Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23679 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 28/10/2020), n.23679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16418-2018 proposto da:

COMUNE DI ISCHIA, in persona del Sindaco pro tempore, con domicilio

eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato GENNARO DI MAGGIO,

giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

B.G., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato ROCCO MARINO, giusta procura in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10206/2017 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 05/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2020 dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALZANO FRANCESCO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato MONACO per delega dell’Avvocato DI

MAGGIO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato GIANCALLO per delega

dell’Avvocato MARINO ROCCO che ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

1. – La Commissione tributaria regionale della Campania con sentenza n. 10206/2017 del 13 novembre 2017, pubblicata il 5 dicembre 2017, ha confermato la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 8971/2016 di accoglimento del ricorso proposto dal contribuente B.G. avverso l’avviso di accertamento, notificatogli il 7 aprile 2015, recante l’importo complessivo di Euro 9.817,00 a titolo di imposta comunale sugli immobili (ICI), dovuta per l’anno 2010 in relazione al possesso dell’immobile, sito in (OMISSIS), alla via (OMISSIS), sanzioni, interessi e accessori pertinenti.

2. – L’Ente impositore, mediante atto del 5 giugno 2018, ha proposto ricorso per cassazione.

3. – Il contribuente ha resistito mediante controricorso del 13 luglio 2018, eccependo la inammissibilità della impugnazione e contestandone la fondatezza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La Commissione regionale tributaria ha motivato la conferma della sentenza appellata, osservando quanto segue.

1.1 – L’Ente impositore ha posto a base dell’accertamento la elevazione della rendita catastale attribuite agli immobili litigiosi dalla Agenzia del territorio il 10 novembre 2000, secondo quanto risulta dalla visura in atti.

1.2 – In rito deve essere disattesa l’eccezione difensiva in ordine alla integrazione del contraddittorio nei confronti della Agenzia del territorio.

Secondo la giurisprudenza di legittimità la variazione della rendita costituisce soltanto il presupposto di fatto su cui si fonda l’atto impositivo impugnato; sicchè non si configura il litisconsorzio necessario con l’Agenzia del territorio che impone la integrazione del contraddittorio.

1.3 – Quanto al merito esattamente la Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso del contribuente.

Nella specie, trattandosi infatti di modificazione della rendita intervenuta dopo il 31 dicembre 1999, la variazione è inefficace ai sensi della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, in difetto della preventiva notificazione al contribuente del nuovo classamento, siccome prescritto della ridetta disposizione.

1.4 – Al riguardo, laddove è pacifica la omessa notifica della variazione della rendita catastale l’Ente impositore non ha offerto alcuna dimostrazione del proprio assunto che la modificazione della rendita sarebbe stata fatta (in conformità) della proposta del contribuente “con la procedura DOCFA” rendendo così superflua la successiva notificazione.

2. – Il ricorrente sviluppa due motivi di impugnazione.

2.1 – Col primo denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, commi 1 e 3; e in relazione al “D.Lgs. n. 504 del 1994, art. 11” (rectius: D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 504).

2.1.1 – Sostiene innanzi tutto il ricorrente – con non confacenti richiami alla giurisprudenza di legittimità – che, secondo la L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, la “applicabilità (…) della modifica della rendita catastale” deve essere “riferita all’epoca della variazione materiale” dello stato dell’immobile che la ha comportata, indipendentemente dalla notificazione della variazione.

2.1.2 – L’Ente impositore deduce, quindi, che nella specie, essendo la variazione catastale conseguita all’esito della “procedura DOCFA” attivata dal contribuente, non doveva essere eseguita alcuna notificazione della attribuzione della nuova rendita.

2.1.3 – Soggiunge il ricorrente, che, ai sensi del D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 11, l’Ente impositore è abilitato, ai fine dell’accertamento del tributo, ad accedere ai dati catastali, senza che sia “necessaria la preventiva notifica delle rendite”.

2.1.4 – L’Ente impositore prosegue ribadendo che la presentazione da parte del contribuente di precedente ricorso avverso il medesimo tributo, relativamente alla annualità 2009 (con esito favorevole a esso ricorrente) “denuncia la legale conoscenza della rendita” presupposta dall’avviso di accertamento impugnato.

Sostiene ancora che, ai sensi della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 3, il precedente atto impositivo costituisce “a tutti gli effetti anche atto di notificazione della rendita”, sicchè, in mancanza di tempestiva impugnazione, “le nuove rendite applicate sono divenute definitive”.

2.1.5 – Obietta, infine, il ricorrente che il contribuente non ha mai contestato, nel merito, l’attribuzione della nuova rendita all’ immobile litigioso.

2.2 – Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 112 c.p.c.; della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, commi 1 e 3; e del D.Lgs. n. 30 dicembre 1994, n. 504, art. 11 (rectius: D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 504).

Il ricorrente censura la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della Agenzia del territorio (assertivamente chiamata in causa in altri giudizi tra le parti), ritenuta litisconsorte necessario, in considerazione della rilevanza della questione circa “la efficacia delle rendite”.

3. – Il ricorso non merita accoglimento.

3.1 – Rileva in limine la Corte che non deve essere presa in considerazione, siccome aspecifica e, quindi, inammissibile la deduzione del ricorrente che la variazione delle rendite sarebbe stata operata in conformità della proposta del contribuente nell’ambito di “procedura DOCFA”.

In proposito la Commissione tributaria regionale ha accertato che l’Ente impositore non ha offerto la dimostrazione della allegazione in questione.

Epperò, in carenza di confutazione della sentenza impugnata sullo specifico punto de quo, affatto dirimente, la mera e generica riproposizione della questione non deve reputarsi ammissibile.

3.2 – Altrettanto inammissibile, sia perchè aspecifico, sia a termini dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, è il secondo motivo di ricorso.

La Commissione tributaria regionale si è correttamente uniformata al principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale “nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo in materia di ICI, promosso nei confronti del comune, la proposizione di contestazioni attinenti all’attribuzione della rendita non dà luogo ad un litisconsorzio necessario con l’Agenzia del territorio, con conseguente necessità dell’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 102 c.p.c., atteso che, essendo il comune estraneo alla determinazione della rendita, sussiste un mero rapporto di litisconsorzio facoltativo improprio, che presuppone un’autonoma citazione dell’Agenzia nello stesso processo in cui è citato il comune” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1439 del 20/01/2017, Rv. 642897 – 01).

E l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento.

3.2 – Tanto rilevato, deve osservarsi che non appaiono fondati i richiami operati dal ricorrente, nel primo motivo, alla giurisprudenza di legittimità.

Gli arresti in parola, pur riconoscendo la possibilità della applicazione della elevazione della rendita catastale ai fini della determinazione del tributo, dovuto per le annualità anteriori alla notificazione della variazione, hanno sempre riaffermato la necessità del presupposto della preventiva notificazione ai sensi della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1.

3.3 – La succitata disposizione recita:

“Art. 74. (Attribuzione o modificazione delle rendite catastali) 1. A decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita. Dall’avvenuta notificazione decorre il termine di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, e successive modificazioni, per proporre il ricorso di cui allo stesso D.Lgs., art. 2, comma 3. Dell’avvenuta notificazione gli uffici competenti danno tempestiva comunicazione ai comuni interessati”.

Orbene, laddove lo stesso ricorrente dà espressamente atto che è “successiva al 1 gennaio 2000 (…) la messa in atti” della rideterminazione della rendita catastale dell’immobile litigioso (v. il ricorso p. 7), soccorre il principio – affatto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte suprema di cassazione – secondo il quale “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ed ai sensi della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, la necessità della notificazione costituisce condizione di efficacia degli atti “attributivi e modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati” adottati a decorrere dal primo gennaio 2000″ (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5621 del 11 marzo 2014, Rv. 630532 – 01), colla conseguenza “dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI” senza che, peraltro, sia pregiudicata l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta” precedenti, “suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso” (Sez. Un., Sentenza n. 3160 del 09/02/2011, Rv. 616101 – 01; e, da ultimo, Sez. 5 -, Ordinanza n. 14402 del 09/06/2017, Rv. 644432 – 01).

3.4 – La operata qualificazione giuridica della notifica in termini di condizione di efficacia (degli atti “attributivi e modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati” adottati a decorrere dal primo gennaio 2000″) rende irrilevante la conoscenza che il contribuente abbia, altrimenti, acquisito delle evidenze catastali.

3.5 – Non è pertinente il richiamo del ricorrente alla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 3, là dove dispone, che in mancanza di autonoma notificazione della attribuzione o della modificazione della rendita catastale, l’atto impositivo che la recepisca costituisce a tutti gli effetti anche atto di notificazione della rendita presupposta.

Nella specie, non ricorre la ipotesi, contemplata nella ridetta previsione, di “atti che abbiano comportato attribuzione o modificazione della rendita, adottati entro il 31 dicembre 1999”.

La Commissione tributaria regionale ha, invece, accertato che la modificazione catastale della rendita è stata operata il 10 novembre 2000.

Di conseguenza non ha fondamento la tesi del ricorrente circa la definitività della rendita in dipendenza della mancata impugnazione della medesima a seguito della precedente notificazione dell’avviso di accertamento del tributo, dovuto per l’anno 2009.

3.6 – Nè a fonte della specifica disposizione della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, e della previsione, che ne consegue, della giuridica inefficacia degli “atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali” in difetto della prescritta notificazione, ha fondamento il richiamo al generale potere di accertamento dell’Ente impositore operato dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 11.

3.7 – La radicale inefficacia della attribuzione della rendita (presupposta dall’atto impositivo) disvela, infine, la incongruenza della obiezione del ricorrente circa la mancata contestazione (da parte del contribuente) in ordine al quantum della rendita attribuita.

3.8 – Ai superiori principi – il Collegio li ribadisce ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, condividendo le ragioni sviluppate nei pertinenti arresti – la Commissione tributaria regionale si è correttamente uniformata.

3.9 – Alle considerazioni che precedono consegue il rigetto del ricorso.

4. – Le spese del presente giudizio, congruamente liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

5. – La reiezione del ricorso comporta, infine, trattandosi di impugnazione notificata dopo il 31 gennaio 2013, la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro millesettecento per compensi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione Civile, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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