di tale sentenza, la responsabilità del condominio si estenderebbe anche ai danni lamentati dal proprietario dell’immobile.

Pertanto l’affermazione della responsabilità del M. sulla base di una diversa disposizione, quale l’art. 2051 c.c., del tutto estranea ed avulsa dalla fattispecie in esame avrebbe violato il giudicato formatosi sul punto.

Il motivo è infondato.

invero, poichè nella fattispecie viene invocata l’efficacia preclusiva derivante da un giudicato rappresentato da una diversa sentenza, ancorchè emessa nei confronti delle stesse parti del presente giudizio, deve trovare applicazione il principio costantemente affermato da questa Corte secondo cui (cfr. da ultimo Cass. n. 2617/2015; conf. Cass. n. 26627/2006) il principio della rilevabilità del giudicato esterno deve essere coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa.

Parte ricorrente si è limitata a richiamare per estrema sintesi il contenuto della sentenza del Tribunale di Palermo del 2003, omettendo altresì di produrre l’attestazione del suo passaggio in cosa giudicata, senza riportare in maniera puntuale il dispositivo della stessa, e la parte motiva nella quale sarebbe stata asseritamente decisa la questione relativa all’affermazione della (cor)responsabilità del condominio, di guisa che deve escludersi la portata preclusiva dell’invocato giudicato, e la conseguente limitazione al potere di qualificazione della fattispecie, così come invocato da parte ricorrente.

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., in quanto la Corte palermitana avrebbe omesso di considerare che il lastrico solare, seppure di esclusiva proprietà, fungeva da copertura del fabbricato condominiale, così che, pur essendo il crollo determinato dalla “sfondellamento dei volterranei della copertura dell’appartamento” per un originario difetto di costruzione, sussisteva comunque la responsabilità del condominio ex art. 1126 c.c..

Anche tale motivo è privo di fondamento.

Appare, infatti, pacifico che sia il lastrico solare che il sottostante appartamento sono di proprietà esclusiva delle ricorrenti, sicchè appare improprio il richiamo alla previsione di cui all’art. 1117 c.c. per il lastrico solare.

A fronte di tale precisazione, la Corte di merito ha affermato che la responsabilità del crollo, come peraltro confermato anche dalla difesa delle ricorrenti, era da addebitare a carenze costruttive del lastrico solare, sicchè era solo il M., nella detta qualità, a dovere rispondere dei danni ex art. 2051 c.c.

Trattasi di affermazioni in diritto che, in quanto fondate su un accertamento della situazione fattuale non contestata, ma anzi riconosciuta come corrispondente al vero dalla stessa difesa delle ricorrenti, trovano pieno riscontro nei principi affermati da questa Corte nella recente sentenza delle Sezioni Unite n. 9449/2016, con la quale, nel risolvere la questione di massima importanza relativa alla individuazione del titolo di responsabilità per i danni derivanti dai lastrici solari in proprietà ovvero in uso esclusivo, si è ritenuto che la fattispecie debba essere ricondotta alla previsione di cui all’art. 2051 c.c., con la conseguente responsabilità del proprietario ovvero dell’usuario esclusivo, in quanto custode del bene.

Ma se è pur vero che è configurabile, secondo il ragionamento delle Sezioni Unite, una corresponsabilità del condominio, e secondo una proporzione che può essere mutuata dall’art. 1126 c.c., attesa l’esistenza in capo al condominio del dovere di eseguire le attività di conservazione e di manutenzione straordinaria del bene, è altrettanto vero che tale concorrente responsabilità non sussiste, laddove sia dimostrata la riconducibilità del danno a fatto esclusivo del titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o di una parte di questo, laddove, come nel caso in esame, sia stato accertato che il danno è conseguenza di vizi e carenze costruttive dell’immobile, che involgono quindi la sola responsabilità del custode, e senza che possa individuarsi la violazione dei concorrenti obblighi di manutenzione gravanti sul condominio.

La ratio decidendi della Corte distrettuale, che ha portato ad escludere il diritto del M. ad ottenere il ristoro per il mancato utilizzo dell’appartamento sottostante e per la durata dei lavori di ripristino, appare quindi conformarsi agli insegnamenti delle Sezioni Unite, ed esclude quindi la fondatezza delle doglianze mosse con il motivo di ricorso in esame, essendo le considerazioni svolte in sentenza, in merito alla necessità di addivenire alla medesima conclusione anche nel caso in cui si fosse ravvisata una concorrente responsabilità del condominio, ultronee, essendo la correttezza della decisione gravata fondata sulla ratio decidendi legata all’affermazione della responsabilità esclusiva del M., in ragione dei vizi strutturali come causa del crollo.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del principio di diritto sulla tardività ed inammissibilità di produzione documentale con conseguente relativa violazione del principio di prova.

Assume la ricorrente che dalla semplice lettura ed attenta disamina di tutti gli atti di causa, emergerebbe che la documentazione prodotta dalla difesa dell’opponente in uno con la comparsa conclusionale del 20/02/2006, era in realtà la copia di documentazione già più volte richiamata dalla difesa della controparte, ma dalla medesima non prodotta in quanto il contenuto dei documenti avrebbe contraddetto le affermazioni contenute negli scritti difensivi.

Il motivo è palesemente destituito di fondamento.

Ed, infatti, in disparte il rilievo della inammissibilità dell’attività di produzione documentale avvenuta contestualmente al deposito della comparsa conclusionale (cfr. ex multis Cass. n. 25655/2014), la stessa ricorrente non nega che i documenti, puntualmente richiamati dalla sentenza gravata, non erano stati versati in atti da alcuna delle parti nel corso del giudizio di primo grado e nel rispetto delle preclusioni istruttorie, assumendo tuttavia che, in ragione del richiamo presente nelle difese delle parti al loro preteso contenuto, ne sarebbe possibile la produzione anche oltre il termine di cui al previgente art. 184 c.p.c., comma 2, applicabile alla fattispecie ratione temporis.

Trattasi però di assunto che non può essere condiviso, essendo evidente la novità della produzione documentale in esame, e potendosi replicare alla deduzione della parte nel senso che, proprio in ragione del richiamo al contenuto di tali documenti, richiamo che si assume essere stato effettuato in maniera erronea e fuorviante, era specifico onere della parte interessata a farne valere l’effettivo contenuto, premurarsi di produrli nel rispetto dei termini previsti dal codice di rito per la delimitazione del thema probandum, non ravvisandosi una valida giustificazione per derogare alle preclusioni poste in materia dal legislatore.

4. Con il quarto motivo di lamenta la violazione ed omessa disamina del riconoscimento operato dalla controparte in linea subordinata, in ordine alle richieste dell’opponente. Si deduce che nella comparsa di risposta in primo grado, il condominio, per l’ipotesi di accoglimento della pretesa dell’opponente, aveva riconosciuto la debenza di un’indennità da commisurare al 50% del valore locativo dell’appartamento, dalla quale andava detratta in ogni caso la quota di 1/3 addebitabile allo stesso proprietario.

Tale dichiarazione assumeva quindi una valenza confessoria sia in ordine al riconoscimento della responsabilità, sia in ordine all’avvenuta occupazione ed alla sua durata, sia, infine, in merito al valore da utilizzare per il calcolo dell’indennità.

Il motivo che, in assenza di una precisa individuazione da parte della ricorrente della tipologia di vizio nel quale deve essere collocato, ad avviso del Collegio va correttamente qualificato come denunzia di un vizio motivazionale, per omessa valutazione di un elemento di natura probatoria, è egualmente infondato.

E’ evidente dalla stessa trascrizione del tenore della comparsa di risposta del condominio, che trattasi di deduzioni difensive formulate in linea chiaramente subordinata rispetto alla difesa principale del condominio, secondo cui non sarebbe possibile ascrivergli alcuna responsabilità per l’accaduto, e che quindi presuppongono che a monte sia stata affermata la sua responsabilità o corresponsabilità, mirando per tale eventualità, a fornire le indicazioni alle quali il giudice avrebbe dovuto attenersi per la quantificazione delle somme dovute in favore del M..

Tuttavia, proprio il carattere subordinato di tale difese, e legate ad un’eventualità non auspicata, rende evidente l’impossibilità di poter trarre dalle stesse alcun argomento favorevole alla tesi della ricorrente, dovendosi escludere sia il carattere confessorio (mancandone evidentemente i presupposti) sia il meno pregante carattere di ammissioni (trattandosi in ogni caso di affermazioni riconducibili al difensore del condominio), in quanto ci troviamo a fronte di deduzioni destinate a trovare spazio solo nella non auspicata ipotesi in cui fosse stata riconosciuta una responsabilità del condominio.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna delle ricorrenti al rimborso delle spese di lite che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al rimborso delle spese di lite in favore del condominio che liquida in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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